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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

FENECH Edwige (Edwige Sfenek) Annaba (Tunisia) 24 dicembre 1948. Attrice. Produttrice di serial tv di successo come Commesse

FENECH Edwige (Edwige Sfenek) Annaba (Tunisia) 24 dicembre 1948. Attrice. Produttrice di serial tv di successo come Commesse. Dal 1982 al 1985 ha fatto la presentatrice a Canale 5. «Arrivò in Italia, alla fine degli anni 60, inizio anni 70, il cinema italiano cominciava a perdere colpi. I due più grandi produttori, Ponti e De Laurentiis, se ne erano andati in America [...] Si creò così un cinema basato su piccole storie nostrane e dialettali con dialoghi e scene boccacceschi di una comicità quasi sempre volgare [...] Edwige Fenech arrivò proprio nel periodo di questo grande cambiamento del cinema italiano [...] ”Nel ”62 la mia famiglia si trasferì da Algeri a Nizza. Lì mi presentai per il concorso di ”Lady Francia’ e vinsi. Mi chiamarono allora a Cortina per partecipare al concorso di ”Lady Europa’ e mi classificai seconda [...] Noi francesi eravamo sempre stati benvisti in Algeria. Eravamo ”i francesi’, ma siamo stati bene tutti insieme fino a che non scoppiò la guerra per l’indipendenza dell’Algeria [...] Avevo sette anni quando cominciò e dodici quando finì e fummo costretti a partire [...] Certo, non ho avuto un’infanzia normale come tanti bambini, ma ci si abitua al pericolo. Le bombe? Sicuro, scoppiavano anche in città, noi correvamo al riparo e poi non ci si pensava più [...] per i francesi noi eravamo i ”pieds noirs’, i colonialisti, e la colpa della guerra era nostra. Non ho mai sofferto tanto! [...] venire in Italia è stata una specie di liberazione. Nizza per noi è stata la ”terra di nessuno’. Siamo stati accolti malissimo [...] Quello è stato il periodo più infelice della mia vita [...] Avevo 17 anni e quando una casa di produzione invitò me e mia madre a venire a Roma per un film, toccai il cielo con un dito [...] si chiamava Samoa, la regina della giungla. Portarono mia madre in albergo e me direttamente sul set dove mi spogliarono e mi dipinsero con una vernice marrone dalla testa ai piedi. Vestito: una striscia di camoscio sul seno e una intorno alla vita [...] Ero brutta da far paura. Del mio viso si distinguevano solo gli occhi e i denti bianchissimi, ero terrificante [...] mia madre è siciliana e mio padre maltese [...] tra un film e l’altro, passava un po’ di tempo e io non guadagnavo. Non è stato facile per niente. Per risparmiare mangiavo pizza e pizza... [...]”» (Elsa Martinelli, ”Chi” 2/5/2001). «Infermiera, supplente, poliziotta, pretora, dottoressa del distretto militare e la grande Ubalda [...] ”Io sono molto affezionata a quel periodo, è stata anche una grande avventura, quell’andare contro i gusti dei perbenisti e incontro a quelli di una gran massa di spettatori, quel gruppo di attori che era una sorta di famiglia. Mi arrabbiavo solo per i titoli: Giovannona coscialunga, La signora gioca bene a scopa ... [...] Non tocca a me giudicare quelli che oggi sono cult-movie; io che posso dire, posso dire che in quel momento quello era quanto passava il convento, posso dire che sono certamente l’attrice più pulita del cinema italiano: quante docce in quei film, e quanta schiuma [...] io ho sempre pensato che non avevo... come dire, non avevo le basi per essere un sex symbol. Guardavo le mie colleghe, Barbara Bouchet, Karin Schubert, loro sì che mi sembravano esplosive, poi guardavo me e trovavo di essere ordinaria, normale. [...] essendo donna, guardavo il volto, non il seno [...] Quei film, che venivano definiti di serie B, erano commedie all’italiana, come quelli di serie A, solo che in questi ultimi c’erano gli attori più importanti. E comunque, allora, bisognava prima fare la gavetta nelle serie minori. L’ho fatta, sono stata promossa in serie A, e ho giocato con Sordi, Tognazzi, Montesano, Celentano, Pozzetto. Non posso lamentarmi, mi sono presa delle soddisfazioni [...]» (Vittorio Corona, ”Panorama” 22/7/1999). «[…] Il fatto è che io sono sempre stata convinta che quelle commedie mettessero in scena dei personaggi che erano vere e proprie maschere della tradizione italiana. Non rinnego neppure uno dei film interpretati fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, un periodo in cui ho lavorato molto, con bravissimi attori e con grande allegria. La lavorazione non durava mai più di quattro settimane, spesso si svolgeva fuori città, e la nostra era una sorta di trasferta, di villeggiatura aziendale, di tournée teatrale. Qualche volta, fra me e me, ho litigato con i titoli che la distribuzione imponeva e che mi sembravano troppo volgari. Per esempio non andai a vedere Quel gran pezzo dell’Ubalda, tutta nuda tutta calda. L’ho visto per la prima volta quando l’hanno trasmesso in tv, dopo aver letto una noterella di Walter Veltroni, in cui scriveva che avevo ”la dolcezza di un personaggio di Truffaut” […] nella commedia erotica che io ho interpretato, il sesso era inteso come un’allegra pulsione di vita, senza troppe morbosità, senza contorcimenti, senza crudeltà. Allora gi ammiratori mi scrivevano lettere molto carine, in cui, di solito, si offrivano di sposarmi e di far da padre a mio figlio - Per strada venivo fermata dalle donne, che si tiravano dietro il marito, impacciato e rosso come un peperone, e mi chiedevano di dargli un bacio ”così lo fa contento. Dice che se la sogna anche di notte!”. Fra il cinema che facevamo e il pubblico che andava a vederlo, c’era un patto tacito, antico, abbastanza lineare, che oggi non è più proponibile. Oggi la commedia si fa in televisione, come è capitato con Commesse […] Dopo aver interpretato più di cento film – a volte arrivavo a farne anche otto in un solo anno – so ormai giudicare un copione ”a peso”. Per questo credo di essere una buona produttrice. Senza contare che tanti anni di recitazione fanno in modo che anche oggi io riesca a mettermi dalla parte degli attori e soprattutto delle attrici […]» (Patrizia Carrano, ”Sette” n. 41/1999).