Varie, 25 febbraio 2002
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Ferguson Alex
• Stirling (Gran Bretagna) 31 dicembre 1941. Allenatore. Dal novembre 1986 al Manchester United, che ha condotto tra l’altro al successo in due Champions League (1999, 2008, finalista nel 2009 e 2011). Ex calciatore. Giocò semi pro nel Queen’s Park e nel St. Johnstone. Poi professionista col Dunfermline (’64). Approdò ai Rangers, ma dopo 2 stagioni fu ceduto. Iniziò ad allenare nel 1974, East Stirling. Poi guidò il St. Mirren (’74-78), l’Aberdeen (’78-86) e la nazionale scozzese (1986) • «L’ex saldatore e sindacalista che a 19 anni indisse uno sciopero che bloccò i cantieri navali di Glasgow, l’ex gestore di pub che a 33 anni prese il diploma di cuoco per controllare che il suo socio in cucina non lo fregasse sulla spesa [...] Da Govan, dove nacque nelle ultime ore del 1941, era passato ai Rangers di Glasgow, il club dei protestanti: centravanti pagato 65 mila sterline, un record nel 1967, ma presto sbolognato in provincia. Poi si era dedicato all’allenamento con la fama di manager risparmioso che otteneva i risultati con i giovani del vivaio e gli ex campioni decotti; con l’Aberdeen aveva spezzato il duopolio storico dei Rangers e dei Celtic, vincendo due campionati e la Coppa delle Coppe in finale sul Real Madrid. Sembrava l’ideale per il Manchester United di quei tempi, l’archetipo dell’Inter di Massimo Moratti, tanti miliardi spesi e mai una vittoria: l’ultimo trionfo in campionato risaliva al 1967, quando giocavano ancora Bobby Charlton e George Best. Ferguson ci mise le mani: in Scozia spendeva pochissimo, in Inghilterra non si negò niente, fece tornare Hughes dal Barcellona, comprò chi credeva gli servisse, fece fuori Whiteside e Strachan, perchè non ha mai accettato nello spogliatoio chi non si allineava ai suoi ordini e lo dimostra il divorzio tempestoso da Beckham, una sua creatura che concluse il rapporto lanciandogli una scarpa sulla fronte. Il Manchester sbagliava. Nel 1990 dopo il derby perso 5-1 contro il City, il 78 per cento dei tifosi votò per cacciarlo, lo salvò una vittoria striminzita sul Nottingham Forest nella FA Cup, che poi vinse. Sembrava impossibile che “Fergie” arrivasse alle trecento partite, figuratevi a mille. [...] il 2 maggio del ’93, ventisei anni dopo l’ultimo “scudetto”, lo United tornò a vincere un campionato. C’erano Cantona, Giggs, Schmeichel. Il Manchester ha poi avuto molte facce, nell’estate del ’95 aprì le porte alla nuova generazione, Beckham, i fratelli Neville, Scholes, Butt. Uomini che avevano il suo imprimatur, come l’olandese Van Nistelrooy di cui attese per oltre un anno la guarigione pur di averlo. Nella più pura tradizione anglosassone sir Alex è stato un manager e non solo un allenatore, l’uomo che ha gestito ogni più piccola scelta della società, ricavandone, si dice, un bel tornaconto. Quando si parla dei suoi colleghi italiani che potrebbero assumere un ruolo onnicompresivo, come Capello alla Juve o Mancini all’Inter, ci si rifà al suo modello. Ha fiuto, astuzia, capacità. È un lavoratore leggendario, lo si può trovare ogni giorno dalle 6 e mezza al campo di allenamento di Carrington. Le uniche passioni sono le corse dei cavalli, il buon vino e la musica dei Deep Purple, che sarà datata ma dà sempre una bella carica. [...] con lui il Manchester United ha segnato un decennio in cui è diventato anche la prima potenza finanziaria del calcio. [...]» (Marco Ansaldo, “La Stampa” 23/11/2004). «I più attenti avranno notato che nell’anno di grazia 1999 ha portato a casa la triple: campionato, Coppa Campioni e Coppa d’Inghilterra. Non per altro l’hanno fatto baronetto. Il suo difetto peggiore? L’accento scozzese che ne rende spesso incomprensibile l’eloquio. Il talento segreto? Ha un grande orecchio per la musica e non si vergogna di prendere a quasi sessant’anni lezioni private di pianoforte. L’amore di gioventù? I Rangers Glasgow. La curiosità? È diventato un videogioco per PlayStation: Alex Ferguson’s Player Manager […] A Ferguson, nel 1986, fu affidata una squadra tutta da ricostruire. Il Manchester non vinceva il campionato da 19 anni. I risultati non sono venuti subito, perché nessuno ha la bacchetta magica, ma il lavoro è stato fatto in profondità. Sono serviti altri sette anni, nei quali i Red Devils hanno investito nel settore giovanile. Il raccolto? David Beckham, Ryan Giggs, Paul Scholes, i fratelli Phil e Gary Neville, Nicky Butt. Con la loro crescita sono arrivate le vittorie» (Luca Valdisserri, “Corriere della Sera” 14/11/2001).