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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

FERRARO Salvatore

FERRARO Salvatore. Nato a Locri il 24 gennaio 1967. Laureato in Giurisprudenza. Uno dei due assistenti di Filosofia del Diritto condannati per l’omicidio della studentessa Marta Russo (9 maggio 1997). Secondo l’accusa, non sarebbe comunque stato lui a sparare: avesse accusato Scattone sarebbe uscito dal carcere. Il fatto che non l’abbia mai fatto fa pensare a molti che sia innocente (Giuseppa D’Avanzo, ”Sette” n. 51/52/1998). «Non c’è l’arma del delitto. Il proiettile, che ha colpito Marta poco sopra l’orecchio, frantumandosi in undici schegge, è un calibro 22 del peso di 2,6 grammi. Ma quale arma l’ha esploso e soprattutto da dove? Alla sapienza si trovò un armamentario e un poligono di tiro. C’erano P38, silenziatori, psitole giocattolo, munizioni e tracce di polvere da sparo. Undici giovanotti dell’azienda delle pulizie si divertivano a fare il tiro a segno nei magazzini e nei sotterranei dell’università. Spararono loro? Spararono dalla toilette riservata agli handicappati dove furono rintracciati sedimenti di polvere da sparo? Era una traccia che conduceva al nulla: in quel bagno poteva essere entrato chiunque. Inquirenti e investigatori cambiarono allora strategia. partirono dal foro d’entrata del proiettile. Marta camminava [...] nel vialetto della Sapienza [...] era girata verso sinistra con il capo leggermente piegato verso il basso. Se la testa era in quella posizione (ma lo era?), il bagno degli handicappati non c’entrava nulla perché il colpo era venuto dall’alto, alle spalle di Marta. ”Quindi” dall’aula 6, dall’aula degli assistenti di Filosofia del Diritto. Sul davanzale di quell’aula, si rintracciano antimonio e bario. Non sono sono sufficienti per dire che sono tracce di uno sparo (manca il piombo). Occorrono dunque testimoni che affermino: in quell’aula hanno sparato; in quell’aula c’erano Tizio, Sempronio e Caio. Io li ho visti sparare. Passano i giorni (dodici) e i testimoni saltano fuori. Comincia Chiara Lipari che, il 9 maggio, entra nell’aula 6 alle 11,44 (due minuti dopo lo sparo). Dice: ”Quando sono entrata nella sala assistenti per chiamare mia madre, avevo la finestra di fronte che era illuminata dall’esterno, ma non ho visto nessuno vicino a essa. Ho avuto la sensazione netta che nella stanza ci fosse una forte tensione nell’aria... Nella stanza c’erano due o tre persone, due certamente di sesso maschile, una probabilmente di sesso femminile...”. Probabilmente la persona di sesso femminile è Gabriella Alletto, impiegata di segreteria. La interrogano in modo perverso e la minacciano di arresto. Lei si difende: ”Non ero lì”, confida (intercettata) a un ispettore di polizia, suo cognato. Alla fine, dopo tre giorni, cede: ”Sono stati loro. Scattone ha sparato dalla finestra, Ferraro si è messo le mani nei capelli”. Il processo contro Scattone e Ferraro è questo [...]» (Giuseppe D’Avanzo, ”Sette” n. 51/52/1998).