Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

Ferretti Giovanni

• Lindo Cerreto (Reggio Emilia) 9 settembre 1953. Cantante dei Cccp e poi dei Csi • «L’ultima vampata italiana di musica impegnata controcorrente, decisa a cambiare il mondo. Partita 20 anni fa da due amici, l’ex operatore psichiatrico presso la Usl di Modena, militante di Lotta Continua e teatrante d’avanguardia Giovanni Lindo Ferretti e il musicista Massimo Zamboni, cui si è aggiunto in un secondo tempo con un apporto determinante il transfuga dei Litfiba Gianni Maroccolo, cooptato inizialmente come produttore, la brigata riesce a realizzare una saldatura storica, politica, culturale e stilistica ineguagliabile. C’è un pizzico d’anarchia, l’omaggio alla Resistenza, la vocazione pacifista e internazionalista (dalla missione in Mongolia ai concerti di Mostar), il legame con gruppi storici come i Nomadi, la musica etnica (concerto con Bregovic), la canzone straniera (l’album omaggio a Robert Wyatt), le religioni alla moda (concerto per il Dalai Lama), le avanguardie musicali (dai punk tedeschi a Jovanotti, Battiato). E ancora legami con la letteratura (nel disco un racconto di Fenoglio), il cinema (col regista Davide Ferrario in vari cortometraggi e il fim Tutti giù per terra, tratto dal romanzo di Culicchia). I CCCP si sciolgono dopo il dissolvimento dell’Urss, continuano poco dopo come Csi, ma le loro abitudini non cambiano: compongono in luoghi particolari come una casa colonica in Val d’Orcia circondata da grano maturo, dove nel luglio 1995 creano le canzoni per l’album Linea gotica, hanno uno stile ruvido e imprevedibile e praticano all’interno un vero socialismo con tutti i profitti divisi in parti uguali [...] ”E’ finita a Mostar. Un conto è cantare la guerra, un conto rivivere le stesse emozioni in un luogo attraversato dalla guerra. La nostra musica aveva un valore aggiunto, non erano solo note e parole, viveva in un luogo preciso della mente e del cuore. Un equilibrio precario. In quel tour ci siamo resi conto che non potevamo andare avanti suonando soltanto nei palasport”» (Mario Luzzato Fegiz, ”Corriere della Sera” 25/1/2001).