Varie, 25 febbraio 2002
FERRIO
FERRIO Gianni Vicenza 16 novembre 1924. Direttore d’orchestra • «Capelli bianchi, piglio sicuro, immancabile sigaretta fra le labbra. Figura storica della musica leggera italiana, nato a Vicenza (nel 1924 secondo alcune biografie nel 29 o nel 31 secondo altre). Lui, l’interessato, parla volentieri, ma su questo punto finge di non capire bene e non aiuta a chiarire» (Mario Luzzato Fegiz, ”Corriere della Sera” 26/11/2001) • «Ai miei tempi non pensavo che si potesse campare con la musica. Così, pur essendomi diplomato al Conservatorio di Venezia, poi mi iscrissi alla Facoltà di Medicina a Padova, che frequentai diligentemente per cinque anni [...] Conobbi Mina nel 1959, al Musichiere, il popolare programma condotto da Mario Riva. Nacque un clima amichevole che si sarebbe in seguito trasformato in amicizia. Era il periodo degli ”urlatori”, fra i quali rientrava allora uno come Giorgio Gaber. Diressi Mina in molte canzoni e l’altro suo direttore preferito in quel periodo era Bruno Canfora. Erano gli anni in cui lavoravo molto per il cinema, e mi piaceva davvero; tuttavia fui il direttore di Mina in situazioni televisive di grande successo: basti pensare al brano Parole parole, che fu sigla di Teatro 10 oppure a Non gioco più che era la sigla di Milleluci, per la quale utilizzai molti amici jazzisti come il famoso chitarrista e soprattutto armonicista Toots Thielemans [...] Spesso dirigo a occhi chiusi è una mia vecchia abitudine. Sono dell’idea che la musica vada ”vista con le orecchie e sentita con gli occhi”, soprattutto quando c’è di mezzo una grande cantante come Mina [...] ho molti ricordi [...] frequento ancora Lelio Luttazzi, che vive fuori Roma. E’ un genio, davvero versatile, sa fare tutto. Ma quando ha deciso di ritirarsi, è stato drastico. Non ha più accettato nessuna proposta. Però è sereno, senza rimpianti, anche se del mondo della musica non vuole proprio più sentir parlare. Poi vedo Armando Trovajoli che ha superato gli ottanta anni, sta benissimo, compone e suona ancora meravigliosamente; e ancora, Ennio Morricone, timido come un ragazzino-prodigio, lavoratore indefesso» (’Corriere della Sera”, 26/11/2001).