Varie, 25 febbraio 2002
Tags : Bryan Ferry
Ferry Bryan
• Durham (Gran Bretagna) 26 settembre 1945. Cantante. Autore • «Un po’ di rock duro e trasgressivo. Un po’ di estetismo decadente a base di chitarre elettriche e distorsori. In una parola: Art Rock, il genere musicale di cui è stato sommo interprete Bryan Ferry, ideatore e fondatore dei Roxy Music, oltre che titolare di una splendida carriera da solista. [...] è stato il personaggio più trendy e modaiolo della scena britannica anni Settanta e Ottanta, oggi un distinto gentiluomo che ama soggiornare nella sua villa in Toscana. Figlio di una modestissima famiglia di minatori di un paesino del nord dell’Inghilterra, grazie ai sacrifici dei suoi, Ferry può frequentare a Newcastle la facoltà universitaria d’Arte, dove diventa uno dei discepoli favoriti di Richard Hamilton, padre della pop art concettuale. Nel ’70, insieme al bassista Graham Simpson, fonda i Roxy Music, gruppo che riscuote immediata attenzione e successo con la sua inedita contaminazione tra glam rock, sperimentalismi e teatralità. Merito anche di un organico ricco d’individualità: da Brian Eno a Phil Manzanera fino ad Andy McKey. Nel ’73, mentre i Roxy vantano fama internazionale, Ferry inaugura la sua carriera solista all’insegna di un sound completamente diverso: languide ballate da crooner, sontuose orchestrazioni, interpretazioni melò. Le sue riletture di classici come Smoke gets in your eyes o della lennoniana Jealous Guy rivaleggiano con gli originali e il suo stile è il capostipite di una nuova generazione d’interpreti in smoking e brillantina. La carriera da solista di Ferry si impreziosisce di autentiche perle: da Another time, another place a Let’s stick together fino a [...] Boys and Girls che ne saluta il ritorno sulle scene dopo un lungo periodo di silenzio. L’album diventa l’insuperato successo commerciale nella carriera dell’artista, trainato da due composizioni perfette come Slave to Love e Don’t Stop the Dance. Nel cuore di quegli anni Ottanta, dominati dall’effettismo dei sintetizzatori e delle batterie elettroniche, la voce modulata di Ferry, i suoi versi romantici e la ricercatezza dei suoi arrangiamenti, sono una boccata d’ossigeno per i cultori del pop» (Telesio Malaspina. “L’Espresso” 22/3/2001) • «Figlio di un minatore, diplomato alla School of Art di Newcastle, la città degli Animals, rappresenta una curiosa eccezione. La sua è una presenza trasversale, non esclusivamente generazionale. [...] “Ho sempre considerato Dylan un maestro, le sue immagini poetiche hanno una forza straordinaria e ho sempre adorato le sue canzoni, specie le prime. [...] Leadbelly è stato il primo musicista che ricordi di aver ascoltato alla radio quando ero bambino, la sua influenza è stata enorme” [...] quel suo stile sensuale e distaccato da dandy elettronico, indebitato sia con il cabaret che con i crooner del passato, diventato il suo marchio di fabbrica. [...] resta uno dei pochi Padrini del pop ad avere esteso la sua influenza sui generi più diversi: dal punk ai new romantici, dalla dance alla trance. Fra i gruppi che riconoscono di avere un debito con lui ci sono i Radiohead e i Pulp, Moby e gli Suede. [...]» (Alberto Dentice, “L’Espresso” 4/4/2002) • «[...] è famoso per aver inventato gli album di cover…o quanto meno per avere ripreso a farli nel 1973. “Più il secondo che il primo caso, direi, perché Frank Sinatra, Bing Crosby ed Elvis li facevano già prima. È affascinante vedere che la gente si dimentica che prima di Bob Dylan e dei Beatles c’è stato un tempo in cui chi scriveva una canzone e chi la cantava erano spesso due persone completamente diverse [...] Questa mia seconda carriera ha rappresentato una buona parte della mia vita di musicista. E qualche volta ha avuto maggiore popolarità del mio lavoro con i Roxy Music, che è la mia carriera principale in realtà…scrivere e suonare pezzi nuovi. Se si guarda al mondo della musica classica, per esempio, ci si rende conto che la maggior parte della musica eseguita nelle sale da concerto è musica di Mozart, di Brahms o di Beethoven e così via…insomma è musica di un’altra epoca. Se si pensa a venti anni fa… A me sembra un periodo contemporaneo, anche se ascolto una canzone degli anni Trenta [...]”» (James Nicholas Joyce, “la Repubblica” 23/2/2007).