Varie, 25 febbraio 2002
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Fini Daniela
• (Disotto) Roma 5 marzo 1955. Ex moglie di Gianfranco • «Ha preso la vita come una sfida. Da ragazzina era una grassona. L’eccesso di peso l’ha spinta tra i neofascisti. Per sfinarsi, indossava astutamente un vestito nero. Così conciata, una mattina dell’autunno 1969 si presentò ai cancelli dell’Istituto magistrale Margherita di Savoia. Era la sua scuola, non lontana da Cinecittà, il quartiere alla periferia sud di Roma dove abitava. Gli studenti scioperavano e un picchetto impediva l’ingresso in classe. Daniela disse: ”Io voglio entrare”. Era goffa e infagottata nel suo abito a lutto. Non intenerì nessuno. ”Via, fascista di merda” le fu gridato in faccia. Era solo vestita in orbace, ma della parola fascista non sapeva neppure il significato esatto. Anche se in casa c’era il padre, maresciallo dell’aeronautica, che votava Msi: però senza parlarne mai. Per evitarle il peggio, uno studente che era anche suo condomino la trascinò via, la portò al Centro Nuova Europa, diretto dall’attuale parlamentare di An Domenico Gramazio. Così Daniela diventò missina. L’anno dopo fu tra i fondatori del circolo di via Noto, uno dei più incendiari di Roma. Avrebbe potuto fare sezione a scuola. Decise invece di lasciare a 16 anni, senza diploma e con poco più dell’alfabeto in testa. Restava il problema del sovrappeso, che ha risolto con stoici sforzi di volontà negli anni. Oggi è secca e dura come un chiodo. Lo è diventata a furia di digiuni, palestra, corse. Le 30 sigarette al giorno che manda in fumo hanno fatto il resto. Il rovescio della medaglia è che si è mascolinizzata. In decollété lo sterno sporge come la lama di uno spazzaneve. Sulle braccia guizzano i bicipiti, avvolti da un paio di vene, spesse e verdi come liane. Buona anche la muscolatura che adorna le guardabilissime gambe, fuoruscenti da minigonne sempre diverse. Nell’insieme, Daniela è un sex symbol della rocciosa femminilità di destra. Suo sarto preferito è il famoso Sarli che fu couturier di Anna Maria De Mita, moglie di Ciriaco. Piuttosto maschia è anche negli hobby. Le armi sono la seconda delle sue passioni. Ha il permesso e va spesso al poligono ad esercitarsi con la pistola. [...] Il vero amore è però la Lazio. Quando si esibisce all’Olimpico non manca mai. Ha convinto il marito a rinnegare il Bologna [...] Quello con Gianfranco è il suo secondo matrimonio. [...] Le prime nozze di Daniela sono state infelici e hanno ostacolato a lungo le seconde. Lasciata la scuola, si era buttata a capofitto nella militanza. Tutti i giorni le bande di sinistra e di destra si massacravano. Una volta i rossi gettarono sette molotov nella sezione Msi di via Quinto Pedio, la sua. Una le colpi la testa. Le punte dei suoi lunghi capelli presero fuoco e incendiarono i jeans. La salvarono strappandoglieli di dosso. Era diventata una pasionaria e si innamorò di un piccoletto e coraggiosissimo picchiatore: Sergio Mariani, detto Folgorino perché era stato legionario. Si sposarono nell’autunno 1976. Daniela aveva 20 anni. Tre mesi dopo, essendo pericoloso come una Santa Barbara, Mariani fu spedito per un anno al soggiorno obbligato in Sardegna. E anche quando tornò era sempre in fuga. La sposina si trasformò in vedova bianca. Lavorava come tastierista alla tipografia di via del Boschetto che stampava il ”Secolo d’Italia”, quotidiano del Msi. Componeva i titoli. La sera si affacciava Fini, ai primi passi come giornalista [...] Indignati per la tresca, gli amici di Mariani si appostarono una notte sotto casa di Gianfranco. Lo pestarono e gli storsero il naso, come si può notare tuttora. Il lieve difetto patito per amor suo convinse Daniela che quello era l’uomo giusto. Appena il marito tornò dall’esilio lo affrontò: ” finita. Vado dall’avvocato”. Mariani replicò: ”Se lo fai mi sparo”. ”Sparati” disse Daniela, e sbatté la porta, scendendo le scale. Al terzo scalino sentì due colpi. Rientrò e trovò il marito in un bagno di sangue, con un buco nell’addome. Restò un mese tra la vita e la morte. Il suo ambiente la isolò. Per ottenere il divorzio dovette rivolgersi a un avvocato comunista [...] Fu dura. L’ostracismo svanì appena Gianfranco divenne capo del partito [...]» (Giancarlo Perna, ”Panorama” 18/6/1998).