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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

FIORELLO

FIORELLO Rosario Augusta (Siracusa) 16 maggio 1960. Comico. Imitatore. Cantante. Conduttore tv • «Uno dei pochi, se non l´unico, che sia oggi capace di tenere la scena con un mix così felice di umorismo e spettacolarità, inchiodandoci tutti davanti al video con la sua sola, straordinaria, presenza scenica. Da solo, lui recita, canta, imita, satireggia, seduce, evoca e stupisce. Osa aprire un sabato sera con il buio della radio. Si lancia in una irriverente ma spassosissima parodia di Ciampi. Duetta con disinvoltura con Ramazzotti e con la bellissima Bellucci. Riesce a essere così irresistibilmente trascinante da essere capace di convincere Bruno Vespa non soltanto a ridere della sua imitazione, ma addirittura a farsi il verso da solo, imitando il suo imitatore. Grandioso. Un mattatore solitario, ecco cos´è Fiorello. Un esempio ogni volta stupefacente di quello che si può riuscire a fare, in televisione, usando l´intelligenza, l´ironia e la leggerezza restando anni luce lontani dalla volgarità e dalla pesantezza dell´avanspettacolo» (Sebastiano Messina, ”la Repubblica” 5/4/2004). «’Io non so cantare, ma canto. Non so ballare, ma ballo. Non sono un imitatore, ma imito. Non sono un attore, ma atto: e come atto io...”. Così è Rosario Fiorello, intrattenitore eclettico e trasversale, ”personaggio unico in Italia”, dice Mike Bongiorno. E tutti, anche i colleghi, magari rivali, non possono che essere d’accordo. Sanno, i colleghi, che se vanno da Fiorello la loro personalità sarà esaltata, e non schiacciata, da quella, pure prorompente, del conduttore. [...] Non si fa impressione da solo a contare i talenti, non teme l’invidia degli dei, essendo ricolmo di doni naturali? [...] ”ma no, io non ho pretese, mi basta essere quello che sono”. E hai detto niente: a molti piacerebbe essere quello che è lui. Nonostante abbia passato i suoi momenti di difficoltà, gli inciampi di una carriera cominciata dai sempre citati villaggi turistici. Che gli sono comunque serviti molto. – lì che ho imparato a intrattenere, a improvvisare, a stare con la gente”. Ad essere garbato, pure. Fin dai tempi del karaoke su Italia 1, lui non sfotteva i concorrenti stonati: ”Un capo villaggio mi disse: ’Devi sempre pensare che accanto a te ci siano tuo padre e tua madre. Ti darebbe fastidio se qualcuno li prendesse in giro?’ Io mi arrabbierei da morire, risposi. ’E allora è semplice, non prendere mai in giro nessuno’”. Così Fiorello ha fatto, e così è passato da tipico esemplare di tv usa e getta, figura antonomastica di scemenza catodica, a ”fenomeno mediatico”. Spettacolo puro, senza tentazioni di contaminazioni politiche. Per ora. Molta musica. [...] ”La maturità mi ha reso meno presuntuoso, più meticoloso nella preparazione [...] Ero un bambino timidissimo. Alle medie ho cominciato ad alzare la cresta, al liceo sono esploso. Faceva casino, ma non ero un ribelle [...] Ad Augusta, liceo scientifico ’Andrea Saluta’, e già lì, su ’sto nome... Saluta questo, saluta quello... A 17 anni ho cominciato a frequentare i villaggi turistici, e ho avuto la fortuna di non essere ostacolato dai miei genitori. E non ero figlio d’arte, mio padre era un militare della Guardia di Finanza [...] Io me lo sentivo, che dopo il successo del karaoke mi toccava andar giù. Sono andato giù, ma poi ho avuto un merito che mi riconosco: quello di saper aspettare. Continuando a lavorare. Ho fatto Matricole, ho fatto il Festivalbar, Costanzo ha dato l’avvio alla seconda fase della mia carriera, e anche Baudo mi ha aiutato. Poi nel 2001 arrivò Ballandi, il produttore, e mi disse che secondo lui potevo avere il sabato sera di Raiuno. Mi dissi: se mi va male questa volta mi ritiro”» (Alessandra Comazzi, ”La Stampa” 4/6/2004). «Ha ragione Luttazzi, che in ogni intervista mi cita sempre per spiegare la differenza tra satira politica, ficcante, e una sana presa in giro bonaria che è quella che faccio io, e non mi sento per questo un deficiente, è che ognuno deve fare il suo, io ho un´estrazione da villaggio turistico, più in là di tanto non posso andare, ma non posso accettare che se dico a un politico che è pelato, questa sia una violazione delle regole. Qualcosa mi arriva sempre, ma penso che non siano direttamente i politici, ma i collaboratori. Sirchia, quando gli hanno detto della gag sul fumo si era molto arrrabbiato, poi però l´ha vista e mi ha chiamato per dirmi che andava bene. Io del resto non vedo l´ora che mi succedano le cose. Se racconto una barzelletta non ride nessuno, sono negato, io devo raccontare le cose che mi succedono. Per esempio: la mattina esco sempre con le cuffie perché ascolto i pezzi che devo imparare per il programma. Il portiere tutte le mattine mi saluta, e io, anche se non sento quello che dice gli rispondo: ciao Velio, tutto a posto! Dopo tre giorni è arrivato a casa e ha detto a mia moglie: senta scusi sono tre giorni che dico a suo marito che c´è il condominio da pagare e lui fa finta di niente [...] Califano mi chiamò lui perché si era divertito e allora l´ho invitato. Però è vero che ho sempre cantato, sin dai villaggi turistici, solo che non avevo trovato nessuno che incanalasse queste cose nel binario giusto. In televisione, all´inizio, devi adattarti a quello che c´è. Ho cominciato a Deejay Television, su Italia 1, ma a quei tempi a Radio Deejay c´era un cecchino e appena vedevano un cantante italiano, anche se passava per sbaglio gli sparavano, io venivo dai villaggi e cantavo Felicità, quindi mi limitavo a fare ”ecco a voi”, poi però quando c´era il cambio del nastro, passavano quattro o cinque minuti e io intrattenevo il pubblico, facevo le battute, poi si riandava in onda e io smettevo e rifacevo ”ed ecco a voi Michael Jackson”, insomma ero diventato famoso per i fuori onda, era tutto rovesciato, in onda ”ecco a voi” e fuori facevo ridere. Ora si è tutto messo al suo posto, faccio in onda le cose divertenti» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 28/4/2004). «Negli Anni Novanta alcuni ”beati costruttori di opinioni” diffusero la teoria della ”contaminazione”, secondo cui ogni ragionamento, per fare presa, doveva saper passare dal filosofo Heidegger allo showman Fiorello. Dieci anni dopo, l’influenza di Heidegger appare piuttosto limitata, mentre Fiorello ha orbitato intorno al proprio tramonto, riapparendo allo zenit della popolarità. [...] ” passato un altro tram e ci sono salito sopra. Quella cosa che i tram passano una sola volta è una fesseria. Ho sempre pensato che avrei avuto una seconda opportunità [...] Mi sono spinto fuori da solo. Ho sbagliato io. Mi hanno fatto girare la testa, è vero, ma ho ballato da solo. Sai che c’è? Non avevo le palle. Avevo trent’anni ma non bastava, non per come avevo vissuto io. Quindici anni nei villaggi turistici mi avevano portato fuori dal mondo. Lì la vita è vacanza. La gente non è vera, sono turisti. Niente è vero. Oh, io non usavo i soldi, ma i cuoricini di plastica. Non portavo le scarpe. Quando sono uscito da lì, in due anni sono arrivato in cima, non sapevo frenare e ho sbandato [...] Ho cercato di capire dove avevo sbagliato. Ho pensato che quello che mi accadeva fosse una punizione per un errore che avevo commesso. Ed era così: il mio peccato è stato quello di avere avuto una grande opportunità e averla sprecata. Non ho capito la mia fortuna, allora: avrei potuto passare la vita nei villaggi, altri dieci anni da animatore, poi capo villaggio a litigare con le mafie locali, infine in sede centrale a fare l´amministratore. Mi ci vedi? [...] Mi ha scaricato quando lo meritavo, perché facevo cose inadatte a me. Mi ha ripreso adesso che faccio e dico le cose in cui credo”» (Gabriele Romagnoli, ”la Repubblica” 14/5/2002). «Ringraziando Iddio me la sono già montata la testa e si è visto come è finita. Dopo il Karaoke non sapevo più chi ero, mi voltavo e vedevo tutti i miei cloni, gente con la coda e la giacca gialla. Chi ero? Così è facile perdere il contatto con la realtà, non sai più chi sei. Un cretino che girava l’Italia [...] Non so quanti soldi ho in banca, veramente. La mia passione sono le moto. Io sono stato a Porto Cervo, sulle barche dei ricchi, le ho fatte ’ste cavolate. Oggi non ci andrei più. Sogno solo di andare in vacanza con Susanna e la sua bambina, perché è così bello avere una vita normale. Spegni la tv e vai al supermercato a fare la spesa [...] Non posso credere che la gente paghi 70 mila lire per venirmi a vedere. Ringrazio Gian Piero Solari che mi ha insegnato il segreto: ’Prepara tre ore di spettacolo e ne improvviserai un’ora e mezzo senza problemi”» (Paola Pollo, ”Corriere della Sera” 8/9/2001). «Con quei baffetti che gli danno un’aria saracena, a prima vista è leggero, leggerissimo, impalpabile. E invece Rosario Fiorello, in arte Fiorello, per gli amici siciliani Saro, secondo nome Tindaro, è 87 chili di energia pura. Una radiazione nucleare. Quasi tre chili persi a ogni spettacolo, perché nelle tre ore del suo show Volevo fare il ballerino il dispendio fisico è spaventoso: ”Non ho tecnica, non ho studiato, non uso il diaframma, canto di gola, con una fatica bestiale”. Mettiamoci la puntata quotidiana del programma cult Viva Radio 2, le convention aziendali che servono anche per sperimentare nuovi personaggi e nuovi numeri, e si capisce subito che l’ex divo del karaoke deve avere un fisico da atleta. Allora avanti con il monologo, storia vera di Fiorello raccontata da lui medesimo. ”Un fisico da fuoriclasse? Sarà perché da giovanissimo avevo una carriera nel calcio”, scherza. Fino a 15 anni ha giocato ala destra nella Megarese, la squadra di Megara Hyblaea, un amore per il pallone destinato a perpetuarsi con il tifo per ”la grande Inter” (pronunciando il sacro nome nerazzurro alza religiosamente il dito), ”vista per la prima volta allo stadio di Catania”. Città fatale in ogni senso, dato che a Catania c’è pure nato. ”Ma solo per ragioni ospedaliere: la mamma Rosaria, brava ragazza di Giardini Naxos, ha avuto qualche difficoltà a farmi nascere, e io qualche seria difficoltà a saltar fuori. Un cesareo da 64 punti, tanto che mia madre, dopo quello strazio, sospirò: sia chiaro, dopo Rosario, nessuno”. E gli fece mettere nel secondo nome il richiamo alla Madonna dei Tindari, la Madonna nera a cui era devota. Si sa che fine fanno le promesse. Mamma Rosaria ebbe altri tre figli: Anna, nel 61, Catena detta Cati (l’eccentrico nome viene da una nonna), nel 66 e Giuseppe detto sciaguratamente a suo tempo Fiorellino, e ora Beppe, nel 69. Forse non riusciva a resistere al fascino di papà Nicola, appuntato radiotelegrafista nella Guardia di finanza, ”che era nato a Letojanni, assomigliava a Clark Gable, e morì all’improvviso nel 1990 a una festa”. Allora se ne stavano ad Augusta, aspettando che Rosario raggiungesse lentamente la quarta al liceo scientifico Principe di Napoli. ”Nello show lo dico chiaro, l’unico mio titolo di studio è il battesimo. Studiare, ma si poteva? Augusta è un’isola, eravamo circondati dal sole e dal mare, fin da bambini si stava sempre fuori, a giocare a ’chiappeddi’, le pietre al posto delle bocce, in palio le figurine Panini”. Ma poi, come esercizio culturale, è riuscito a incidere una canzone pop sui versi di San Martino di Carducci, ”La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale”. E a farsi invitare dal rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, per un faccia a faccia con 1.500 studenti. Comunque agli inizi, altro che ballerino. ”Volevo davvero fare il calciatore. Ma gli anni del liceo erano gli anni delle prime radio libere: Radio Marte, Radiorama, Augusta Centrale. Era il tempo della Febbre del sabato sera”. Tutti travolti da John Travolta? ”Roba da poco, gare di disc jockey ai balli studenteschi. Ma uscivamo da un grandissimo provincialismo, quando andare al cinema a Catania era un’impresa eroica”. L’esordio avviene come dj al Gran ballo della ragioneria, ma il primo spettacolino vero è al bar, imitando Tutto il calcio minuto per minuto con le voci di Ciotti, Ameri e Bortoluzzi. Poi, corrente l’anno 76, si fa vivo il destino. A Brucoli, sei chilometri da Augusta, tirano su un villaggio Valtur. Molti ci vanno a lavorare. E ne escono la sera con gli occhi schizzati: ”Voi non potete immaginare! Sono tutti milanesi! E si vestono con certe stoffe... Nessuno aveva mai visto un pareo. Anzi, prima di andare militare, nella Caserma Milano a Bari, Car e Car avanzato, non ero mai uscito dalla Sicilia, Milano era un altro pianeta, e i milanesi marziani”. A quei tempi i ragazzi li mandavano a lavorare, d’estate: ”Andavo a vendere la lattuga con l’Apecar, facevo il banditore: donne, lattuga fresca! Cinquecento lire al giorno”. Solo che il Valtur era un paradiso off limits. Impossibile entrare, anche il ristorante era un miraggio. ”Allora una sera tagliamo la rete metallica, entriamo vestiti da turisti, e ci appare davanti la meraviglia: i suoni, la festa, belle donne, ricchezza, gozzoviglio puro. Ci beccano subito. Voi che camera avete? ’La Seicentoventicinque!’. La faccia di bronzo non basta. Sguardo clinico dell’uomo della sicurezza e poi la sentenza: ’Fuori’”. Da quel momento, l’imperativo divenne: lavorare al Valtur. ”Anche perché era un buon lavoro, si facevano i turni, 6 ore e 40, e soprattutto dopo il lavoro si poteva restare nel villaggio. Seguo la trafila: ufficio di collocamento, lista d’attesa, assunzione come facchino di cucina. Sa che cos’è il facchino di cucina? Un paria, uno che è un gradino sotto il lavapiatti. Ma io cercavo di lavorare bene, come ho sempre fatto, qualunque fosse il lavoro”. In modo da fare una modesta ma sicura carriera: aiuto cuoco, detto anche ”commis di cucina”, poi cameriere, posto molto ambito nella gerarchia del villaggio, con la fascia rossa in vita che fa il suo effetto. ”Facevo gli show ai tavoli, le imitazioni, e piacevo. Qualcuno chiedeva al caposala: ’Mi mette dove c’è quello moro?’. Ma soprattutto dal ristorante vedevo il bar, cioè la vita, la mondanità: e alla fine al bar sono riuscito ad arrivare”. E il bar è la svolta. ”Come no: alzo gli occhi e vedo l’anfiteatro dello spettacolo serale. Faccio i miei show al banco, con i clienti che si incuriosiscono. Un giorno vedo l’asta del microfono che mi tenta, mi avvicino, la afferro e faccio: sssà, sssà; e parto con Moonlight Serenade, inventando tutte le parole”. La gente lo nota, e Fiorello ottiene l’occasione per qualche piccolo show. Solo che proprio allora, dopo alcuni rinvii per ragioni scolastiche, arriva la cartolina precetto. Casermette di Bari, ”la prima vera difficoltà della mia vita”. E allora? ”Mi dico: qui, o mi diverto o crepo”. Erano anni difficili, con le Br che avevano fatto razzie nelle armerie militari, si faceva la guardia con il colpo in canna nel Garand. ”Eppure ci provo, a divertirmi. Imitavo il colonnello comandante, il tenente, l’ufficiale di picchetto. Mi mettono nel plotoncino d’onore, con i galloni da caporale, mi faccio un coso così con le marce e le esercitazioni. E quando credo di essermi guadagnato una posizione, l’Esercito italiano mi manda a Sacile”. Vicino a Pordenone, profondo Friuli. ”Per un siculo come me era la Siberia, una Finlandia, muschi, licheni, il grande Nord. Ma era gente meravigliosa, che voleva un gran bene ai militari, dopo il terremoto di Gemona. Il giorno del congedo m’è venuto da piangere. Nel frattempo anche lì ho cominciato a fare spettacolo: cameriere nella mensa sottufficiali, metto su una band, faccio il presentatore a tutte le feste: Natale, Capodanno, Pasqua, niente licenze perché per tornare a casa ci vogliono 21 ore di treno, chi li aveva allora i soldi per l’aereo?”. Quando ritorna al Valtur, il capovillaggio, Enzo Olivieri, non vuole più assumerlo come cameriere. ”Mi dice: vieni a fare l’animatore, e io arriccio il naso, perché si guadagna poco, e precariamente. Poi però comincio: senza le basi musicali, improvvisando tutto. Al mattino andavo in spiaggia per farmi conoscere con qualche trovata. Travestito da papa, facevo la benedizione dei cornetti. Così la faccia e il nome cominciavano a circolare, e la sera la gente veniva all’anfiteatro per vedermi”. il decollo? ”Macché. Olivieri se ne fila in Costa d’Avorio, e mi chiama con sé. il primo bivio della mia vita. Mio padre contrarissimo, la fidanzatina pure. Ma io mi dico, se rimango qui, ci muoio: e allora mollo la morosa e nell’83 vado laggiù in Africa, in un villaggio da parenti poveri del Club Méd. Capo animatore. Discreto successo, con i turisti che dall’Italia chiedevano di prenotare dove lavoravo io. D’inverno l’organizzazione mi mandava in montagna, a Marilleva, a Pila, a San Sicario. Una sofferenza, perché la gente devi andare a cercartela sulle piste. E io ci andavo: a far vedere a quelli delle settimane bianche un siciliano travestito da orso”. Nell’89, quando finisce la stagione a Marilleva, arriva una svolta ulteriore. ”Conosco Bernardo Cherubini, che sarebbe il fratello di Jovanotti, e che faceva l’istruttore di tiro con l’arco nei villaggi: ’Andiamo a Milano?’, propone. Si va. Lorenzo faceva Uno due tre Jovanotti, stava esplodendo; io, un nessuno: mi hanno preso a fare le voci. Parlavo in radio parodiando un ascoltatore di Bergamo, molto gutturale. Comunque Claudio Cecchetto, uno con la vista lunga, mi osserva con l’occhio clinico e mi fa: ’Ti faccio provare Radio DeeJay’. E qui siamo al secondo bivio”. Erano tempi difficili. Fiorello racconta di essere stato tentato più volte di tornare indietro. Con la radio di Cecchetto passava tutta musica straniera, ”e io invece facevo Amico è di Dario Baldan Bembo, cose molto popolari. Ho una specie di buco nella cultura televisiva, una voragine d’ignoranza vera, perché per un periodo sono stato sempre in giro per il mondo. L’Africa, la Spagna, Ibiza. Eppure forse per questo ho un mio stile, perché non mi sono fatto influenzare troppo”. Per fortuna ci fu la valvola di sfogo di DeeJay Television, anche questa di Cecchetto, una specie di Mtv ante litteram: ”Vera fucina di talenti. C’erano Linus, Amadeus, Albertino, Jovanotti, Pieraccioni, e ho cominciato a fare un programma con Amadeus, Mattinata esagerata, e i primi personaggi, cioè le parodie di Michele Cucuzza e Bruno Vespa. Mi inventai la macchietta del meccanico della Vespa di Bruno Vespa. Ma mi sentivo ancora un pesce fuor d’acqua, i vecchi clienti mi guardavano perplessi: ’Al villaggio eri un’altra cosa’, insomma non ero contento. Oltretutto, nel 90 Radio DeeJay mi manda al Festival di Sanremo, e mentre sono lì sulla Riviera squilla il telefono: torna a casa perché papà è morto. per questo che Sanremo ancora oggi mi prende la gola. Allù’improvviso la mia vita prese tutta un’altra piega. Incontrai Marco Baldini, che oggi è il mio alter ego. Nacque Viva Radio DeeJay, che è l’antenato di Viva Radio 2. E Gerry Scotti, che mi aveva sentito fare il cantautore ermetico Gregorio De Francesco, mi chiamò al Gioco del 9, con Teo Teocoli e Gene Gnocchi. Va tutto benino. Così vengo preso per il Cantagiro, con Mara Venier e Gino Rivieccio. Di me scrivono: ’Sta nascendo una stella. Bisogna ucciderla prima che uccida noi’. Sembrava che gli avessi fatto qualcosa. Finché Fatma Ruffini annuncia: ’Abbiamo un format olandese, per fare una cosa giapponese, il karaoke. Sfruttiamo le bellezze dell’Italia, le piazze, facciamo un programma che non costa niente e vediamo se da cosa nasce cosa’”. La cosa comincia ad Alba, le puntate d’esordio tutte con inquadrature strette per non far vedere il deserto intorno al palco. Risultati deludenti, 3 per cento, massimo 5 per cento. Essere o non essere, chiudere o non chiudere? ”Andavamo alle 20, contro i tiggì. Okay, si chiude, finiamo le puntate già programmate. Solo che a un tratto l’audience comincia a crescere. Prima insensibilmente. Ottocentomila, un milione; poi più forte, un milione e mezzo, due milioni, due milioni e sei. A Pescara, 20 mila persone, senza la sicurezza, senza organizzazione: distruggono la piazza. A Milano, 100 mila persone in piazza del Duomo. Centomila anche a Torino. Uno stress tremendo, perché ero ostaggio del successo, non potevo nemmeno andare al ristorante senza essere assalito da frotte di aspiranti cantanti; in un cinema mi dovettero portare via altrimenti nemmeno cominciava il film”. Era il 92, la prima delle due stagioni del karaoke. ”Ma ero insoddisfatto, perché mi limitavo a far cantare i partecipanti. Era il segreto vero del karaoke, perché la gente in quel momento, con il trauma quotidiano di Tangentopoli, preferiva guardare se stessa anziché la politica: e pensava, davanti alla tv, quello che sa fare lui lo so fare anch’io. Si identificava. Eppure io non mi limitavo al karaoke. Prima della trasmissione intrattenevo il pubblico almeno per un’ora. Mi mettevo alla prova. Ma sa com’è la televisione, quando c’è un successo vogliono spremerlo fino in fondo. Così si fa il Superkaraoke con i Vip, finisco a Roma con un delirio, il sindaco Francesco Rutelli che canta con me”. Mica male, Rutelli. ”Ma intanto incasso la prima sconfitta autentica. Le prendo da Paolo Bonolis, la mia bestia nera, che con I cervelloni, mi fa un mazzo tanto. Ed evidentemente sconfitta chiama sconfitta: vado a Sanremo, 95, con Finalmente tu di Max Pezzali, con in testa la corona del vincitore annunciato. Sul palco dell’Ariston la voce mi viene fuori un po’ faticosa. Il giorno dopo, un massacro. Scrivono ’carriera finita, un bluff’. Ne esco con le ossa rotte’. Siamo a un altro bivio: ’Capisco che devo lasciare Milano. Tutto andava troppo veloce. Non parlo delle mie disavventure personali, anche se non ho avuto nessuna conseguenza giudiziaria, niente: ma a distanza di dieci anni sono ancora nella lista, non appena c’è una storia di coca c’è qualcuno che mi chiede un commento”. E allora Fiorello va a Roma con Maurizio Costanzo: ”Facevo La febbre del venerdì sera e poi Buona Domenica il sassofono gliel’ho inventato io, dovevamo batterci contro la Venier che era una macchina da guerra”. Di notte, al Costanzo Show, ”raccontavo cose, fatti, Aldo Grasso parlò di un Fiorello ”pasoliniano’”. Addirittura. ”Ma avevo voglia di lavorare da solo, anche se sapevo che Costanzo ci sarebbe rimasto male”. Figurarsi se il ras ci rimane bene. ”Ma incontro Bibi Ballandi, uno che suggerisce prudenza sussurrando con il tipico accento romagnolo e la esse molle: ’Ricordati che bisogna volare basso’. Ballandi si sbilancia, come può sbilanciarsi uno come Ballandi, e mi dice: ’Se ti metto vicino qualcuno che ti aiuti, che ti consigli, che ti ripulisca un po’, hai le potenzialità per fare il sabato sera su Rai uno’”. Come in effetti sarebbe avvenuto, con le edizioni di Stasera pago io, il programma costruito con Giampiero Solari. ”Ma volete capirlo che io, il ragazzo del Valtur, mi sono trovato a fianco gente come Dustin Hoffman, Liza Minnelli, John Travolta, Fanny Ardant?”. Successo inarrestabile. Anche se l’evento principale di quegli anni, siamo al 1996, è tutto personale: ”Ho incontrato mia moglie, Susanna Biondo, e ho conosciuto il cambiamento vero”» (Edmondo Berselli, ”L’espresso” 30/3/2006). «Il programma più bello e più importante della tv italiana va in onda tutti i giorni sulla radio, si chiama Viva Radio2 e lo si può sentire in diretta alle 13.40 ma anche in replica alle 23 e alle 7 del mattino. anche possibile scaricarlo in podcasting o seguirlo, sempre via Internet, con una webcam. C’è un solo piccolo particolare: Viva Radio 2 non viene ancora trasmesso su una rete generalista, ma dal punto di vista mediatico, il dettaglio è del tutto insignificante. Non tanto perché Fiorello filma tutte le sue puntate (e potrebbe quindi mandarle in onda, ad esempio su RaiSat Extra) quanto piuttosto perché Fiorello è al centro della scena televisiva, anche se non vi appare. Le tv riferiscono meticolosamente dei suoi incontri in radio, dei suoi spettacoli teatrali (l’ultimo, formidabile, Volevo fare il ballerino, con una mezz’ora finale di improvvisazioni degna dei grandi entertainer di Broadway), dei suoi spot (l’ultimo, con la gag della ripetizione del numero 159 con Mike Bongiorno, vale più tanti programmi cosiddetti comici). ”Blob” non si fa mancare un incontro. Apparire in tv, per Fiorello, è l’ultimo dei problemi. Se mai il vero problema, non suo, è che Viva Radio 2 ha fatto di colpo invecchiare tutti gli altri programmi radiofonici, li ha resi pateticamente vecchi, li ha letteralmente ”smascherati”. A Edmondo Berseli (non è meraviglioso che un fine politologo diventi biografo di un grande artista?) ha confessato: ”Dopo una vita movimentata da cameriere, dj, cantante e animatore, con Susanna ho conosciuto il cambiamento vero perché lei era ed è una donna che mi ha portato in casa la stabilità con una figlia, Olivia, che adesso ha 13 anni ed è come figlia mia”. E mentre Susanna aspetta Angelica, si fa fatica a trovare, nella storia dello spettacolo italiano, uno showman della versatilità di Fiorello, così emozionato di diventare padre da non porsi più problemi di affermazione, di identità. il più bravo di tutti, per ora gli basta questo» (Aldo Grasso, ”Corriere della Sera” 30/3/2006).