Varie, 26 febbraio 2002
FISICHELLA
FISICHELLA Domenico Messina 15 settembre 1935. Politologo. Politico. Eletto al Senato nel 1994, 1996, 2001 con An (lasciata nel novembre 2005 in disaccordo con l’approvazione della riforma costituzionale detta Devolution), nel 2006 con la Margherita. Ministro dei Beni culturali nel Berlusconi I (1994-1995) • «Professore monarchico, raro esperto di de Maistre, messinese, dritto e impettito come un militare, galantuomo autentico con tanto di certificato del buon tempo antico, cavaliere dei buoni modi, uomo tutto d’un pezzo, di quelli che una volta produceva solo la provincia […] Benché sia diventato un oppositore implacabile e intransigente della maggioranza di cui fa parte, nessuno dei rimproverati gli controrimprovera mai nulla, perché tutti rimangono incantati dal suo pensiero con le ghette, dai suoi umori gozzaniani, dalla sua capricciosa inattualità. Addirittura, nella sua An, sono in tanti che, come Storace e Gasparri e La Russa, considerano un onore i rimbrotti di questo loro dandy fatto in casa, di questo campione di Kultur. E così alla fine non c’è nulla da fare, la sua opposizione non viene mai presa sul serio, ma è accolta come un tic del nonno, un vizio vezzoso, un viaggio nel tempo. Fisichella, per esempio, è monarchico come non lo sono gli eredi dei Savoia, diventati ormai molto più borghesi di lui. Questi Savoia sono - direbbe, se amasse le impertinenze – ”la vetta della oclocrazia”. E invece il professore, quando presiede il Senato, lo sente ancora ispirato dai re, e le sedute, con lui, diventano balletti di conversazione, momenti di vita inimitabile, si incoronano persino le parole e talvolta non ci si dà del ”lei” ma dell’’Ella”, e sempre senza macchiettismi, perché tutti gli riconoscono il cuore, la disinvoltura, l’ingenuità dell’uomo di studio e l’aristocrazia dello spirito. E gli perdonano quel pizzico di boria che sempre c’è in chi ritiene di saperne di più e di capirne di più, di avere dentro ben altro che la malattia della politica, d’essere sacerdote di essenze, di sostanze che non si modificano. Davvero poco importa, persino, che la sua opposizione così intransigente sia sospettata di risentimento, perché Berlusconi gli negò quella presidenza del Senato alla quale teneva più di ogni altra cosa. ”Mi onoro - disse – d’essere escluso da cotale compagine”. Il risentimento rinfacciato non può essere rinfacciato a Fisichella perché è proprio il risentimento che Fisichella è chiamato a rappresentare, vale a dire tutti quei valori antichi che sono risentiti perché maltrattati, obliati, deturpati: dalla monarchia al galantomismo, dalla buona lettura al rispetto per l’educazione e per il sapere. Disarmato da tanta grazia, il professore non ferisce neppure quando spiega che la sola devoluzione che conosce e riconosce come dottrina con un ”corpo” è quella medioevale, cioè l’esatto contrario di quanto sta avvenendo, perché nei tempi belli della monarchia premoderna si intendeva appunto per ”devoluzione” la restituzione alla Corona delle proprietà e dei poteri periferici vassallatici. Non gli ha nociuto neppure l’aver difeso Cofferati che è portatore di carisma sociale, ed è dunque di famiglia perché ”monarca delle tute blu”. E neppure si sono arrabbiati quando ha denunciato il governo perché ”tagliare i soldi all’università è sintomo di ignoranza al potere”. vero che in Senato, quando parlano i suoi sodali, si mette le mani nei capelli, e dice che ”nelle case dei berlusconiani si trovano tanti bei libri, ma neppure uno che sia un vero libro”. Ed è pure vero che ha pubblicato con La Nuova Italia un volume intitolato ”Il denaro e la democrazia” che è un ariete teorico contro i convincimenti più profondi e più sentiti di Berlusconi. […] Durezze certo. E tuttavia l’implacabile Fisichella resta il più innocuo degli oppositori, l’oppositore che soffia nel vento, il professore pirandelliano che predica ai cappotti. Insomma Fisichella è il disgustato, ma con rispetto parlando» (Francesco Merlo, ”Corriere della Sera” 11/12/2002).