varie, 26 febbraio 2002
FITTO Raffaele
FITTO Raffaele Maglie (Lecce) 28 agosto 1969. Politico. Ex presidente della Puglia (2000-2005, sconfitto da Nicky Vendola). Eletto alla Camera nel 2006 e 2008 (Forza Italia, Pdl). Ministro degli Affari regionali nel Berlusconi IV (2008-2011), dimissioni (respinte) il 30 marzo 2010 dopo che il suo candidato alla presidenza della Puglia, Rocco Palese, era stato sconfitto da Vendola (lo aveva imposto a chi gli avrebbe preferito Adriana Poli Bortone, i cui voti, sottratti al centrodestra, si rivelarono decisivi). Nel giugno 2006 il gip Giuseppe De Benedictis ne chiese l’arresto con l’accusa di aver intascato dal gruppo Tosinvest una tangente da 500 mila euro destinata al suo partito “Puglia prima di tutto” (Regionali 2005) • «[...] l’uomo del quale Silvio Berlusconi si compiaceva a tal punto da definirlo “un mio prolungamento”. Il più giovane governatore italiano [...] ha avuto la carriera segnata dalla morte almeno due volte. La prima, nell’estate del 1989, quando il papà Salvatore, presidente democristiano della Giunta pugliese, rimase vittima di un incidente stradale. La seconda, nel 1999, quando scomparve improvvisamente Pinuccio Tatarella, uomo simbolo della svolta di Alleanza nazionale e volto popolare del centro-destra in Puglia. In mezzo, la scomparsa della Dc, travolta da Mani pulite. Il giovane Raffaele, guidato dall’intelligenza di mamma Leda e dagli amici del padre, ha saputo occupare tutti questi spazi vuoti. Un talento che a metà degli anni Novanta spinse Massimo D’Alema addirittura a tentare di traslocarlo nel centro-sinistra. Ma il campioncino di Maglie disse di no e alle regionali del 2000 sconfisse il magistrato diessino Giannicola Sinisi, che era sottosegretario agli Interni. D’Alema in persona, nonostante all’epoca fosse presidente del Consiglio, s’impegnò a fondo in una campagna elettorale disastrosa. Dove la serietà di Sinisi e le capacità di governo di D’Alema, in un trionfo di auto blu e forze dell’ordine schierate ai comizi, furono percepiti dall’elettorato come una miscela triste e vagamente minacciosa. Così, forte del 54 per cento incassato, Fitto potè dire di aver battuto nientemeno che D’Alema. [...]». «Già all’età di 5 anni divideva gli amici d’asilo infantile in correnti: quelli vicino alla finestra erano di sinistra, quegli altri che stavano attaccati al muro erano di destra, e in mezzo i democristianetti come lui. […] È figlio d’arte, anche suo padre è stato presidente della Giunta regionale. È carino, ha il ciuffo, ed è già un bel pezzo di democristiano. È noto alle cronache recenti per voler chiudere reparti ed interi ospedali. Gli è sembrato molto bello ricordarlo ai concittadini, casa per casa» (Antonello Caporale, “la Repubblica”, 30/8/2002). «[...] “[...] per me la politica è una professione; credo di avere le capacità per fare dell’altro, però è questo che mi piace [...] a 19 anni, dichiarai che avrei fatto il presidente della Regione Puglia”. Nel nome del padre. Al posto del padre. “Avevo festeggiato il compleanno il giorno prima e anche quella sera, come le due precedenti, sarei dovuto andare via con lui, mio padre. E invece...”. Quella sera, il 30 agosto 1988, Salvatore Fitto, presidente della Regione Puglia, morì in un incidente stradale. “E io forse per la rabbia che avevo in corpo, forse perché non capivo come la vita potesse cambiare dalla sera alla mattina a quel modo, decisi e dissi che avrei seguito l’impegno di mio padre. Ancora me li ricordo i sorrisi tra il dispiaciuto e il compassionevole che ricevetti quel giorno, a colpi di ‘povero ragazzo’. Però, risultati alla mano, un po’ di sassolini me li sono tolti, scoprendo per giunta quali fossero gli amici del presidente Salvatore Fitto e quali i veri amici di mio padre. Anche se capire quello che avevo in testa allora, mi rendo conto, non era facile”. E ti credo. Tutto poteva sembrare il ragazzo Fitto meno che il leader di domani. Veniva da un liceo scientifico da gaudente turbolento (“sì, ero un po’ rissoso e capopolo durante gli scioperi”), con tanto di storiche scazzottature [...] “Ogni anno mi bocciavano il latino o fisica. E sempre e comunque in matematica. Ho passato estati angoscianti a studiare numeri: sempre sui libri a rimediare, prendendo lezioni private dal professor Puzzovio. [...]” [...] un cammino universitario, facoltà di legge, che sarebbe stato gonfio di stenti: due tentativi per passare economia politica, tre per diritto commerciale, quattro per procedura penale. [...]» (Cesare Fiumi, “Sette” n. 11/2001).