varie, 26 febbraio 2002
FO
FOÁ Arnoldo Ferrara 24 gennaio 1916. Attore. «Uno dei volti storici della prosa e della tv italiane. [...] famosa voce robusta ma leggermente roca» (’Corriere della Sera” 2/2/2001). «[...] stato in scena con Benassi, Ricci, Gassman, la Ferrati, Randone, la Pagnani e tanti altri, ed è stato diretto da Visconti, Strehler, Ronconi e Squarzina, fino a Vacis. Non è solo attore: ha scritto drammi, commedie, romanzi e raccolte di poesie. [...] ”Mai avuta supponenza, superstima di me. Non mi ritengo importante o intelligente. La mia voce mi dà fastidio. Faccio quello che so fare, per piacere agli altri, e magari a me. Vivere è doloroso, e ti salva solo l’amore. Ma la società è tremenda [...] Fui espulso nel 1938 dal Centro Sperimentale di Cinematografia. Ma me la ridevo delle restrizioni razziali. Uno della polizia ogni settimana mi chiedeva ’Voi avete una cameriera ariana? una moglie ariana?...’ e alla fine ’Ma ’o vulisse ’o cafè?’. A quell’epoca ho avuto un’amante generosa che era ’ariana’, figlia d’un giornalista che seguiva sempre il Duce... [...] Dopo la prima commedia del 1957 Signori buonasera, e dopo Il testimone, ci fu La corda a tre capi che era un copione contro la dittatura. Un romanzo politico è stato La costituzione di Prinz, su un paese dove un partito non può governare oltre tre anni” [...] Visconti? ”Fuori del teatro fu un’intesa difficile ma rispettosa. Un giorno lo incontrai su un ponte di Roma, attorniato dai suoi fedeli, e mi chiese perché non gli telefonassi: risposi che se aveva bisogno di me mi poteva chiamare quando voleva. Io non cerco consensi [...] Come uomo posso aver sbagliato, come attore sono gli altri a doverlo dire. [...]”» (Rodolfo Di Giammarco, ”la Repubblica” 247172006). «[...] Ha attraversato tutto lo spettacolo del secondo Novecento: prosa, rivista, opera, doppiaggio - è stato la voce di Jean Gabin - e poi radio, televisione, cinema (con Blasetti, Losey, Minnelli, Orson Welles). Negli anni Sessanta, caso unico nella storia della discografia, è entrato nella classifica dei top ten con un disco di poesie di Garcia Lorca, unendo grandi numeri e massimo della qualità. [...] Foà sa bene che una carriera è fatta di alti e bassi: c’era una volta un ragazzo ebreo buttato fuori dal Centro sperimentale di cinematografia a causa delle leggi razziali, e poi un certo Puccio Gamma, che con lo pseudonimo si guadagnava la giornata da sostituto, girando da un teatro all’altro [...] Forse è fatto di un misto di rigidità - una disciplina da travet, ha sempre detto che un attore è come un medico o un ragioniere - e di inventiva: ha usato la sua inconfondibile voce in tutti i modi. Non è mai stato diplomatico: sparava sul teatro d’avanguardia quando andava per la maggiore; faceva il presentatore aggressivo, ”cattivo”, quando la tv era ancora un ossequioso tinello di famiglia; difendeva l’intrattenimento quando l’impegno, per un artista, era il massimo; attaccava la retorica dell’antifascismo in piena nouvelle vague resistenziale. [...] ”[...] Nel teatro c’è sempre stata molta confusione, è difficile individuare delle linee. Ma il disordine è nella natura del teatro, e forse è bene che sia così. Il teatro è un moribondo che non può morire. L’uomo è attore dalla nascita: un bambino sa che deve piangere per ottenere qualcosa, e dunque recita. [...] A me piace che il teatro sia finzione assolutamente vera all’occhio dello spettatore. Altrimenti è inutile. Ho sempre pensato che bisogna attenersi al testo ed entrare nell’anima dei personaggi: io lavoro così. Quelli che prendono Shakespeare e lo rifanno a modo loro non mi sono mai piaciuti [...] Anche Ronconi, di cui si parla tanto: mai condiviso le sue grandissime messinscena, tutti quei miliardi buttati nella mondezza. Non si può spendere così tanto in teatro. [...] ho letto l’annuncio [...] della fine della guerra nel 1945. Avevo le lacrime agli occhi, stavo piangendo [...]”» (Annamaria Guadagni, ”liberal” 2/12/1999).