varie, 26 febbraio 2002
FOA
FOA Renzo Torino 10 marzo 1946, Roma 9 giugno 2009. Giornalista. Diresse Paese Sera, l’Unità, Liberal • «[...] figlio del mitico Vittorio e della mitica Lisa, personaggi fondamentali della storia della sinistra italiana, lui stesso direttore di un’edizione dell’’Unità’ molto apprezzata, culturalmente e politicamente coraggiosa [...] ha saltato lo steccato, sta con quelli di Forza Italia e scrive per il ”Giornale”, quotidiano di Paolo Berlusconi. Voltagabbana doc, adulatore principe del nuovo potere. [...] ”Ho trovato un fax di Indro Montanelli del dicembre 1991, quando lui dirigeva il ”Giornale’ e io l’’Unità’. C’è scritto: ”Caro Foa, tra le tante cose su cui dobbiamo metterci d’accordo è, ogni tanto, di non essere d’accordo su qualcosa, altrimenti saremmo sbranati dai nostri’. Voltagabbana è una parolaccia, non mi piace, presuppone l’idea del nemico [...] Alle regionali del 2000 ho capito che era giusto scommettere sull’altra parte. Mi fidavo più del Polo. Avevo già scritto qualcosa sul ”Giornale’ [...] Ho partecipato in modo militante a una sinistra che non c’è più. Sono scomparsi anche i nomi. La differenza tra quello che penso io e quello che alla fine è diventata la sinistra è grande [...] Io con questa sinistra non ho nulla a che fare [...] Oggi essere di destra o di sinistra non è un problema di contenuti ma di appartenenza in un contesto militarizzato [...] Nella sinistra ci sono un sacco di persone che dicono cose giuste e sensate. Ma non hanno ascolto. Francamente è un po’ patetico fare il tricheco [...] espulso dal branco che insegue i suoi latrando: attenzione, non andate là che vi infrangete sugli scogli. stato Cacciari a inventarsi la storia del tricheco: ”Non resto nei Ds a fare il tricheco’ [...] A 14 anni ero in Fgci. Poi sempre nel Pci. E nel Pds, fino al ”94 [...] Sono nato a Torino ma sono sempre stato a Roma, prima al Testaccio, poi alla Garbatella [...] Elementari alla Montessori e alla Cesare Battisti. Alla Montessori trattavi il maestro da pari a pari. Alla Battisti il maestro picchiava i bambini con la bacchetta [...] Andammo in quell’orrendo palazzo dei deputati, vicino a Piazza dei Navigatori, una cooperativa di parlamentari. Nella mia scala c’erano Nenni, Parri, Pertini, Walter Audisio, Lizzadri, Giovanni Leone, La Malfa. Nelle altre Pastore, Longo, Giolitti, Mannironi, Amendola, Lelio Basso, Di Vittorio [...] Era una classe dirigente che viveva molto spartanamente. Nenni aveva una 1100 [...] Ricordo che ero amico di Stefano Giolitti, che giocavo a pallone nel cortile con Giorgio La Malfa, che la bellona era Anna Giolitti, che andavamo a vedere la televisione da Armida Lizzadri, che alle cinque del pomeriggio mi piazzavo per strada per farmi dare un passaggio in città da Sandro Pertini, puntuale come un autobus. Il liceo? Visconti. Ambiente moderato di destra. Con Stefano Giolitti facevamo una rivista ciclostilata che si chiamava Argomenti e pareri. Avevamo un’alta considerazione di noi stessi [...] Normalmente uno ha i figli gruppettari. Io avevo il padre gruppettaro. Non era una famiglia pesante. Era piuttosto sciolta. Ognuno la pensava a modo suo. Padre sinistra socialista, madre iscritta al Pci, sorella maggiore, Anna, con simpatie trotzkiste, io Fgci, sorella minore, Bettina, destinata per generazione al ”68. Io sono sempre rimasto nel Pci. Mio padre è passato per il Psiup, il Manifesto, il Pdup, questa estrema sinistra sempre terremotata, prima di arrivare nel Pci come senatore indipendente. Mia madre si avvicinò a Lotta Continua dove era uno dei punti di riferimento [...] quando le funzionarie di Botteghe Oscure votarono il comunista più sexy li battei tutti. Arrivai primo, davanti a Sansonetti, D’Alema e Veltroni [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” 10/7/2002) • «Da direttore fece l’’Unità” più interessante che ci fosse mai stata, ma la fece uscire nell’unica volta della sua storia con un’imbarazzante prima pagina bianca: Francesca Mambro e Valerio Fioravanti erano stati assolti dalla Corte d’appello di Bologna per l’omonima strage. Essendone pentito, non lo dice. Lo dirà. Ha lavorato con Enrico Deaglio al ”Diario”. Essendone pentito, non lo dice. Né lo dirà. Lavora con Ferdinando Adornato a ”Liberal”. Siccome lo pagano bene, non lo dice. Prima o poi scoppierà. Quando ridiede vita al fantasma di ”Paese sera”, siccome non lo pagavano, piantò lì e lo disse. un signore ma pratico. Andò in tivù con Arturo Diaconale, ex fascistone, per dimostrare tra i primi che i nemici non erano più nemici ma avversari. Praticamente non lo disse, purtroppo parlò l’inumanità dell’audience. Lavorando al ”Giorno” di Paolo Liguori ne fu naturalmente una delle firme. Firma oggi, firma domani, il suo garantismo gli procurò dei guai, se ne andò e prese una liquidazione più bassa di quella di un suo amico meno prestigioso di lui. Non l’ha mai mandata giù, per cui, in privato, lo dice» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 17/10/1998).