Varie, 26 febbraio 2002
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Fonda Peter
• New York (Stati Uniti) 23 febbraio 1940. Attore. La sua biografia fa capire «quanto sia scomodo, man mano che il tempo passa, essere stato il simbolo di una stagione: per scrollarsi di dosso il peso di Easy Rider - anche se, c’è poco da fare, per noi tutti resta Capitan America - ci ha impiegato tre decenni e un sacco di altri film, nessuno dei quali però si è imposto alla memoria come quello. Carriera legata in grandissima parte a un solo titolo, cognome segnato per le platee di tutto il mondo dalla memoria paterna e dalle alterne gesta della celebre sorella» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 9/9/2001) • «Con Easy Rider travolgemmo ogni regola e scatenammo le ire degli studi, che odiavano me e Dennis Hopper. Solo Jack Nicholson se l’è cavata. A Hollywood pensavano che volessimo fare una rivoluzione: ci chiamavano giacobini. Il governo posso capirlo, ma perché Hollywood aveva tanta paura di noi? Certo, allora solo in certi film europei trovavo qualcosa di interessante. Ma per noi erano anni molto eccitanti. C’era nell´aria in quei tempi un’atmosfera rivoluzionaria: Hollywood era pronta per essere reinventata, la vecchia guardia aveva perso il contatto con il pubblico, soprattutto i giovani. Ed ecco che arriviamo noi, giovani e pieni di idee che la vecchia generazione non capiva; mentre i giovani ci capivano benissimo, e non a caso hanno subito amato Easy Rider. E non eravamo soli: tanti film all’epoca andavano fuori dalle regole, film come Bonnie and Clyde, per esempio. Ma Easy Rider era speciale perché noi protagonisti facevamo davvero parte della generazione del sesso, droghe e rock’n roll. Quando andammo a Cannes con quel film non sapevano come prenderci: io, Dennis e Jack avevamo i capelli lunghi, fumavamo spinelli, bevevamo, eravamo come i personaggi del film, e la gente impazziva per noi. Il movimento del cinema indipendente di oggi non sarebbe esistito senza i registi di quegli anni. [...] Il cinema americano di oggi è ripetitivo, tutti girano un remake di tutto. Io insegno media e arte del teatro all’università di San Diego e parlo agli studenti di film come I migliori anni della nostra vita di William Wyler, del 1946, e loro non hanno idea di cosa dico. Grazie a Dio, io quel film l’ho visto. Quello sì è un film che dovrebbero rifare!» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 27/1/2003).