26 febbraio 2002
Tags : Maurzio Fondriest
Fondriest Maurzio
• FONDRIEST Maurizio. Nato a Cles (Trento) il 15 gennaio 1965. Ciclista. Campione del mondo 1988, ha vinto nel 1993 Milano-Sanremo, Freccia Vallone, campionato di Zurigo e Coppa del Mondo. Una tappa al Giro del 1993 (ottavo nella classifica finale), una tappa al Giro del 1995. «Di lui s’è sempre detto che era un po’ bambino, anche dopo la vittoria nel campionato del mondo. [...] Campione del mondo a soli 23 anni. Una volata sporca tra il belga Criquielion e il canadese Bauer, con il primo a rotolare lungo le transenne, il secondo impaniato con lui e il giovane trentino che li infila di astuzia. Quella vittoria è stata la sua gioia e la sua dannazione. A limitarla, a toglierle lo spessore del successo e della consacrazione, c’era quella maledetta caduta degli avversari, a un passo dallo striscione. E, forse proprio per questo Maurizio Fondriest è diventato l’uomo dell’eterna conferma che non arrivava mai. Un imbuto psicologico che negli anni ne ha frustrato il sicuro talento. Stagioni su stagioni stiracchiate, vittorie piccole piccole. Altro che il ”nuovo Moser”. Ma, se una dote (fra le tante) occorre riconoscere [...] è la caparbia volontà. L’ ostinazione montanara (lui è di Cles, Trento, Val di Sole) con cui ha affrontato anche i periodi più neri [...]» (Eugenio Capodacqua, ”la Repubblica” 21/3/2003). «[...] Era giunto fra i professionisti nell’87, accompagnato da una fama eccellente. Una quarantina di vittorie, alcune di caratura. stato forse il dilettante meglio pagato per fare il salto di categoria fra i ”pro”: circa 150 milioni, dicono, nell’87. Un ingaggio con l’Ecoflam di Primo Franchini di cui si cominciò a favoleggiare un anno prima e che gli costò una possibile vittoria al Giro d’Italia dei dilettanti dell’86. Dopo aver vinto tre tappe gli si rivoltarono contro i veneti attaccandolo in massa in una tappa (a Livorno) e staccandolo in classifica. Per una questione di premi, dicono. Grande talento, ma mai presente ai grandi appuntamenti, così lo dipingevano i tecnici. Poi il trentino aveva avuto il suo grande acuto quel giorno a Renaix quando, dal litigio a colpi di spalla fra il canadese Bauer e il belga Criquielion, era riuscito a cavarne una splendida maglia iridata. Doveva essere l’inizio del decollo, invece a quell’exploit seguì un lungo periodo di ”surplace”. Che lo costrinse addirittura a cercar gloria all’estero nella Panasonic di Peter Post. Ma sempre senza grandi acuti. [...]» (Eugenio Capodacqua, ”la Repubblica” 18/3/1003).