Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 26 Martedì calendario

FORATTINI

FORATTINI Giorgio Roma 14 marzo 1931. Vignettista. Di ”Panorama” e del ”Giornale”. Lanciato da ”Paese Sera”, ha lavorato anche per ”Repubblica”, ”Espresso”, ”Stampa” • « la notte del 13 maggio 1974, la notte del referendum sul divorzio. In via dei Taurini a Roma, nella redazione di ”Paese Sera”, il grafico Giorgio Forattini è seduto al tavolo e sta mettendo a posto le pagine. Interrompe il suo lavoro e porta un foglio al caporedattore Sandro Curzi. un disegno: una bottiglia di champagne con il tappo che salta. Il tappo ha la faccia di Amintore Fanfani. la prima vignetta che Paese Sera pubblica in prima pagina ed è la consacrazione di Forattini che fino ad allora avevo pubblicato solo qualcosa su ”Panorama” e aveva diviso la sua vita tra mille lavori, dall’operaio al direttore di una casa discografica. Lì comincia la sua carriera di editorialista senza parole, come lo chiamavano i tipografi di via dei Taurini. [...] ”Da critico da sinistra a filogovernativo, tragitto non facile per chi fa satira”, sintetizza Sandro Curzi che ancora ricorda la telefonata di Giancarlo Pajetta per una falce rosso sangue disegnata dalla mano di Forattini sulla prima pagina di ”Paese Sera”: ”Giorgio era libero di fare quello che voleva e spesso le sue critiche al Pci colpivano nel segno”. La più diretta arrivò nel dicembre 1977, quando già era passato a ”Repubblica”, dopo uno storico corteo dei metalmeccanici: Berlinguer in vestaglia prende il tè in casa e si concede anche il vezzo del mignolo alzato: ”Fu quello – ricorda Paolo Guzzanti, allora inviato di ”Repubblica” [...] – uno degli episodi che fece venire a galla la frizione tra chi, come noi, veniva da una storia radicale e libertaria e chi, come buona parte del giornale, seguiva l’ortodossia del Bottegone”. Ancora oggi c’è chi non ha dimenticato le furiose litigate nella stanza di Eugenio Scalfari con le pubbliche rappacificazioni del giorno dopo. Mentre la vignetta su D’Alema che sbianchettava la lista Mitrokhin gli costò una querela da 3 miliardi, poi ritirata dopo le scuse di Forattini, quando D’Alema divenne premier. ”Lo implorai di non andare alla ”Stampa’ – dice ancora Guzzanti – perché sapevo che sarebbe stato un pesce fuor d’acqua in un quotidiano lastricato di resistenzial-azionismo piemontese, disegnato dalla Fiat come camera di compensazione fra l’industria, il sindacato e il Pci. ” [...] Anche Corrado Augias ha lavorato per anni con lui: ”Le vignette del suo ultimo periodo alla ”Repubblica’ – dice – erano considerate inadatte al giornale perché animate non da spirito satirico ma da acredine. Non era una questione politica ma di satira che supera il limite quando invece di esagerare un difetto reale lo inventa di sana pianta. Berlinguer in vestaglia è caricatura, D’Alema che sbianchetta la lista della Mitrokhin è invenzione. Negli ultimi tempi doveva sempre aggiungere una didascalia alla sua vignetta: il disegno non bastava più e questo è un sintomo di debolezza. Quel Berlinguer in vestaglia non aveva bisogno di una parola”» (Lorenzo Salvia, ”Corriere della Sera” 12/1/2005) • «Ho cominciato a quarant’anni. Prima facevo il rappresentante di commercio nel Sud Italia. Bisogna pensare che se non si vende non si mangia, così ho imparato a raccontare le barzellette, talvolta anche a essere umiliato quando la gente non comprava i miei prodotti. Vivevo a Napoli, vendevo prodotti petroliferi. Mi ero sposato giovanissimo, avevo bisogno di soldi e giravo con una Seicento attraverso l’Italia […] Amavo disegnare, ma non potevo vivere dei miei disegni; mio padre, che era direttore dell’Agip prima di Mattei, non voleva che io facessi l’artista ma preferiva una carriera solida come quella di banca. Però io cominciai a studiare teatro all’Accademia, dove c’erano anche Sofia Scicolone e Lina Wertmueller che studiava regia. Per mantenermi ho fatto anche l’operaio a Cremona. Avevo ventun’anni. […] Ho partecipato a un concorso per un nuovo personaggio a fumetti per ”Paese Sera”: era il 1969. Vinsi il concorso ed entrai come grafico a ”Paese Sera” […] La prima vignetta satirica politica fu su ”Panorama” nel 1973. Mi scoprì Gianluigi Melega. Poi, ”Paese Sera” si accorse che il suo grafico era anche il Forattini che faceva le vignette e così mi proposero di farle sul giornale. Erano gli anni di Nixon e di Paolo VI. Le prime vignette che ebbero grandissimo successo furono quelle del giorno della vittoria del referendum sul divorzio il 13 maggio 1974. Quando nacque ”Repubblica”, nel dicembre 1975, Scalfari mi chiamò per occuparmi della grafica del giornale. Nel primo numero feci una vignetta nella pagina interna dei commenti. Nell’aprile 1982, passai alla ”Stampa”, con il direttore Giorgio Fattori che mi mise in prima pagina. Mi ha richiamato Scalfari mettendomi in prima pagina anche lui. Poi mi fece entrare all’’Espresso”, diretto da Valentini, dove stetti per tre anni […] Sono pieno di querele e di denunce. Cominciò con Craxi, poi De Mita, perché sono permalosi. Con Scalfaro ho querele di ogni tipo […] Faccio un mestiere che mi piace molto e ritengo che non stare in redazione, poter viaggiare, lavorare da qualsiasi parte del mondo sia straordinario […] Sono laico e non dico nemmeno ”Vorrei credere”. Posso farne a meno. la mia coscienza che mi guida» (Alain Elkann, ”La Stampa” 13/6/1999) • «Il bruco Veltroni verde-giallo. Il gerarca D’Alema in divisa verde e stivali neri. Mickey Mouse-Amato con scarpe gialle e braghe rosse. Una pudibonda Emma Bonino nuda, dal roseo incarnato. Le ”toghe rosse” (ovviamente) dipinte di rosso. […] Il più famoso tra i disegnatori satirici nostrani […] Sa suscitare entusiastici consensi e invincibili repulsioni. Divide (e impera). In ogni caso fa discutere, lascia il segno. […] Fazioso? un’accusa ricorrente, da parte della sinistra impietosamente presa di mira. Certo non nasconde le sue opinioni, e le necessità satiriche lo portano talvolta a calcare la mano. Però la sua intrinseca capacità di spiegare le situazioni, e qualche volta di anticiparle, anche al di là delle intenzioni, non ne viene intaccata» (Maurizio Assalto, ”La Stampa” 31/5/2002) • «Unico e inimitabile. Una volta ha disegnato una tazzina da caffè con la faccia di Andreotti e un’altra volta Craxi con gli stivaloni. Non viene in mente altro, di suo, anzi, sì, Spadolini. E questo per una precisa ragione: è un tizio che alla fine riconduce tutto a pertugi, sodomie e pipì. Bill Clinton gli ha fornito una variante gustosa: ritratto al telefono in un momento di enfasi lewinskyana, ascolta distrattamente una telefonata di Romano Prodi (che pensa all’Ulivo universale) muggendo: ”Yeah, yeah, yeah…”. […] A Natale, gli uomini da niente regalano panettoni, agende, penne e libri di Forattini. Tuttavia, poiché da sinistra lo pagano, ma anche lo attaccano, ciascun liberale non può non assumere una posizione coraggiosa e obbligata: attaccarlo anche da destra, così da schiacciarlo in mezzo» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 17/10/1998) • Nel 2001 l’ex premier Massimo D’Alema rinunciò a una richiesta di risarcimento di 3 miliardi per una vignetta sul caso Mitrokhin (lo rappresentava intento a sbianchettare la lista degli agenti del Kgb in Italia): «L’ammetto, ero angosciato da questa lunga vicenda che non finiva mai. Si sa, in Italia il diritto d’ironia non è regolato dal codice. C’è solo la diffamazione, prevista dal codice Rocco. Tutto è nelle mani dei giudici» (’la Repubblica” 31/3/2001).