Varie, 26 febbraio 2002
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Foreman George
• Marshall (Stati Uniti) 10 gennaio 1949. Ex pugile. Fu campione del mondo dei pesi massimi • «Un gigante di 120 chili per 1,96 che è stato campione del mondo dei pesi massimi, che ha chiuso la carriera nel 1997. [...] Grande personaggio ”Big George”, unico al mondo. Nella lunga carriera professionistica iniziata nel 1969 si è concesso una pausa durata dieci anni per diventare pastore predicatore. Accadde dopo l’incontro perso con Jimmy Young nel marzo 1977. Foreman ha così descritto quella metamorfosi dell’anima: ”Dopo l’incontro con Young ho raggiunto lo spogliatoio deciso a smettere. Ho avuto un segno, una visione di Gesù Cristo. In quel momento ho capito quale era la via da seguire”. Alle sue spalle, l’oro alle Olimpiadi del Messico, poi l’inizio dell’attività professionistica: 38 vittorie e una spaventosa serie di Ko. Campione del mondo dei massimi a 24 anni battendo Joe Frazier. Corona difesa contro Roman e Norton, per poi cederla il 30 ottobre del 1974 a Muhammad Ali sul ring di Kinshasa (Ko all’ottavo round) in un match storico perchè considerato una ”guerra di religione” tra due neri, uno musulmano e l’altro cristiano, appunto Foreman. ”Avevo tutto il pubblico contro”. Dopo dieci anni, come detto, ha deciso di risalire sul ring. ”Ho fondato la mia Chiesa a Houston e con i canti e le parole ho cercato di avvicinare la gente a Gesù Cristo. La boxe e la mia attività pastorale conciliano. Combatti l’avversario, non sfidi Dio. [...]”. Il tema religioso è sempre stato nel cuore di Foreman. Dopo un’altra serie di successi, a 42 anni affronta il ventinovenne Evander Holyfield allora campione mondiale che lo batte ai punti. Ma la carriera dell’uomo ”guidato da Dio” è senza fine. Testardo, fiducioso del suo Dio, Foreman entra nella storia e diventa il campione mondiale più vecchio: il 5 novembre del 1994, a 45 anni, supera per Ko Michael Moorer. Difenderà il titolo in quattro occasioni per poi perderlo nel 1997 contro Shannon Briggs. Ha chiuso la carriera con un record di 76 vittorie (68 prima del limite) e 5 sconfitte. Big George è diventato un personaggio molto amato. entrato nelle case degli americani. Merito anche della ”George Foreman Grill”, un grill che cuoce senza grassi. Nell’ottobre 2003 è entrato ufficialmente nella World Boxing Hall Of Fame. Non parla bene di Tyson. ”Se ha fatto qualcosa per la boxe? Io dico che la boxe ha fatto tanto per lui”. sposato con Mary, dalla quale ha avuto dieci figli, cinque maschi e cinque femmine. Freeda George è l’unica che ha intrapreso la carriera pugilistica con scarso successo. George ha avuto un’infanzia sofferta. A 12 anni era al centro di Fifth Ward, il ghetto della sua città. Già gigante a quell’età, se ne stava sul marciapiede e pretendeva venticinque centesimi a chi gli passava davanti. Poi spendeva tutto al bar» (Teo Betti, ”Il Messaggero” 9/1/2004). «Campione del mondo dei pesi massimi ai tempi di Nixon e della guerra in Vietnam [...] proveniente dal sud depresso, Foreman non ha fatto altro nella vita: andare contro tutto e tutti. Soprattutto i pregiudizi. Quando 19 anni ce li aveva sul serio, vinse l’oro olimpico. Ne aveva da poco compiuti 24 quando divenne campione del mondo per la prima volta, battendo Frazier a Kingston, in Giamaica. A 27 divenne pastore predicatore: lo decise nello spogliatoio, dopo la sconfitta subita da Jimmy Young. A 39 celebrò il suo primo milione di dollari accumulato come imprenditore di un’azienda che produce griglie elettriche per hamburger. A 46 vendette l’azienda ad una multinazionale ricavando una cifra iperbolica (si parla di 600 milioni di dollari) e un contratto come testimonial. Ogni domenica, caschi il mondo, alle sette in punto della mattina, George appare a The Church of Jesus Christ di Lone Oak, Houston, e arringa i fedeli con sermoni al fulmicotone [...] ”Dicono tutti che sono matto. Invece sono innamorato della vita e voglio godermela perché vengo da un posto in cui, a 5 anni, l’unica cosa che ricordo era l’assillo di dover trovare qualcosa da mangiare. Ero ignorante, pensavo che Lyndon Johnson fosse il presidente del Texas, e tutto quello che sono lo devo alla boxe”» (Riccardo Romani, Corriere della Sera” 11/2/2004). «Quel giorno lì lo ha cambiato per sempre. Quel giorno lì ha cambiato la sua vita, quella di Alì, quella della boxe. ”Alì, bomaye”. Per questo nessuno ci tiene a dimenticare. Quel giorno lì, 30 ottobre 1974, Kinshasa, Zaire. George Foreman salì sul ring con la faccia di chi deve sbrigare una pratica. Era il più forte, il favorito, il più potente nel fare male. Imbattuto: 40 successi di cui 37 knockouts, nessuna sconfitta. I suoi ultimi otto incontri non erano durati più di due round. Derideva i suoi avversari: ”Non pensano a vincere, ma solo a non farsi male”. Finì male per lui, quella notte. L´eroe era un altro. Lui restava a terra, ammaccato, perdente. Alì, era ancora campione del mondo, dieci anni dopo il successo su Liston. Si muore sempre un po´ per poter vivere, no? […] Era uno di quei pugili brutti, sporchi, cattivi. Un ragazzaccio, un bullo, molto ignorante. ”Non firmavo autografi, per darmi arie”. Un maleducato. A Red Smith, giornalista del ”New York Times”, disse: ”Ti dico io quando farmi domande”. E agli altri: ”Fate in fretta, il mio tempo è prezioso”. ”Acquistai una Cadillac, perché i ricchi dovevano averne una. Poi mi chiesero: e la Rolls non ce l´hai? Non sapevo cose fosse, ma la comprai. Mi parlarono di un pastore tedesco. Presi anche quello, per 21 mila dollari, una fortuna”. Nel ´77 a Portorico perse con Jimmy Young: ”Per la prima volta sul ring sentii puzza di morte. Un orribile odore, difficile da scordare”. Foreman nell´86 si ritirò, ma si accorse di non avere più un soldo in banca. ”Avevo fallito, ero un fallito”. Oggi è un signore distinto, che tiene segreto il suo peso, che ha 28 automobili in garage (Bmw, Lamborghini, Porsche), che colleziona vecchi orologi, che fa il commentatore sportivo per l´Hbo spostandosi su un jet privato, che ha un ranch a Mashall, in Texas, con una scuderia di stalloni, che sta costruendosi una nuova villa, appena fuori Houston. Era un bullo, è diventato un predicatore; era un disgraziato, è diventato un miliardario; era un pugile, è diventato un businessman delle cucine, ha venduto nel mondo più di 50 milioni di grill. nato e rinato mille volte. E ogni volta ha trovato modo per sorridere: anche se tutti dicevano: di quel grassone non c´è da fidarsi. Nel ´95 Foreman aveva appena battuto a 45 anni Michael Moorer, diventando campione Wba e Ibf dei massimi, quando a Las Vegas incontra Leon Dreimann, un signore che ha un´azienda di prodotti da cucina e ha necessità di promuovere un grill per cuocere cheeseburger. Racconta George: ”Con Dio mi trovavo bene, ero felice. Predicavo tre volte al giorno, sulla mia vecchia Ford Fiesta, mangiavo cheeseburger e panini al pesce fritto. Una pacchia”. Dreimann, il tipo che ha inventato il grill dietetico gli chiede: le va di fare il testimonial pubblicitario. Alla fiera dove Foreman si presenta, arrivano in duecento ad ascoltarlo, lui parla per tre ore e mezza, nessuno se ne vuole andare. Il giorno dopo, pure: tutti vogliono l´autografo. Foreman non è più quel fesso, finito ai piedi di Alì. Ma un venditore eccezionale. Si accorda: avrà il 45% degli introiti. E finisce a fare dimostrazioni da Macy´s, celebre grande magazzino di New York, non sul ring, ma in cucina: a fare grigliate con il figlio. Per convincere meglio il cliente, Foreman si mette a mangiare in diretta. Un successone, in tutti i sensi. I suoi conti mensili cominciano a salire: da 5 a 100 mila dollari. Il giorno in cui perde ai punti con Shannon Briggs nel ´97 è contento lo stesso, ha appena guadagnato una percentuale di 1 milione di dollari. Dreimann gli offre di comprare il suo nome, per 137 milioni di dollari. Solo Michael Jordan e Tiger Woods hanno contratti pubblicitari così alti. Foreman all´inizio dice no, poi cede. Ora che è alla quinta moglie, che ha un gruzzolo rispettabile, che non è più il bandito che era da ragazzo, ci tiene a tornare sul ring. Per l´anniversario della sua disfatta. Perché lui quel giorno da Alì ha capito: si può rinascere, se solo ti metti un po´ alla guida del tuo destino» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 19/2/2004).