varie, 26 febbraio 2002
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Frigo Dario
• Saronno (Varese) 18 settembre 1973. Ciclista. L’8 giugno 2001, mentre occupava il secondo posto nella classifica del Giro d’Italia a 1’’ dal leader Gilberto Simoni, venne licenziato in tronco dalla Fassa Bortolo perché durante il blitz dei Nas a Sanremo (avvenuto nella notte tra il 6 e il 7) era stato trovato in possesso di sostanze dopanti: due fialette con l’etichetta Emassist (che a successive analisi si rivelarono in realtà contenenti acqua e sale), oltre a medicinali e siringhe. Quattro giorni dopo, interrogato dall’allora capo della Procura antidoping del Coni, Aiello, e da due marescialli del Nas di Firenze, Frigo ammise le sue responsabilità, tanto che Aiello definì il suo atteggiamento collaborativo. Il 28 dello stesso mese, venne sentito a Firenze dal pm Luigi Bocciolini, titolare dell’inchiesta penale. Le conseguenze disciplinari del caso non si fecero attendere: il 27 luglio Aiello chiese 6 mesi di sospensione per il corridore, richiesta che l’11 settembre venne accolta dalla Disciplinare della Federciclo. Ma l’Unione ciclistica internazionale ritenne insufficiente la sanzione comminata a Frigo, che nel frattempo aveva trovato un accordo per il 2002 con la Tacconi Sport: la squalifica, che doveva scadere l’8 dicembre, venne allungata fino all’8 marzo 2002, diventando pertanto di 9 mesi. Frigo tornò a correre il 10 marzo alla Parigi Nizza e il 16 vinse sul Col d’Eze. «Dopo tante notti in bianco — disse quel giorno — so di essere quello di prima». Fin quando, il 13 luglio 2005 lo cacciarono anche dal Tour, dopo che la moglie era stata trovata con la macchina piena d’Epo (“La Gazzetta dello Sport” 14/7/2005). «[...] “biondino” ex “faccia d’angelo”, era passato fra i pro nel 1995, e, dopo qualche stagione di rodaggio, aveva conquistato simpatia e ammirazione vincendo la Parigi-Nizza e il Romandia del 2000 [...]. Poi, il Giro del 2001 in cui aveva vestito per ben nove giorni la maglia rosa guadagnando ancor più consensi. [...] nel blitz dei Nas, che a Sanremo setacciarono l’intero plotone, ci finì anche lui, secondo in classifica al momento. Cerotti al testosterone, siringa usata con gh, l’ormone della crescita e delle strane fiale, marcate “Hemassist”, una emoglobina sintetica acquistata (così spiegò lui, successivamente) attraverso Internet e che poi si rivelò addirittura fasulla: acqua e sale, una fregatura. Il varesino dapprima negò (“Avevo quei prodotti, ma non li usavo”), poi ammise di essersi fatto saltuariamente delle iniezioni di epo da solo. Fu squalificato (nove mesi) e subito licenziato dalla squadra secondo l’adagio un po’ ipocrita, diffuso nel gruppo: “Se ti dopi ne paghi tu le conseguenze” [...] Scelta ipocrita, perché si sa benissimo che l´atleta è l´ultimo anello della catena. Consapevole e colpevole, ovviamente. Ma è il sistema attorno che fa acqua da tutte le parti. A cominciare dai test. Se la moglie di Frigo aveva davvero epo con sé, vuol dire che qualcuno intendeva usarla in corsa (10 fiale, destinate tutte al varesino?). Ma vuol dire anche che, controlli o meno, si può assumere epo anche durante la più importante corsa a tappe, in barba all’antidoping “ormai avanzatissimo e infallibile” [...] Il direttore sportivo Giancarlo Ferretti [...] si stracciava le vesti, gridando al tradimento. Però fu proprio lui, un manager che già in passato è incappato in spiacevoli episodi di doping (al Giro del 1997 gli sequestrarono una borsa piena di anabolizzanti che giustificò con l’uso personale per risolvere problemi della sfera sessuale: e Frigo non è il suo primo atleta coinvolto) a rivolerlo con sé, dopo una stagione passata dal varesino nelle file della Caldirola. Nel 2003 Frigo è tornato a vincere in Spagna; ma il suo 2004 è stato disastroso per problemi fisici. [...]» (Eugenio Capodacqua, “la Repubblica” 14/7/2005).