Varie, 26 febbraio 2002
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Fujimori Alberto
• Lima (Peru) 28 luglio 1938. Politico. Presidente del Perù dal 1990 al 2000 quando, anche se eletto per un terzo mandato, fu costretto a lasciare il Paese e rifugiarsi in Giappone travolto dagli scandali. Tra le accuse: aver corrotto alcuni deputati dell’opposizione. Nel novembre del 2000 va in Giappone per una visita di Stato e da lì manda una lettera di dimissioni al presidente del Parlamento, Valentin Paniagua. Dal 2000 è ricercato in Perù per violazione dei diritti umani. Sul suo capo pende dal marzo 2003 anche un mandato di cattura internazionale. anche ricercato per omicidio e sequestro. Arrestato in Cile nel novembre 2005. «[...] padre e padrone del martoriato stato sudamericano per un intero decennio (’90/2000) e accusato dalla giustizia del suo paese di corruzione e crimini contro l’umanità (oggi vive in esilio in Giappone). [...]» (Klaus Davi, ”La Stampa” 14/4/2005). «[...] nell’aprile del ’97, ordinò di uccidere tutti i guerriglieri Tupac Amaru che avevano occupato l’ambasciata del Giappone a Lima per farsi poi fotograre accanto al cadavere del leader, Cerpa Cartolini. [...] nel novembre 2000, ancora presidente, fuggì improvvisamente dal Perù per esiliarsi ”spontaneamente” nella patria dei suoi avi, a Tokyo. [...]» (Omero Ciai, ”la Repubblica” 8/11/2005). Interdetto «[...] dalle cariche pubbliche fino al 2011 per le 21 cause a cui deve rispondere nel suo Paese. Per corruzione, 15 milioni di dollari usciti dalla casse pubbliche e girati alla sua anima grigia Vladimiro Montesinos per comprare canali tv, deputati dell’opposizione, giudici e militari durante i 10 anni e mezzo del suo mandato (1990-2000). Ma anche per sequestro di persona e omicidio per i crimini commessi dagli squadroni della morte nelle periferie poverissime di Lima o per le torture agli oppositori politici. Senza parlare dell’esecuzione sommaria per i militanti Tupac Amaru che presero in ostaggio nel 1997 gli ospiti di un ricevimento all’ambasciata giapponese di Lima. Quando ordinò l’intervento dei gruppi speciali dell’esercito il Chino diede l’ordine preciso di liquidare i ribelli. Almeno cinque di loro furono freddati a rivolta finita con un colpo alla nuca in fila indiana. [...]» (Emiliano Guanella, ”La Stampa” 8/11/2005). «[...] Per presentarsi candidato [...] aveva contraffatto il certificato di nascita. Non era figlio di giapponesi emigrati, anch’egli era nato [...] in Giappone. Nulla di male ma, per la Costituzione peruviana, bisogna essere nati nel paese per diventare presidenti. Dunque iniziò con una bugia, e con un reato, l’avventura politica del professore di agraria [...] in Giappone qualche credito da esigere ce l’ha. Non fosse per aver liberato, armi in pugno, l’ambasciata del Sol Levante a Lima dai guerriglieri Tupac-Amaru che l’avevano occupata [...] Furono giorni di gloria quelli. Fujimori metteva la parola fine al terrorismo e si ergeva a ”liberatore”, a ”salvatore della patria”. ” vero -ammetteva lui stesso - forse sono un dittatore ma ho sconfitto il terrorismo”. E la classe media peruviana, la stessa che lo aveva eletto nel ’90 e rieletto cinque anni dopo, affascinata proprio dai suoi modi spicci e dalle sue ricette semplici, si spellava le mani per applaudirlo. D’altra parte non era stato lui ad arrestare, tre anni prima, Abimael Guzman, leader di Sendero Luminoso, la più sanguinaria delle guerriglie sudamericane, e a liberare il paese dal terrore? Ma, passato il terrore, la società peruviana si era ritrovata a che fare con un presidente che aveva deciso di perpetuarsi a qualsiasi costo e che, per questo, aveva trasferito i compiti dell’apparato di intelligence dall’antiterrorismo ai suoi ”nemici”, fossero essi giornalisti, industriali o politici. Di questo s’era occupato il suo braccio destro, Montesinos, passato armi e bagagli dalla caccia con ogni mezzo dei guerriglieri a quella degli oppositori di Fujimori. Fino alla farsa delle ultime elezioni, quelle vinte tra mille dubbi contro Alejandro Toledo. E Toledo, rinunciando al ballottaggio perché non c’erano le garanzie di un voto limpido, l’aveva detto: ”Non durerà un anno”. La profezia dell’’indio” era azzeccata. durato meno. scappato prima. Tra la caduta di Montesinos e la fuga in Giappone, le ha provate tutte per uscire di scena degnamente. Per dirigere lui la transizione. Non c’è riuscito. Soprattutto perchè ha perduto l’appoggio della Casa Bianca [...] e perché non è riuscito a liberarsi dall’abbraccio mortale con il suo ex braccio destro. Ma da cosa fugge davvero Fujimori? Forse da quel milione di dollari che il fratello di Pablo Escobar, il famoso narcotrafficante colombiano ucciso nel ’93, dice di avergli consegnato per vincere le elezioni e da tanti altri affari del genere» (Omero Ciai, ”la Repubblica” 20/11/2000).