varie, 26 febbraio 2002
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Galli Filippo
• Monza 19 maggio 1963. Ex calciatore. Adesso responsabile del settore giovanile del Milan • Dopo una stagione al Pescara in C1, ha giocato per quattordici anni nel Milan. Nel 1996 è passato alla Reggiana e nell’estate del 1998 è stato trasferito al Brescia. Nel 2001/2002 ha giocato nel Watford, prima divisione inglese (la nostra serie B), allenato da Gianluca Vialli. Con il Milan ha conquistato cinque scudetti (1987/88, 1991/92, 1992/93, 1993/94, 1995/96) e dodici trofei: tre coppe dei Campioni (1988/89, 189/90, 1993/94), due coppe Intercontinentali (1989, 1990), tre supercoppe Europee, quattro supercoppe italiane. Non ha mai giocato una partita ufficiale con la nazionale maggiore, per la quale è però stato convocato in due occasioni. Ha disputato invece sette partite con la maglia azzurra della Under 21 e otto con quella della nazionale olimpica. Ha partecipato alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984. Partita della vita: «La finale europea del 1994 ad Atene, quando battemmo il Barcellona per 4-0. Giocai l’intera partita, mentre nelle finali precedenti contro Steaua e Benfica ero stato utilizato solo per pochi minuti». Difensore, dice che l’attaccante che lo ha messo più in difficoltà è stato Paolo Rossi: «Me lo ricordo ancora come un incubo per la sua incredibile capacità di smarcarsi» (Mario Gherarducci, “Corriere della Sera” 10/3/2001) • «Definito negli anni Novanta da Silvio Berlusconi “il giocatore che meglio rappresenta lo stile Milan”, ora si accontenta di vestire i panni dell’uomo copertina per la Pro Sesto. Ma chi gliel’ha fatto fare? “Mi ero fortemente ripromesso di smettere, prima che Stefano Eranio mi chiamasse e mi invitasse ad accompagnarlo in quest’avventura. Avevo così voglia di continuare a giocare che ho accettato subito l’offerta. Nella mia carriera avevo sperimentato tutte le serie, mi mancava solo la C2, eccomi qui a Sesto San Giovanni. È una soluzione comoda che mi consente di rimanere vicino a casa, a Monza. Così anche la mia famiglia non è costretta a traumatici traslochi”. […] Dopo aver fermato Romario nella leggendaria finale di Coppa dei Campioni del ’94, come ci si può emozionare al pensiero di cancellare Giaretta, centravanti del Thiene? “Il segreto è la profusione del medesimo impegno in ogni circostanza. Le motivazioni si trovano dentro se stessi, mica nel blasone della squadra per cui si gioca. Io mi trovo bene anche a Sesto, dove ci sono i pensionati che giocano a carte nel bar dello stadio”. […] L’esperienza inglese è stata entusiasmante: vivevo a Londra vicino a Vialli, Wiltord, Henry. Ho conosciuto persone di nazionalità differenti e un nuovo modo di intendere il calcio. Abituato ai tatticismi di casa nostra, nelle prime partite tendevo a tenere un po’ troppo la palla. Giù fischi, allora ho compreso che i tifosi inglesi volevano vedere un gioco d’attacco. Comunque vorrei sfatare un mito: il campionato inglese non ti allunga la carriera, come si dice qui in Italia. È un torneo duro dal punto di vista fisico, dove se non sei al meglio della condizione atletica vieni surclassato. Ad ogni modo rifarei tutto e, se mi offrissero un lavoro, anche da dirigente, in Inghilterra ci tornerei di corsa”.[…] Ho accantonato il progetto di una carriera legata alla procura dei giocatori. Ho sostenuto l’esame di idoneità ma non sono stato promosso, perciò a ottobre mi iscriverò al corso base di allenatore. Così, per aprirmi una porta in più, perché in realtà mi piacerebbe un ruolo manageriale. Il sogno è quello di diventare responsabile di un settore giovanile, perché è con i ragazzi che si costruisce il futuro di una squadra”» (Monica Colombo, “Corriere della Sera” 12/9/2002).