Varie, 26 febbraio 2002
GALLIANI
GALLIANI Adriano Monza 30 luglio 1944. Imprenditore. Vicepresidente vicario del Milan, che ha condotto al successo in sette campionati (88, 92, 93, 94, 96, 99, 04), cinque Champions League (89, 90, 94, 03, 07), due Intercontinentali (89, 90) ecc. • «All’inizio della storia bisogna immaginare un bambino di nome Adriano Galliani, immaginare la sua faccia come ce l’ha adesso però bonsai, forse le stesse occhiaie, l’identica carnagione biancastra (la pelata magari no, e neanche la cravatta rigorosamente gialla), bisogna immaginare il Gallianino sulla spiaggia ciottolosa di Arenzano, Liguria. Gli piace il balùn. il 4 luglio 1954. Il piccolo Adriano scopre che quella sera, a Genova, in piazza De Ferrari, trasmetteranno in diretta la finalissima della Coppa Rimet tra Ungheria e Germania su maxischermo, forse il primo di tutti i tempi. Invece di marinare la scuola Gallianino bigia la vacanza, salta su un autobus, fila a Genova, s’intruppa nella folla, pianta i suoi occhioni dilatati sul pannello rettangolare bianco e nero e si gode il trionfo a sorpresa dei tedeschi. Rientrerà alla pensione Mariuccia di Arenzano a notte inoltrata, accolto da una gragnuola di ceffoni di papà e mamma. Adriano era scappato, in fondo e nella sostanza, per una faccenda di pallone e tivù. Tu chiamale, se vuoi, vocazioni. Ancora tele e balùn, nove anni dopo. Ora il giovane Galliani è in attesa di Milan-Benfica, finale di Coppa dei Campioni 1963. Wembley. Lontanissimo. Niente diretta Rai, allora lui scappa di nuovo: emigra per qualche ora a Chiasso con gli amici, e si guarda la finale alla tivù svizzera. Ancora non lo sa, ma nella sua vita ha spalancato la porta un altro destino, sotto forma di emittente straniera. Lo capirà all’età di anni trentacinque, esattamente il 31 ottobre 1979, quando il telefono squilla e dentro la cornetta c’è Lui, Berlusconi. ”Verrebbe a cena domani?”. Parleranno di antenne, ripetitori, tivù svizzera, Capodistria, Rai e cocuzzoli della montagna. Dopo, sarà tutta un’altra vita (anche per noi, da questa parte del video). Il padrone del pallone, il presidente della Lega e prossimo presidente del Milan, il multiforme braccio snodato di Silvio Berlusconi, il suo parafulmine e paragrane, l’inventore del campionato spezzatino, il nemico di Sensi, l’amico di Giraudo, insomma Adriano Galliani nasce all´anagrafe il 30 luglio 1944, ma la sua vera data di nascita è quell’altra: primo novembre 1979, Ognissanti, San Silvio soprattutto. Fino a quel pomeriggio, colui che sarebbe diventato lo Zio Fester del calcio era una specie di antennista di lusso. Dopo avere provato a sfondare nel settore citofoni senza particolari risposte, e dopo avere gestito uno stabilimento balneare a Vieste sul Gargano, località raggiunta ogni fine settimana in Fiat 500, stando a malapena a galla, Galliani acquista la società Elettronica Industriale ipotecandosi l’appartamento. Produce ”apparati di ricezione”. In buona sostanza, antenne. Ma ha capito che le televisioni nazionali cambieranno il mondo: la scintilla si accende guardando la Svizzera (di nuovo) e Capodistria, che in quegli anni già trasmettono a colori mentre la Rai, secondo lui, ”è un mortorio”. Veramente, la pulce nell’orecchio gliela infila suo padre (quello naturale, non Berlusconi), già segretario comunale a Lissone, che qualche anno prima aveva conosciuto uno svizzero, tale ingegner Barbuti, capace di spalancargli tutto un universo fatto di antenne, tralicci, ripetitori, concessioni, segnali, programmi in rete. Il futuro, probabilmente. Papà Galliani si mette in movimento e acquista montagne, proprio. Appalta cocuzzoli, attività che Adriano amplierà su scala industriale, vendendo i suoi apparati di ricezione e spostando la tivù svizzera fuori frequenza: chi voleva tornare a vederla, doveva acquistare i magici aggeggi dell’Elettronica Industriale. Un trucchetto un po’ da banditi. Infatti, commenta Galliani: ”Non vorrei che sembrasse una storia troppo piratesca e fare la figura di uno di quei baronetti inglesi che erano stati corsari”. Per evitare il rischio, un sistema c’è: non abbandonare la prima carriera. La famosa cena con Berlusconi gli permette di piazzare un’idea e il 50 per cento della sua società. Quello che Rusconi, Rizzoli e Mondadori non avevano capito, Berlusconi lo afferra al volo. ”Caro Galliani, noi due insieme faremo una televisione più forte della Rai”. Poi, certo, non è mancata qualche grana: come l’oscuramento dei canali Fininvest da parte dei pretori nell’85, perché molti dei vecchi cocuzzoli non è che fossero tanto legali. Ci avrebbe pensato Craxi a sanare tutto, anche se Galliani ama ripetere: ”Le nostre tivù non le riaccese lui, ma i telespettatori che volevano continuare a vedere Dallas”. Quando nell’86 Berlusconi compra il Milan, ci piazza il suo antennista di fiducia perché il progetto è globale già alle origini. Non importa se Galliani è un cripto-tifoso juventino (’Beh, in Brianza una certa passioncella bianconera è diffusa...”): l’allora vice-presidente del Monza diventa subito il telecomando operativo milanista, anche se la prima caduta è terrificante: accade quando Galliani decide di ritirare il Milan dal campo di Marsiglia per via del riflettore guasto. Una figuraccia in eurovisione. Berlusconi dovrà chiedere scusa e l’antennista, come sempre, si prenderà le colpe. Del resto, Adriano Galliani assorbe come una spugna quasi tutte le rogne del suo padrone, come quando fu inquisito per i fondi neri dell’affare-Lentini e dichiarò: ”Sono stato io a gestire tutta la trattativa”, mentre invece era andata come a Marsiglia, quando aveva preso ordini (sbagliati) dal Capo via telefonino. Ma è così che si fa carriera, e il maresciallo Fester ne ha fatta parecchia all’ombra del suo Napoleone. Anche se non riesce ancora a dargli del tu: ” più forte di me”. Il dialogo non ha avuto imbarazzi neppure quando Galliani prendeva una bufala dietro l’altra, da Tabarez a Terim, da Redondo a Chamot. L’unica idea giusta, cioè Zaccheroni, aveva il difetto di essere un po’ troppo comunista, e quello scudetto piegato a sinistra non è tra i più amati del Capo (ma Galliani, fido, si sarebbe comunque occupato di decapitare l’allenatore che aveva prima scelto e difeso). Con Berlusconi, l´ex bambino fuggiasco Adriano non divide solo gloria e grane, ma anche l’abitudine di fare e disfare famiglie. Due matrimoni e altrettanti divorzi (l’ultimo con Daniela Rosati, presentatrice Fininvest di programmi sulla salute, una specie di Lambertucci privée: memorabili i duetti con Teo Teocoli che imitava Galliani a Quelli che il calcio, chiamandolo amore e tesoruccio pochi giorni prima della separazione dal suo tesoruccio vero), una sorella bibliotecaria, tre figli grandi, una si chiama Micol in omaggio alla Micol del Giardino dei Finzi Contini, perché dietro la maschera di Nosferatu e dietro il nodo giallo della cravatta si palesa un´anima romantica. ”Le donne mi piacciono tanto, anche se non ho ancora deciso se preferisco le more, le bionde o le rosse”» (Maurizio Crosetti, ”la Repubblica” 4/9/2002). «Dal 1976 è titolare di una pensione sociale, che ammonta a 223 euro e 83 centesimi e viene accreditata ogni mese sul conto corrente della Banca Antonveneta di Lissone, hinterland borghese di Milano. A 19 anni, subito dopo il diploma, imboccò la stessa strada di papà: pubblica amministrazione. Giovane democristiano, vinse un concorso e, sotto la giunta Centemero, monocolore Dc, fu assunto all´Ufficio di edilizia pubblica. Nel 1963 è già un grande tifoso del Monza, un’ottima forchetta, ma non esattamente un genio del foglio lucido: viene messo a sbrigare pratiche quando in quegli anni il Piano regolatore disegna una città a misura di mattone. Resta in Comune per otto anni, prima di licenziarsi per saltare nel mondo dei citofoni e delle antenne. Non avrebbe mai dimenticato quell’esperienza all’Edilizia pubblica, però. E quei contributi. Tanto che dieci anni dopo, già manager della galassia Fininvest, avrebbe preso al volo una legge del governo Andreotti che certificava: chi ha lavorato in un ente locale, Comune, Provincia o Regione che sia, può riscattare i contributi versati all’Inadel oppure girarli all’Inps e garantirsi una ”Pso”, Pensione sociale obbligatoria. La bontà di questa legge-privilegio fu tale che il governo le diede valore retroattivo e non pretese dai beneficiati neppure un minimo periodo di versamenti. Per ottenere una pensione servono almeno vent’anni di lavoro (allora erano quindici), per usufruire di una pensione sociale bisogna arrivare a 65 anni d’età. Per Galliani no: bastano otto anni di contributi e dall’età di 32 può ottenere l´assegno a vita. Un baby pensionato sociale.Il futuro presidente del Milan ora si difende: ”Non ho fatto nulla per avere questo vitalizio, è arrivato automaticamente. Non potete incolparmi per una legge che beneficia migliaia di persone”. La domanda per la pensione, però, Galliani in realtà l’ha fatta: automaticamente l’Inps non fa scattare nulla. Non c’è traccia degli otto anni da geometra del Comune, nelle biografie diffuse dal presidente del Milan. La sua vita professionale ufficialmente inizia nel 1975, con l´acquisto dell’Elettronica industriale, società che gli garantirà l’incontro fulminante con Silvio Berlusconi, futuro tycoon televisivo. Il periodo al Comune di Monza, però, gli ha garantito a vita, ogni mese, dal 1976, i 223 euro. E ottantatré centesimi» (Corrado Zunino, ”la Repubblica” 4/9/2002).