Varie, 26 febbraio 2002
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Garinei Pietro
• Trieste 25 febbraio 1919, Roma 9 maggio 2006. «Il papà del musical italiano, considerato uno dei personaggi più schivi del mondo dello spettacolo. Dagli anni 60 con Sandro Giovannini ha portato sul palcoscenico del Sistina tutti i migliori attori e le migliori attrici del teatro italiano» (’La Stampa” 27/2/2002) • «’Appartengo a una generazione che, in generale, ha tentato di evitare il cattivo gusto. Previa indagine conoscitiva sui connotati che tale flagello ha oggi assunto, mi piacerebbe continuare a non caderci e a non doverlo subire. Nella vita come in teatro”. Ruvido per metodo, appartato per sistema, appassionato del palcoscenico come nessuno, [...] ma romanissimo e romanista, Pietro Garinei porta con sempre più stoica purezza la corona di re della commedia musicale all’italiana. In tempi di sgomitamenti televisivi, confessioni in diretta, botte da orbi coram populo fra i contendenti dei reality shows che tendono ad emergere individualmente, pratica indefesso il mestiere del teatro. Giocando al contrario, cioè di squadra. ”Confermo e sottolineo. Se sul resoconto giornalistico di uno spettacolo del Sistina non leggo la lista completa dei miei collaboratori, non solo ci resto male, ma faccio osservare la mancanza a chiunque mi capiti sotto tiro. Dagli attori protagonisti fino all’ultimo tecnico, tutta la gente che coopera alla buona riuscita di un lavoro meriterebbe citazione”. Non cede a lusinghe che non siano teatrali: ”Ho sempre pensato, e non cambio idea, che il teatro sia l’unica forma di spettacolo che permette alla gente di stare davvero insieme, di creare la famosa (e misteriosa) entità collettiva. Per ’catturare’ chi guarda, gli altri, quelli che si fanno guardare, spendono tutto: idee, dedizione, fatica fisica e psichica. Insomma, è una faccenda umana, da proteggere con ostinazione”. Ha il Sistina al posto del sangue. Tanto da ”star male” se uno qualsiasi degli spettatori, alla fine dello show, ”esce senza un’espressione contenta sulla faccia”. Arriva ad ammettere che sogguarda e valuta gli umori della sala da un anditino segreto, sconosciuto ai più. Confessa di desiderare un telefonino che gli permetta, ”una volta raggiunto l’aldilà (il più tardi possibile), di sapere se il Sistina ha fatto il ’tutto esaurito’, e anche, in seconda battuta, se la Roma ha vinto, se gli amici si divertono e stanno bene...”. [...] ”In teatro occorrerebbe dire la verità. Ma ormai sembra impresa impossibile. Uno, alla fine, è persino tentato, o costretto, a dar credito alle bugie. Grandi o piccole che siano, te le raccontano benissimo”. Molta nostalgia per l’amico e socio con cui ha fatto ditta per tanti anni: ”Sandro Giovannini, cioè l’altra metà della G&G, l’altra metà del Sistina. Sandro, ovvero l’Amicizia”. Scarsa propensione televisiva: ”Non la amo, la tv, quella di adesso in particolare. Produce il varietà (che una volta si faceva con estrema cura e arrivava in video con una freschezza e una naturalezza commoventi) senza testi scritti. Perché? Perché non si rivolge più agli attori, perché si rimpinza di Grandi Fratelli e Isole dei Famosi , privi di qualsiasi interesse”. Poche aspirazioni, di difficile attuazione: ”Vorrei abolire l’approssimazione. Che non è l’improvvisazione, momento sopraffino dell’arte di un attore. Oggi siamo ricchi di approssimazione. Gli ’improvvisatori’ sono ben altra cosa: Totò, Walter Chiari, Fiorello. Ancora, vorrei non annoiarmi e non annoiare, tenere la noia lontano dal pubblico. Infine, farei a meno dell’invidia, perché non sono invidioso: dalla vita ho avuto tanto, l’invidia non la conosco. Però in teatro esiste. Fra noi, non si riesce mai a pensare che il successo di uno aiuta il successo di tutti”» (Rita Sala, ”Il Messaggero” 3/11/2005).