Varie, 26 febbraio 2002
GARZELLI
GARZELLI Stefano Varese 16 luglio 1973. Ciclista. Vincitore del Giro d’Italia 2000 (un successo di tappa), due tappe al Giro del 2002 (ma fu poi cacciato per doping) e a quello del 2003 (chiuso al secondo posto), una tappa nel 2004 (sesto), due nel 2007, una nel 2010. Nel 1998 vinse il Giro di Svizzera 1998, nel 2010 ha vinto la Tirreno-Adriatico • «Con quella faccia un po’ così: serena. Con quella testa un po’ così: rasata. Con quello sguardo un po’ così: angelico. Con quel nome e cognome un po’ così, Stefano Garzelli: delicato, educato, rispettoso. Il tipico compagno di classe da cui passare i pomeriggi, sicuri di studiare, non dire parolacce e godersi anche una bella merenda. A casa di chi vai? Vado da Stefano Garzelli. Va bene, ma non fare tardi. Delicato, educato, rispettoso esattamente com’è lui, cioè com’è il suo carattere, la sua natura, il suo stile. Garzelli ha stile. La sua Betlemme è Varese, poco originale per chi nella vita sarà destinato a dare il meglio di sé accarezzando i pedali. Un Lombardia-baby da dilettante, e stop. Professionista con la Mercatone Uno, gregario di Marco Pantani, nel 1997, quando il Pirata cade al Giro nella tappa di Cava dei Tirreni, Garzelli lo aspetta e lo scorta fino al traguardo, ai limiti del tempo massimo, ma farà ancora in tempo ad arrivare nono a Milano. Nel 1998 conquista due tappe e la classifica del Giro di Svizzera. Nel 1999 due vittorie non indimenticabili. Nel 2000 una che nessuno dimenticherà mai: il Giro, appunto. Nel 2001 cambia aria, va alla Mapei, vince tappe ai Paesi Baschi e in Svizzera. Nel 2002 cambia vita, perché vince due tappe al Giro, ma è costretto a mollare la maglia rosa: positivo all’antidoping. Undici mesi di squalifica sono eterni. Provate a stare 11 mesi senza timbrare il cartellino, senza respirare l’aria confusa di una redazione, senza fare l’amore, senza vedere il Genoa o la Spal, senza fare quello che vi ispira l’anima, la passione e il lavoro. Perché per Garzelli correre in bicicletta è una prova dell’anima, un atto di passione, con la fortuna di essere perfino pagato. Provate: 11 mesi sono eterni. Maggio 2002, il 17 c’è un sole entusiasta: tappa Fossano- Limone, Garzelli vince ed è il ritratto della felicità. Il 18 c’è una pioggia che sa tanto di nostalgia e caminetto: prima della Cuneo-Varazze, la saletta dell’albergo si rivela troppo angusta per contenere Garzelli e i giornalisti, ma soprattutto le parole e le emozioni. E le lacrime. Stavolta Garzelli ha una faccia un po’ così: distrutta. E uno sguardo un po’ così: insonne. Nella pipì gli hanno trovato tracce di Probenecid, che recitato così potrebbe sembrare una preghiera, o forse un’associazione umanitaria no profit, e invece è un diuretico. Lui è caduto dalle nuvole, e anche dal paradiso, e si è fatto male, giura di non saperne nulla, perde volontariamente la maglia rosa. Poi la squalifica. Garzelli dice che non correrà mai più. Fine. Perché c’è dell’altro nella vita, e sarà certamente più affettuoso, più fortunato, più benevolo. Magari non ci saranno più vette, cime, aria sottile e spumante da primo in classifica, magari ci saranno più pianura e falsopiani, magari alla fine della giornata non ci sarà più lo striscione dell’ultimo chilometro né quello dell’arrivo e della felicità, insomma non si saprà mai se hai vinto o sei hai fatto schifo, te lo dovrai dire da solo, a occhi chiusi quando ti è andata bene, a occhi sbarrati quando ti è andata male. la vita di tutti i santissimi giorni. Ma Stefano Garzelli, come suggeriscono nome e cognome, ha stile. Stacca la spina, va in vacanza, cambia aria e respira, o tira il fiato, come nascosto nella pancia del gruppo. un gruppo anonimo, che non ha il numero sulla schiena. Però c’è chi crede in lui, e lui crede in sé. Ha voltato pagina, finito il capitolo, chiuso il libro. Ha ricominciato a vivere: è un’altra vita. Firma per una nuova squadra, la Vini Caldirola- Sidermec. Torna ad allenarsi con i suoi amici, chiede e ottiene che stiano in squadra con lui. Anche loro nati a Betlemme, pardon, Varese, o giù di lì: Oscar Mason e Dario Andriotto. Scadono gli 11 mesi. Prima del Giro del Trentino, Stefano fa un’eccezione e ai suoi direttori sportivi dice: ”Parto per vincere”. E vince. Poi c’è il Giro, […] Un tipo da doccia più che da bagno, da tè più che da caffè, da Porsche 996 più che da Multipla diesel. Giampaolo Cheula, uno dei suoi gregari, lo descrive così: ”Il bello di Garzelli è che è uno come noi” . Spudoratamente semplice» (Marco Pastonesi, ”La Gazzetta dello Sport” 13/5/2003).