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 2002  febbraio 26 Martedì calendario

GARZÓN Baltasar Villa de Torres (Spagna) 26 ottobre 1955. Magistrato • «Uno dei magistrati più famosi del mondo

GARZÓN Baltasar Villa de Torres (Spagna) 26 ottobre 1955. Magistrato • «Uno dei magistrati più famosi del mondo. All’inizio degli anni Novanta conduce le inchieste sulla corruzione, poi nel ”93 diventa parlamentare socialista. Lasciata la politica, indaga sulla ”guerra sporca” al terrorismo basco e sui desaparecidos con cittadinanza spagnola in Sudamerica, facendo arrestare a Londra l’ex dittatore cileno Pinochet. Dal ”96 indaga su Silvio Berlusconi per le presunte frodi fiscali legate a Telecinco, un’indagine ”congelata” per l’immunità del premier» (’Corriere della Sera” 22/6/2002) • «Il giudice planetario [...] indaga [...] in tre continenti: Sudamerica (Pinochet, i golpisti argentini), Africa (il re del Marocco), Europa (il governo Gonzalez, Berlusconi). multidirezionale anche quando si muove nella geografia politica: un giorno devasta il partito socialista spagnolo, un altro disturba le destre italiana e spagnola; toglie il sonno alle caste militari iberiche e ibero-americane ma non risparmia legnate ai complici dell’Eta [...] Insomma è il magistrato più cosmopolita di quella razza nuova di super-giudici ubiqui che fanno sfracelli degli status quo, e si attirano amori e odi ugualmente forsennati, popolarità e rancori, lodi e maledizioni. Come Antonio Di Pietro, come i francesi Eva Joly e Laurence Vichnievsky [...] Gente di cui in genere si parla solo benissimo o malissimo, a seconda della direzione in cui indaga. [...] viene dall’Andalusia, la provincia più povera della Spagna. Il padre voleva farne un prete. Entra in seminario, ma ne è espulso l’ultimo giorno di scuola, quando lo scoprono mentre corteggia in stile andaluz, con chitarra e serenata, la studentessa di un lico femminile. Con l’ostinazione che è uno dei suoi tratti distintivi, continuerà a corteggiate la ragazza fin quando quella diventerà sua moglie. A Siviglia si paga gli studi universitari lavorando di notte nella pompa di benzina in cui è impiegato il padre. Vince il concorso per entrare in magistratura, e dopo varie destinazioni in provincia e altri concorsi brillantemente superati, arriva, giovanissimo, all’Audiencia nacional, una super-corte che in parte eredità i poteri del Tribunale speciale franchista. [...] si dedica al narcotraffico, con risultati alterni. capace e instancabile. Ma il più grande processo che istruisce finisce con l’assoluzione piena di tutti gli imputati. Poi scopre il GAL, ed è la svolta della sua vita. [...] Tra il 1982 e il 1983 la neonata democrazia spagnola vive la sua prova del fuoco. Al governo sono appena arrivati i socialisti di Felipe Gonzalez, che hanno trionfato nelle elezioni; ma nelle caserme restano i militari di Franco, tutti impuniti per effetto di quel ”patto dell’oblio” che essi hanno imposto alla società spagnola. In pochi mesi la polizia scopre quattro cospirazioni golpiste ordite alll’interno delle forze armate. Nello stesso tempo l’Eta basca ammazza ufficiali di ogni ordine e grado. L’ultimo, un capitano, è sequestrato, torturato e ucciso. A quel punto i generali chiedono al governo mano libera nel Paese basco, insomma tornare ai vecchi metodi, assassinii e torture come ai tempi di Franco [...] nei mesi successivi una banda battezzata GAL, in realtà formata dai servizi segreti spagnoli, torturò e ammazzò presunti complici dell’Eta, In almeno due casi gli uccisi furono vittime di scambi di persona. Dunque Garzón scopre il GAL, apre la porta che nessuno voleva aprire benché a tutti fosse chiara l’origine della banda. Mette le mani su due ufficiali e li manda a processo con un’ordinanza che conclude: resta da ricostruire la catena del comando, i gradi successivi, fino al ”señor X” che era al vertice. Tutti la leggono come un’allusione al primo ministro Gonzalez. Poco dopo il ”señor X” manda a chiedere a Garzón se gli interessa una carriera politica. Lo sventurato rispose. Nelle elezioni dell’89 è candidato del Psoe di Gonzalez, numero due nella lista di Madrid; il numero cinque, il ministro Barrionuevo, era ministro dell’Interno all’epoca del Gal. Garzón viene eletto. Il ”señor X” lo nomina segretario di Stato agli Interni, qualcosa di più di sottosegretario. Non passa neppure un anno quando il ministro degli Interni si dimette in seguito a uno scandalo. Chi lo sostituirà? Garzón spera. Invece il prescelto è un altro giudice, il quale si insedia e dice più o meno al collega: tu sei di troppo. Qui comincia il Garzón 2, la Vendetta. Torna alla scrivania e alle inchieste che aveva lasciato nell’89. D’un tratto trova la porta segreta che conduce all’ex compagno di lista, il ministro Barrionuevo. Secondo sussurri socialisti, Garzón arriva a bersaglio grazie a pezzi di servizi di sicurezza sul libro-paga di un raider della Finanza spagnola, Mario Conde, che sta giocando il tutto per tutto perché ha l’acqua alla gola. L’inchiesta è devastante per il Psoe, che dopo quattordici anni perde le elezioni (’96). Poi Barrionuevo finisce in galera e l’arresto azzoppa definitivamente Felipe Gonzalez. Trionfante, temuto, Garzón prepara altre nemesi. Indaga sugli stermini argentini e cileni, sulla feroce repressione dell’indipendentismo sarawi da parte del Marocco. In tutti questi casi, non solo persegue reati commessi contro cittadini spagnoli, ma applica un articolo di legge per il quale l’Audienca nacional può investigare sui crimini contro l’umanità, quali la tortura e il genocidio, ovunque nel mondo sia commessi. [...] Chi è allora Baltasar Garzón? Se ne potrebbe discutere all’infinito. Se sia mosso da ambizione smodata, da autentico slancio etico, dall’ansia di far dimenticare che egli accettò un posto dal ”señor X” su cui indagava, o da un po’ di tutto questo. Se certe sue presunte alleanze con pezzi di apparati violino lo stato di diritto o se egli applichi la giustizia sostanziale con inevitabile spregiudicatezza. Se sia l’uomo della provvidenza, come credono i suoi ammiratori, o piuttosto uno strumento della Storia, che come è noto non usa strumenti raffinati per portare a compimento i propri processi. Domande simili circondano anche la traiettoria di Antonio Di Pietro. [...]» (Guido Rampoldi, ”Il Venerdì” 6/11/1998).