Varie, 26 febbraio 2002
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Gascoigne Paul
• Gateshead (Gran Bretagna) 27 maggio 1967. Ex calciatore. Cominciò a giocare nel Newcastle nell’84, totalizzando, fra campionato e Coppe, 106 presenze con 22 gol. Passò quindi al Tottenham nel luglio 1988 (92 partite, 19 gol), quindi dal 1992 al 1995 nella Lazio, dove collezionò 43 presenze con 6 gol. Dalla Lazio ai Glasgow Rangers (’95-’98, due titoli scozzesi), quindi al Middlesbrough e, dal luglio 2000 all’Everton. Nel 2002 al Burnley, First Division inglese (la nostra serie B). Cinquantasette presenze con 10 gol in nazionale, dal 1989 al 1998. Terzo ai Mondiali del 1990. Due gli infortuni gravi. Nel maggio ”91 si rompe i legamenti del ginocchio intervenendo fallosamente su un giocatore durante le fasi iniziali della finale di FA Cup Tottenham-Nottingham. Tre operazioni e stop di 16 mesi. Nell’aprile ”94, durante un allenamento alla Lazio, si rompe una gamba dopo un contrasto con Nesta. Un anno di stop. Nel febbraio 2000, si rompe un braccio tentando di colpire con una gomitata un avversario. Due ricoveri in clinica per curare alcolismo e depressione: uno nell’ottobre ”98, l’altro un anno esatto dopo. «Non è uno abituato a piangere, ma quando accade, lo fa in maniera fragorosa. La prima volta fu a Italia ”90, quando la sua Inghilterra fu battuta ai rigori in semifinale dalla Germania. La penultima dopo l’eliminazione dalla FA Cup della sua squadra, i Blues dell’Everton, seppellita da tre gol segnati nel giro di sette minuti dal Middlesbrough. L’ultima quando Gazza ha bussato alla porta degli spogliatoi di Goodison Park per annunciare ai compagni il suo trasferimento al Burnley, in Prima divisione inglese, la nostra serie B: un passo indietro, forse l’ultimo, rispetto alle retrovie della Premier League in cui l’Everton si sta dibattendo. stato un pianto a dirotto, senza freni e pudore, inconsolabile: come quello di un bambino, ha sottolineato un compagno invocando l’anonimato. Al neo-manager dei Blues, David Moyes, Gascoigne l’aveva detto chiaro: ”Non posso stare in una squadra che ha cacciato Walter Smith”. successo proprio dopo la disfatta contro il Boro: Walter Smith è stato mandato via e Gazza, che al coach è legato da un affetto quasi filiale, almeno dai tempi in cui, scaricato dalla Lazio, venne accolto a braccia aperte nei Rangers Glasgow, ha preferito autopunirsi pur di non rinunciare a un briciolo di autonomia: tutti sanno che con Moyes in panca i Blues avrebbero messo le manette al Gazza anarchico e casinista che deliziava Goodison Park. Eppure negli ultimi tempi, ha cercato con tutte le sue forze di scendere da quel ponte di corda che è stata la sua vita. In Italia si dice mettere la testa a posto. In Italia, quando Gascoigne giocava nella Lazio, e Zoff non sapeva più da che parte prenderlo, c’è chi ancora rabbrividisce al pensiero delle sue madornali bravate. Chi lo conosce bene lo descrive come un bambino mai cresciuto, una specie di Peter Pan del pallone senza altro interesse che se stesso, il suo star bene, il suo esagerare nello star bene. Principe della notte, sono migliaia le notti che ha trascorso ovunque fuorchè al posto giusto: lo hanno raccolto nei ristoranti di Trastevere e davanti a struggenti stazioncine ferroviarie disperse nella nebbia londinese; lo hanno accolto, per due volte, linde e costosissime cliniche per la cura dell’alcolismo, rifugium peccatorum di tanti vip britannici, calciatori in testa, traditi dal piacere del gomito alzato e da quella pretesa di impunità che anche in England circonda gli eroi del pallone. Gli hanno perdonato molto, in Inghilterra e fuori, forse esagerando: ma dove hanno provato a usare il bastone, nascondendo la carota, le cose non sono andate meglio. Basterebbe chiedere a Zeman, al quale un giorno Gascoigne rubò il fischietto per metterlo al collo di un tacchino. A Gazza non è mai importato nulla dei soldi, del suo lavoro, del decoro che dovrebbe permeare l’esistenza di qualsiasi personaggio pubblico: quando a calcio giocava da Dio, tutto dribbling, intuizioni, accelerazioni, faceva impazzire un popolo di tifosi abituati alla palla lunga e ai cross dei muscolari robottoni inglesi. Il gallo sopra la monnezza, dicono a Napoli: ma sotto sotto Gazza divertiva e ammaliava anche coloro che, con la bacchetta del maestro di collegio, cercavano di mantenere l’ordine nella classe. A Gascoigne hanno perdonato tutto, anche le vergognose botte alla bionda moglie Sheryl, che un giorno, stanca di stare con Peter Pan, lo mollò portandosi via un bambino (vero) di due anni. Quando si sposarono, nel luglio del ”96, Paul era già la stella dei Rangers, proveniente dalla Lazio di uno Zeman sull’orlo di una crisi nervosa: a Ware, nel nord di Londra, c’era una Cadillac bianco-confetto lunga nove metri a fare da carrozza nuziale e Jimmy ”Cinquepance”, l’amico di una vita, a fargli da guardiaspalle. Quando Sheryl e Paul decisero di separarsi, dopo una memorabile scazzottata semipubblica in un hotel di Glasgow, uno stuolo di avvocati sezionarono per bene i beni di Gazza, destinandone gran parte alla ex moglie. Eppure proprio Sheryl è stata la prima ad accorrere da Paul quando, un paio d’anni fa, si rese necessario il ricovero al Priory Hospital di Marchwood, vicino a Southampton, una clinica da sei-settemila euro a settimana. Gazza ne uscì bene forse per l’ultima volta, vista l’assoluta assenza di nuove mattane da ventiquattro mesi a oggi. Bastano e avanzano, del resto, quelle pregresse, piccole grandi perle di una collezione che i giornali inglesi hanno spesso illustrato con una punta di perverso compiacimento: dai falli autolesionistici da cui è uscito a pezzi (nel ”91 contro Gary Charles, nel ”94 in allenamento con un giovane e ancora sconosciuto Nesta), alle sgangheratezze commesse con i compagni di squadra e di nazionale, come quando, di ritorno da una tournée a Hong Kong, dove già si era segnalato per bagordi inenarrabili, semidistrusse la cabina-business di un Boeing della Cathay Pacific. Ma indimenticabili sono anche le prodezze con cui ha deliziato i tifosi: c’è chi ha imparato a memoria la sequenza della punizione da 35 metri che si infilò come un siluro nella porta dell’Arsenal nel ”91, o dell’altro gol segnato ai Gunners dribblando mezza difesa con il piede destro vestito del solo calzettone. O certe partite in nazionale, come quella giocata nelle qualificazioni per Francia ”98 contro l’Italia di Maldini. Gazza ha indossato la maglia della nazionale in 57 partite, segnando 10 gol: l’ultima presenza ufficiale a Casablanca, in un’amichevole senza arte nè parte che però segnò il suo destino. Infatti, a sorpresa, l’allora c.t. Hoddle lo depennò dalla lista dei Mondiali. Paul, naturalmente, accolse malissimo la notizia, come testimoniano le suppellettili d’albergo distrutte da un invincibile accesso d’ira. A quasi 35 anni, senza un visibile filo di grasso e con un buon ranking nella rosa dei giocatori dell’Everton (era secondo nelle valutazioni dei giocatori), ecco l’ultima follia di mollare la grande ribalta per vendicare in piena estasi autolesionistica uno sgarbo all’amico allenatore: l’avrebbe fatto il Gazza dei primi anni al Newcastle o al Tottenham, ma lo ha fatto anche il Gazza più stagionato ormai avviato alla pensione. Qualche lacrima, due smorfie e un volo a planare nel nuovo paese dei balocchi» (Claudio Colombo, ”Corriere della Sera” 17/3/2002).