Varie, 26 febbraio 2002
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Gattuso GennaroIvan
• Corigliano Schiavonea (Cosenza) 9 gennaio 1978. Calciatore. Del Milan (squadra con la quale ha vinto nel 2002/2003 Champions League e Coppa Italia, nel 2003/2004 lo scudetto, nel 2006/2007 un’altra Champions League, nel 2010/2011 un altro scudetto). Con la nazionale ha vinto i mondiali 2006, nello stesso anno è giunto 14° nella classifica del Pallone d’Oro • «“Gattuso sindaco” stava scritto sulle magliette dei rossoneri durante la festa bipartisan, Champions League e Coppa Italia a San Siro -, vale la pena di chiarire qualche concetto. Innanzitutto piantiamola con la storia del figlio del Sud che lascia il paesello e trova riscatto nel calcio. "Non siamo mai stati ricchi, ma nemmeno poveri". [...] E poi smettiamola con quel soprannome, Ringhio, "che era diventato un altro nome, tutti mi chiamavano così e mi è sembrato che a un certo punto si esagerasse". Nell’attesa della fascia tricolore, Gennaro Ivan Gattuso ha provveduto a tatuarsi "campioni" sull’avambraccio. È l’idolo dei compagni e della curva. Con un’importante consapevolezza: "Ai miei tifosi piaccio molto, agli altri molto meno". Papà Gennaro, maestro d’ascia come il nonno a Corigliano Schiavonea, nella provincia di Cosenza affacciata sul Mar Ionio, l’ha scolpito nel legno e di quella materia Gennaro ha mantenuto, nel bene e nel male, le stesse ruvide proprietà. La resistenza: "Nessuno, a 25 anni, ha corso quanto me". L’attaccamento alle radici: "Sono orgoglioso di essere un uomo del Sud. Conosco le difficoltà dei giovani a trovare lavoro, la delinquenza, la droga. Nascere al Sud è dura: ci vuole una grande forza di volontà per emergere". La genuinità: "Ho vissuto tutta la vita salendo le scale, sono uno che se perde non ci dorme la notte". E poi ci chiediamo ancora perché Gattuso - alito, polmoni e gambe della squadra campione d’Europa - è il leader proletario del Milan delle stelle e il totem indiscusso della tifoseria? Il centrocampista-operaio non ha una fidanzata-velina (si chiama Monica, scozzese di Glasgow, figlia di un napoletano) e non progetta vacanze da Novella 2000 [...] Una vita da mediano non è sempre come la raccontano nelle canzoni. Quella di Gattuso, il ragazzo che in casa si ricorda di spegnere la luce quando esce da una stanza ("Cosa c’entra se guadagno miliardi?"), è il prolungamento settentrionale dell’avventura del padre Franco, ex giocatore di C2, tosto come Rino, lungimirante abbastanza da organizzare partite lunghe un pomeriggio sulla spiaggia di Corigliano, come porte due bidoni di nafta, "hai voglia le capocciate che tiravamo...". Se Maldini e Costacurta prima di scendere in campo gli ricordano come deve comportarsi, Franco Gattuso è un amico: "Ci sentiamo tre volte al giorno, quando ero a Glasgow mi portava il pesce: lo nascondeva nella borsa del ghiaccio, non so come facesse a non farsi beccare alla dogana"» (Gaia Piccardi, "Corriere della Sera" 2/6/2003). «Detto Ringhio (e anche Davids bianco, o più teneramente Gennarino), ma il soprannome è già di troppo. Basta il cognome ormai, denso e sferzante come un insulto meridionale, a indicare le qualità di mastino faticatore antifighetto che albergano nei piedi e nel cuore di questo ragazzo di Calabria (oltretutto). Qualcosa del genere capitò a Benetti prima di lui, all’incirca nel suo ruolo - ma quanto più anni di piombo quel nome, a ripronunciarlo oggi: profumo di travet implacabili, di nebbia e crudeltà padane, da giallo di Scerbanenco. Altri tempi. Meno difficili forse, se nell’era del calcio-spettacolo e del suoi nuovi progetti di marketing (copyright Berlusconi-Galliani), proprio uno come Gattuso rischia di essere l’unico azzurro ad affondare assieme alla nazionale del Trap (altra storia, invece, quella del Gattuso milanista). Il tiro al bersaglio contro Gattuso in azzurro risale alla partita mondiale contro la Corea. Mandato in campo nel secondo tempo al posto di Del Piero, ebbe l’unico effetto di far precipitare i tifosi davanti alla tv nella più cupa depressione da difensivismo italico. Certo, Gianni Brera ammoniva tutte le cicale che il calcio è attacco ma è soprattutto difesa, e sappiamo tutti - avendo pure letto Brecht - che dietro ogni Pinturicchio e Raffaello ci sarà pure stato un muratore che gli avrà messo su l’intonaco. Ma che noia, che antiquariato, che inutile spreco di metafore: quel pomeriggio Gattuso sbagliò un fondamentale gol davanti al portiere, e fu lì che il destino crudelissimo lo legò definitivamente a doppio filo con la follia del Trap. Sbattuto di nuovo in campo al posto di Di Biagio nel secondo tempo di Italia-Galles, e poi sostituito dopo un quarto d’ora per far posto all’inutilissima terza punta Marazzina, Gattusò è sembrato improvvisamente un amuleto usato, una boccetta d’acqua santa vuota. Una vittima sacrificale, persino. E dire che il legame tra Trap e Gennarino era cominciato sotto i migliori auspici. Il 13 novembre del 2000, l’Italia scende in campo a Torino per un amichevole contro l’Inghilterra. Trap è da poco in panchina. Fa esordire dal primo minuto il ruvido centrocampista del Milan, e lui lo ripaga segnando il gol della vittoria, con dedica speciale alla fidanzata Monica e all’allenatore che “ha creduto in me”. Poi, parlando del suo strepitoso tiro all’angolino alto, dice: “Ho chiuso gli occhi e ho tirato. Ci sono pochi giocatori capaci di piazzare il pallone dove vogliono”. Sottinteso: non certo io. E qui conquista tutti i tifosi poeti, di scuola inglese. Addirittura, il giorno dopo emerge un altro particolare. Gattuso ha preso a male parole Beckham - che giocava la sua prima partita da capitano - caduto in area di rigore italiana. Gli ha detto, all’incirca: “Ehi! Non buttarti! Non sei mica nella tua piscina!”. La lingua non gli fa difetto: Gennarino a 18 anni ha giocato in Scozia, nel Glasgow Rangers (soprannome Braveheart, in Scozia!); ma la battuta sulla piscina, detta a uno che si era appena sposato una Spice Girl, è straordinaria, una dichiarazione di anti-fighettismo splendida. Pochi se ne sono ricordati quando Berlusconi in persona, ricevendo gli azzurri a palazzo Chigi prima della spedizione mondiale, sbertucciò il look del povero Gattuso - stretto nella giacchetta grigia - con la battuta sul parucchiere di Sesto San Giovanni. Fatto sta che da quel giorno in poi, andò tutto male. Sia detto per inciso, due anni prima Gattuso aveva un taglio da caporale di fanteria, e Beckham una rasatura da marine; ai mondiali i due si ritrovarono uno coi capelli lunghi genere primitivo e l’altro direttamente con la cresta. Ma il Presidente tifoso ha grandi responsabilità in questa storia. Due anni prima aveva licenziato Zoff (eravamo quasi in campagna elettorale...) dopo il secondo posto all’Europeo, sostenendo che le cose sarebbero andate diversamente se Zidane fosse stato marcato a uomo, magari dal “suo” Gattuso. Ed è anche questo il motivo che fa spiegare a molti la natura perversa del legame tra Trapattoni e Gattuso: un misto di politica, superstizione, ancien regime pallonaro che poi è - non potrebbe essere altrimenti – un’altra (grande) storia italiana» (Alberto Piccinini, “il manifesto” 19/10/2002).