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 2002  febbraio 26 Martedì calendario

GAUCCI

GAUCCI Luciano Roma 28 dicembre 1939. Imprenditore. Padrone del Perugia (calcio) fino all’estate 2005 (quando lo portò al fallimento) • «[...] Quella di Gaucci è la parabola tutta italiana di un uomo tanto vitale e simpatico da riuscire a gabellare il disprezzo delle regole per eccentrico folclore e vulcanica intraprendenza. Figlio di piccoli proprietari terrieri, il giovane Gaucci molla casa e famiglia per tentare nella capitale i mestieri più diversi, da conducente dell’Atac a gestore di trattoria. I primi soldi forti però arrivano con il business dei cavalli: uomo alla mano e appassionato vero, Gaucci frequenta i guardiastalla dei purosangue migliori e offre loro generose mance per farsi consegnare vasetti della marmellata pieni del loro prezioso seme, con cui poi ingravida buone femmine e ottiene ottimi puledri da mettere in vendita. Una volta guadagnati i primi milioni, Gaucci li reinveste in un’attività sicura come le imprese di pulizia. A dare gli appalti, a Roma, sono infatti amici di amici, boiardi pubblici e privati legati mani e piedi con il giro giusto a cui Gaucci è riuscito ad avvicinarsi in fretta: il démi-monde andreottiano dei Ciarrapico e degli Evangelisti che ha il suo nume tutelare nel cardinale Fiorenzo Angelini, a cui Lucianone è devotissimo. L’impresa di Gaucci è battezzata La Milanese (’Dà un’idea di efficienza”, sostiene il fondatore) ma prende sede a Roma, a due passi dalla stazione Termini, dove tuttora Gaucci ha quartier generale e abitazione. Un appalto dopo l’altro, l’aziendina arriva a 3 mila dipendenti e produce abbastanza utili per consentire a Gauccione di tentare la scalata al mondo del calcio, paradiso di contatti importanti e di comparsate in tivù. Prima entra nella Roma di Dino Viola, poi capisce di non poter aspirare a diventarne il numero uno perché nelle gerarchie andreottiane ci sono uomini piazzati meglio di lui. Allora ripiega sul Perugia, che si compra grazie all’appoggio forte della Banca di Roma, l’attuale Capitalia. Per Luciano iniziano gli anni più belli: allenatori assunti e licenziati a raffica, esibizioni ciarliere al Processo di Biscardi, pantagrueliche mangiate di agnello, anatra e carni rosse alla brace nel castello medievale acquistato a Torre Alfina, dalle parti di Orvieto. Intanto, dopo il primo matrimonio con una coetanea italiana (da cui nascono due figli, Alessandro e Riccardo), si innamora di Iris, una ragazza dominicana che gli regalerà altre due creature. Quindi, in età già matura, s’invaghisce di una compagna di scuola del figlio maggiore, Elisabetta, capello biondo e fisico da Velina. Se la porterà appresso per anni, affidandole anche l’incarico di presidente della Sambenedettese e riuscendo a infilarla come valletta alla Domenica sportiva. [...] Certo, anche negli anni d’oro qualche incidente non manca, come la retrocessione a tavolino del suo Perugia [...] Gaucci si era fatto beccare nel tentativo di corrompere un arbitro regalandogli un cavallo prima di una partita. Ma nel calcio il presidente dimostra di saperci fare, comprando ragazzini sconosciuti dalle serie minori italiane e straniere e rivendendoli a prezzi stellari alle grandi. Memorabile il caso di Mirko Pieri, difensore segnalatogli dal suo più acuto osservatore, Silvano Flaborea: il Perugia lo acquista a 50 milioni di lire per piazzarlo pochi mesi dopo a 16 miliardi. Ma Gaucci porta in Italia anche il giapponese Nakata, rivendendolo due anni dopo alla Roma con gran guadagno, e ripete l’operazione con diversi altri carneadi. Non mancano i colpi puramente mediatici: piazza alla sua Viterbese il primo allenatore-donna del calcio professionistico (Carolina Morace, silurata pochi mesi dopo). Minaccia di far giocare in serie A una bionda calciatrice norvegese ”perché nessuna norma lo vieta ed è una questione di diritti umani”. In una botta di demagogia patriottica straccia il contratto del coreano Ahn colpevole di aver spedito l’Italia a casa durante i Mondiali del 2002. Infine porta a Perugia il figlio di Gheddafi e lo fa perfino giocare un quarto d’ora contro la Juventus. Memorabile la performance di Lucianone [...] quando incita i suoi calciatori a ”giocare alla morte” contro la Juventus per far vincere lo scudetto alla Lazio, società controllata da Capitalia che tiene in pegno anche le azioni del Perugia. La cosa funziona, la Lazio vince lo scudetto e Gaucci esulta per una settimana alla faccia della sua antica fede romanista. Nella sua bulimia calcistico-esistenziale, tuttavia, Luciano inizia a commettere anche qualche passo falso. Si compra il Catania promettendo mari e monti e lo deve rivendere poco tempo dopo sommerso dai conti in rosso. Tenta la scalata al Napoli appena fallito ma viene sconfitto da una cordata più potente, guidata dalla famiglia De Laurentiis. Fa comprare a un suo dipendente l’Ancona e incappa nel primo fallimento completo, con società messa in mora e indagine della magistratura. La Juventus, memore dello sgarbo [...] lo mette nel libro nero. Con il presidente della Figc Franco Carraro è ai ferri cortissimi. Un suo ex giocatore lo accusa di avere la mano pesante col doping: ”Gaucci”, dice, ”riempie il bagagliaio della sua Mercedes di farmaci e poi viene al campo per farceli prendere”. Lui nega, ma i suoi calciatori finiti nelle maglie dei test in quegli anni sono un po’ sopra la media. Il Perugia intanto retrocede in serie B, Luciano ci piange su (’Così ci perdo 50 milioni di euro”) e molla la società in mano al figlio Alessandro. Ma lascia anche una situazione finanziaria disastrosa, con decine di milioni di euro tra stipendi non pagati e tasse mai versate. Anche La Milanese annaspa nei debiti Irpef e Gaucci mette mano a tutti i numeri del suo cellulare per farsi spalmare le tasse. Nel luglio 2005 l’atto finale della parabola pallonara, con la squadra che fallisce la promozione e la società che non riesce più a iscriversi nemmeno al campionato di B per eccesso di rosso nei conti. Il patriarca molla tutto e va ai Tropici, lasciando il figlio Alessandro a gestire il fallimento. [...]» (Alessandro Gilioli, ”L’Espresso” 14/7/2005). «Un passato da ”tranviere, è proprietario de ”La Milanese”, azienda con duemila dipendenti che opera nel settore dei servizi (pulizie). Consigliere della Roma con Dino Viola, è appassionato di cavalli (ha avuto in scuderia ”Tony Bin”). Nel novembre 1991 ha acquistato il Perugia, che ha sempre guidato da ”padre padrone”, malgrado un incidente di percorso (una condanna per illecito sportivo estinta solo grazie ad un’amnistia)» (Annuario del Calcio Mondiale 2000/2001). «[...] l’uomo che sognava di diventare il presidente della Roma (era stato vicepresidente ai tempi di Viola), nel suo genere era un fuoriclasse. Nel lontano 1991 comprò il Perugia e poi con l’aiuto dei figli Alessandro e Riccardo - i fratelli Karamazov del pallone - era stato capace di mettere in piedi una saga che nemmeno Dostoevskij sarebbe stato capace di inventare. L’abilità dell’equilibrista non gli è mai mancata e a un certo punto con poteri sparsi su Perugia, Sambenedettese, Catania e Viterbese era sembrato quasi il presidente del Monopoli, non nel senso della città pugliese ma del celebre gioco di società: solo che sulla casella del parco della Vittoria si è fermato raramente. Eppure solo lui era capace di giocare su sei tavoli contemporaneamente, come alle corse quando puntava sugli amati cavalli. Un geniale giratore di frittate sempre pronto alla guerra. Bravissimo a recitare la parte di sè stesso che era quasi sempre una caricatura. [...] Del resto, nessuno prima di Gaucci era riuscito a sistemare Carolina Morace su una panchina maschile. E nessuno prima di Gaucci era riuscito a trasformare Saadi Al Gheddafi da azionista a calciatore. Grande Gaucci. Al quattordicesimo rigore contro una volta saltò su e cercò di attaccare da solo il pullman degli avversari, ottenendo in cambio il quattordicesimo deferimento e giustificandosi poi in maniera superba: ” stata legittima difesa”. Litigò coi tifosi e non andò più allo stadio. Fu acclamato da un intero popolo ma non riuscì a comprare il Napoli, pur spacciandosi come il trombettiere del Settimo Cavalleggeri che voleva salvare la diligenza dagli indiani. In mezzo liti coi sindaci da Vipiteno a Capo Passero, con la Lega e la Federazione, con gli arbitri e i segnalinee, licenziando allenatori a raffica e innamorandosi solo di Cosmi, che in qualche modo è stato l’ultimo traditore. Per l’uomo che tentò di cambiare il calcio, venne così il crepuscolo. [...]» (Marco De Martino, ”Il Messaggero” 15/7/2005). « una specie di Re Mida del calcio italiano. Quello che tocca lui, diventa oro. [...] ”Lavoro, passione, orgoglio. E poi è utile circondarsi delle persone giuste. Gente che ha fame. Sono questi i miei collaboratori preferiti [...] Nel calcio non esistono frontiere. Dovunque si può trovare un futuro protagonista. Ignoto, ma animato dalla voglia di emergere [...] Basta avere l’organizzazione, non servono tanti soldi. I campionati minori sono un serbatoio inesauribile. E quelli stranieri, meno seguiti dalla concorrenza, a volte inesplorati. Penso a Costa Rica e Africa. Un anno fa il giapponese Inamoto non è voluto venire? Avanti un altro”» (Marco Azzi, ”la Repubblica” 11/6/2002). «Uno non sa mai bene se gli scappa da ridere o se gli sta venendo la mosca al naso: allora, ti salta addosso e ti divora. [...] un bulldozer che spiana tutto, indifferente a tutto. Con una controindicazione per i suoi nemici: è l’uomo più fortunato che abbiamo conosciuto. Tutto quello che tocca diventa oro: calciatori, allenatori, cavalli, il Catania o il Perugia. Ha vinto anche al Super Enalotto: un 5 più 1, due miliardi e 400 milioni, come se ne avesse pure bisogno. [...] Hanno scritto di lui: uno), che è tifoso della Roma, di Andreotti e di Bush; due), che preferisce i cavalli ai calciatori: costano meno e non hanno i procuratori. Beh, non sono luoghi comuni. Luciano Gaucci nasce nel calcio come vice del grande presidente della Roma Dino Viola. tifoso giallorosso da bambino, e da grande s’innamora pure dell’Eterno Giulio, prima di infatuarsi di un altro uomo di pubbliche relazioni come lui, George W. Bush. Sugli spalti del Perugia, nei giorni delle elezioni americane, apparve uno striscione di cui Gaucci va sempre molto fiero: ”Bush for president”. I due non lo sanno, ma devono avere un motto in comune: prima ti meno, e poi ti parlo. [...] Nel 1983, dopo aver festeggiato lo scudetto della Roma mentre faceva il vicepresidente di Dino Viola, acquistò un puledro di 9 mesi per 7 milioni. Il cavallo principe di quell’epoca, Alex Nureyev, era costato 400 milioni, tanto per capire l’affare. Gaucci lo battezzò Tony Bin, ”come un pittore veneto che avevo conosciuto da giovane e che era morto male, in povertà, a Parigi”. Tony Bin diventò fortissimo, nell’88 si aggiudicò l’Arc de Triomphe a Parigi, e vinse in carriera premi per 3 miliardi e 500 milioni di lire, prima di essere ceduto come stallone al magnate giapponese per 7 miliardi. Fate i conti: l’aveva pagato 7 milioni» (Pierangelo Sapegno, ”La Stampa” 24/8/2003).