Marxiano Melotti, La macchina del tempo n. 02/03 febbraio/marzo 2002 pag 23, 28 febbraio 2002
Fino agli anni Quaranta del Novecento, Dresda era una delle più belle città europee. Gli eleganti palazzi rococò affacciati sul fiume che l’attraversa le avevano meritato il soprannome di Atene dell’Elba
Fino agli anni Quaranta del Novecento, Dresda era una delle più belle città europee. Gli eleganti palazzi rococò affacciati sul fiume che l’attraversa le avevano meritato il soprannome di Atene dell’Elba. Nessuno, però, avrebbe immaginato che, in una gelida notte invernale, la città sarebbe stata rasa al suolo. Ciò avvenne tra il 13 e il 14 febbraio del 1945. La seconda guerra mondiale volgeva al termine. All’alto comando militare americano serviva però una prova di forza nei confronti di nemici e alleati. Una miriade di aerei attaccò la città: 245 Lancaster armati di bombe incendiarie, e 529 bombardieri trasformarono Dresda in una palla di fuoco. Al mattino 450 fortezze volanti e un centinaio di agili caccia proseguirono l’opera distruttiva. I bombardamenti continuarono per tre giorni. Le drammatiche fotografie scattate nei giorni successivi testimoniano il risultato: della città non restava pressoché nulla. Alcune fonti parlano di 200.000 morti. Hiroshima ne ebbe meno. Se pensiamo che le macerie delle sole Torri gemelle di New York hanno continuato a bruciare per mesi con il loro fumo acre, possiamo immaginare le dimensioni degli incendi che a lungo illuminarono le notti di Dresda. I sovietici, che occuparono la città, vollero che gli scheletri di alcuni edifici restassero a testimoniare la durezza dei bombardamenti. Poi iniziò la ricostruzione: il teatro dell’opera, le chiese e i palazzi più importanti sono stati riedificati con impressionante scrupolo filologico. Quest’opera, ancora in corso, sarà completata, secondo il governo del Paese, nel 2006, in occasione degli 800 anni della città.