varie, 1 marzo 2002
GEMMA
GEMMA Giuliano Roma 2 settembre 1938. Attore • «L’ex simbolo del western all’italiana Giuliano Gemma non poteva che dare appuntamento in un circolo sportivo. [...] ”All’estero, dal Giappone ai Paesi arabi, ho sempre avuto più popolarità che in Italia. Non solo per Ringo. Quando andai a Tokio per Delitto d’amore di Comencini, chiesi: ma voi che ne sapete di operai e delle incomprensioni tra Nord e Sud? Mi risposero che avevano gli stessi problemi. [...] Io nasco saltimbanco. A 14 anni ero alto 1 e 80, facevo ginnastica però faticavo troppo sugli anelli e mollai per andare al Cral Mattatoio di pugilato a Testaccio. Non avevo abbastanza grinta, non ero pronto psicologicamente, quando salivo sul ring l’emozione del pubblico mi tagliava le gambe. E mi spostai sui tuffi. Quando avevo casa ai Castelli, venivano a trovarmi Verdone, Placido, una volta anche John Huston, si divertivano con la piscina olimpionica e il trampolino da gara. [...] Al cinema cominciai da stunt- man, non so quante volte sono caduto da cavallo. La mia prima battuta come attore nel ”58, per Venezia, la luna e tu con Alberto Sordi, mi chiamava Brando perché diceva che somigliavo a Marlon Brando. Devo molto a Duccio Tessari. Dopo Messalina, lo reincontrai a Porta Portese, ero in divisa, mi chiese: ”Che film stai girando?”. ”Un film che dura 16 mesi, sto facendo il militare’. Mi fece tingere i capelli di biondo platino e mi prese per Arrivano i titani, ero un figlio di Giove, aveva bisogno di un atleta. Da lì è cominciata la mia carriera” [...] Un dollaro bucato e Una pistola per Ringo hanno avuto successo in tutto il mondo. Per non restare prigioniero del personaggio, ho avuto il coraggio di recitare in film con compensi molto bassi. Per Corbari, la storia di un partigiano, chiesi solo i diritti per l’estero. Nessuno ci credeva. Invece lo vendetti bene. Nel Gattopardo faccio un’apparizione, Visconti mi disse che era troppo lungo e tagliò una mia scena con Delon. [...] L’unico intellettuale che si prese il rischio di farmi lavorare fu Zurlini nel Deserto dei tartari. Poi venne Il prefetto di ferro, Monicelli con Speriamo che sia femmina. Non ho rimpianti. Non ho fatto gavetta, ho girato 80 film, sono andato in Costa d’Avorio con una decina di colleghi e tutti venivano da me, io ero a disagio. Arrivano i titani in Africa passa ogni anno in tv”» (Valerio Cappelli, ”Corriere della Sera” 3/1/2004). «Ginnasta, non culturista. La precisazione [...] è gentile ma inderogabile. Lui, ai ”peplum” c’è arrivato in virtù della sua passione per la ginnastica, ”che non ha avuto sbocco agonistico perché nel frattempo ero diventato troppo alto. Però continuavo ad allenarmi per due ore al giorno al Centro ginnico di Capannelle. I miei idoli erano i fratelli Carminucci, atleti straordinari. Quando Tessari mi fece il provino per Arrivano i Titani, volle vedermi all’opera: dopo qualche primo piano feci un doppio salto mortale e anche il produttore Franco Cristaldi si convinse che la parte doveva essere mia”. Era il 1960. Dopo il successo di quel film, spumeggiante, volutamente autoparodistico, arrivarono Maciste l’eroe più grande del mondo, I due gladiatori, La rivolta dei pretoriani, Ercole contro i figli del sole. ”Giravamo spesso agli stabilimenti De Paolis, le colonne romane erano di cartapesta, perché il polistirolo era troppo costoso. Sul set c’era un forte odore di colla [...] E un’atmosfera molto allegra, un po’ magica [...] si lavorava con l’idea di realizzare dei favoloni in cui i primi a divertirsi eravamo noi della troupe” [...] Poi arrivaroni altre avventure: la saga di Angelica, l’epopea del western spaghetti, film sui vichinghi. ”Li ho fatti tutti con lo stesso impegno che ho messo nei film d’autore: nei primi c’era la sfida dell’avventura, nei secondi quella dell’introspezione” [...]» (Patrizia Carrano, ”Sette’ n. 23/2000).