Varie, 1 marzo 2002
GENTILINI
GENTILINI Giancarlo Vittorio Veneto (Treviso) 3 agosto 1929. Politico. Leghista. Ex sindaco di Treviso (1994-2003), poi vicesindaco • «[...] leghista celodurista. Due mandati in quel di Treviso (trionfali per i fedelissimi, imbarazzanti a detta degli oppositori e dei moderati), gesta contro gli immigrati clandestini del tipo: togliere le panchine nei giardinetti della stazione, così ”quelli non ci mettono il culo sopra”. Frasi del tipo ”spariamogli addosso come ai leprotti”. [...] ”Mi avevano proposto anche di presentarmi al Parlamento europeo; ho rifiutato. [...] buttarsi in politica, significa piegarsi a compromessi. E io sono uomo dalla schiena dritta [...] Io farei il dittatore. Tutti a rigar dritto [...] Io farei il presidente con il manganello”. [...] Gentilini è un tipo così. Gli piace spararle grosse, gli piace provocare, gli piace, insomma, mostrare i muscoli. [...]» (Marisa Fumagalli, ”Corriere della Sera” 12/1/2005) • «Il sindaco-sceriffo di Treviso [...] Noto per le sue iniziative – dagli incontri con Haider alle panchine tolte dai parchi pubblici per impedire agli extracomunitari di dormirvi – e per le sue frasi ad effetto. Nell’ottobre 1999 dichiarò che bisognava vestire gli immigrati da leprotti affinché i cacciatori della Marca Trevigiana potessero esercitarsi. Fu rinviato a giudizio per istigazione all’odio razziale, e assolto perché il fatto non sussiste» (Gigi Padovani, ”La Stampa” 11/2/2001) • «Sono anni che le spara grosse. Un giorno barrisce che i clandestini vanno deportati ”con i vagoni piombati” (con un occhio benevolo solo per le prostitute ”navi scuola della gioventù”), un altro sbuffa che lo scrittore Comisso ”in fondo el gera reciòn”, un altro ancora avverte gli ulivisti che saranno fatti fuori come i conigli con ”un colpo secco alla nuca per non farli soffrire”. E sono anni che, mentre le sinistre insorgono scandalizzate, le destre la buttano sullo scherzo: è fatto così, non va preso sul serio, fa solo delle battute…» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 27/8/2002) • «Lo amano anche quelli che lo odiano. Molìere si sarebbe leccato i baffi e il loggione della Comèdie-Francaise sarebbe venuto giù per gli applausi. Marco Paolini lo ha inserito nel suo Bestiario Veneto dopo l’ultimo exploit xenofobo, quello delle panchine rimosse ”perché così sfaticati e spacciatori non ci mettono il loro culo nero”. Di sicuro ha un futuro come star tv, il carisma plebeo di un Funari, molto più trasgressivo di Platinette. [...] ex avvocato in pensione, è ”lo sceriffo”, una leggenda vivente nel Nordest, più popolare di Cacciari, più amato di Bossi, che con i sindaci ci va cauto dopo aver definito Formentini ”il nostro De Gaulle”, più che mai cauto con questo stizzoso spaccamontagne che un giorno lo chiamò per dirgli che Pontida ”xè una storia da mona”. Non ha paura di niente Genty il Barbaro. Rinviato a giudizio per istigazione all’odio razziale (aveva detto che bisognava ”travestire gli extracomunitari da leprotti per far esercitare i cacciatori”), ha ascoltato spavaldo la sentenza: assolto ”perché il fatto non sussiste”. Popolarità alle stelle. Lo ha cercato per un’intervista la Bbc [...] Un giovialone. Ma non toccategli gli alpini. ”Chi l’ha detto che gli alpini stanno morendo? Gli alpini esistono e fanno sesso anche a settant’anni. Guardate me. Un sindaco alpino è il massimo, una garanzia per tutte le cittadine”. La moderazione non è il suo forte. Ha fatto vedere i sorci verdi a Ciampi. Quella volta a Treviso, il presidente in platea e lui su a straparlare di ”straniero alle porte” [...] La maggioranza che lo vota può restare silenziosa anche perché ci pensa lui a ciacolare per tutti. Dopo decenni di cloroformio democristiano (’La gò magna’ viva la balena bianca”), i trevigiani non si annoiano più. Si turbano, si scandalizzano o si deliziano, ma non si annoiano. Treviso è l’unico posto al mondo dove si multano le biciclette, dove si schiodano le panchine e si chiodano i parapetti per scoraggiare i fondoschiena dei clandestini. [...] Genty non è un asso con i congiuntivi ma va pazzo per le uniformi e i fiori. Quando vede una pianta malata si commuove. Nulla al confronto delle divise. Quelle dei carabinieri e della finanza lo fanno piangere. Un leghista anomalo. Roma è ladrona e il Tevere è torbido, ma guai a discutere il tricolore. ”Quando ascolto Mameli me vien la pelle d’oca”. Meraviglioso anacronismo fermo al ”48? I suoi nemici - tutta la sinistra, ma anche i benpensanti del Polo, i dirigenti di partito, i centri sociali, i salotti buoni, le suore, i volontari, i boy scout - lo liquidano come una macchietta, ma la gente lo adora, anche perché è il primo a infilarsi lo stivale di gomma e affondare nel fango quando il Sile straripa. La città è il suo teatro. Osterie, strade, mercati. Rieletto con voto plebiscitario, lui fa il sindaco a tempo pieno, 15 ore al giorno, sette giorni a settimana. [...] ”La città devo tenerla in pugno giorno e notte. E quando capita faccio da me. Come quella volta che ho cravattato un tossico in pieno centro con una mossa di karate”. [...] nasone alla Petrolini [...] vocione baritonale. [...] ”Io sono per la pena di morte. Dente per dente. Il mio Dio è quello del Vecchio Testamento, che comanda a Israele di sterminare il nemico [...] Sono l’unico sindaco in Italia ad aver cacciato un dirigente beccato con le mani nella marmellata. Chi tocca i soldi della gente con me è un uomo morto [...] Ali Agca? Andava eliminato subito. Non concordo con il perdono. Wojtyla? Mi piaceva di più Roncalli. Odio i bolscevichi ma il papa ha sbagliato. La distruzione del sistema comunista è stata troppo drastica. Ha lasciato un paese in mano alla mafia [...] La sinistra avrebbe bisogno di uno come me. Un decisionista. Dovrebbero clonarmi [...] E invece si tengono Cacciari il Barbuto e Rutelli il Bello. Troppo politicizzati. Preferisco Bassolino. Io nel governo del Polo? Accetto solo se mi danno gli Interni [...] Prima di me, il sindaco era un’entità. Ora tutti lo possono toccare e spiegargli i loro problemi. Ho ripreso la città pelo per pelo. Le sto rifacendo la criniera del leone [...] Il mio sogno è la polizia personale del sindaco con poteri drastici contro i clandestini. Controlli e schedature. Uno Stato ha il diritto di sapere chi calpesta il suo territorio [...] I tossici? Ne ho tanti. La soluzione? Il lavoro. Pala e piccone. Otto ore al giorno a fare gli argini lungo il Piave fino alla foce. Il lavoro nobilita l’uomo. Sono per il ripristino dei bagni penali [...] Sono leghista dall’83. Prima votavo dc. Il mio preferito era Scelba, quello dei manganelli [...] Mi dicono sei incolto, non leggi. Ma io sono un barbaro. Ho fatto un’infusione di sangue vivo a questa città” [...]» (Giancarlo Dotto, ”L’Espresso” 29/6/2000).