Varie, 1 marzo 2002
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Gergiev Valery
• Mosca (Russia) 2 maggio 1953. Direttore d’orchestra. «Un musicista dotato di una capacità infallibile di comunicare […] con quella sua vitalità strana e feroce, una specie di fuoco venato di follia, pare abitato da demoni distanti e fascinosi. […] Maestro del podio tra i massimi della sua generazione, affermatosi come interprete del repertorio russo (ma non solo), è anche un manager di energia vulcanica, che ha rilanciato in pochi anni il suo teatro, il Marinskij di San Pietroburgo, incoronandosi ambasciatore della nuova cultura russa nel mondo. lui, tra l’altro, l’organizzatore del Festival delle Notti Bianche» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 6/2/2003). «Vulcanico accentratore di successi [...] austere giacche orientali coi bottoni fino al collo [...] munito di bacchetta (di solito ne fa a meno) [...] Direttore dal fascino selvaggio, cresciuto sui monti del Caucaso e fiero delle sue radici sciite» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 28/7/2003). «Alto, massiccio, capelli e barba scura, sguardo magnetico [...] ”Il direttore deve proteggere il compositore, questo è il suo compito irrinunciabile. Il rapporto tra lui e il regista è come un matrimonio: se il marito ama la moglie ma lei no, le speranze di buona riuscita sono poche”» (Giuseppina Manin, ”Corriere della Sera” 19/4/2004). « Di lui il ”New Yorker” ha scritto: ”In Russia è una sorta di eroe nazionale: è riuscito a far sopravvivere il Mariinskij dopo il collasso dell’Unione Sovietica. E sotto la sua guida quel teatro è diventato uno dei più celebrati, anche discograficamente, del mondo”. Ha studiato al Conservatorio di San Pietroburgo con Ilya Musin. Nel 1978 entrò al Mariinskij come direttore assistente, per diventarne direttore artistico dieci anni più tardi. Nel 1996 la nomina, direttamente da parte del Governo federale, a direttore artistico e generale. Un ras del podio. Fascinoso, magmatico, travolgente. Uno che, senza compiacersene, piace alle signore. Severo e sciamannato come Trigorin. Come Raskolnikov, tenero ma impietoso scienziato dell’interiorità. [...] ”Nel mondo dei suoni l’anima russa è forse l’incredibile filo di presenza e di eccellenza della nostra musica nel corso del tempo. I nostri compositori sono stati leaders nel Ventesimo secolo, da Rachmaninov a Stravinskij, ma la musica russa, che affonda i suoi inizi in epoche lontane e immemorabili, non è vissuta solo di picchi. Semplicemente non si è mai sopita o interrotta. Come la poesia, la letteratura, la danza, ci ha sostenuti e ci sostiene noi, tanti popoli diversi con la forza di un’unica, comune tradizione, espressiva e culturale [...] In Russia, anche in mezzo alla tragedia, alla fame, alla confusione politica, il teatro è stato considerato elemento fondamentale della vita del popolo. La gente stessa lo ha difeso. [...] A conti fatti sì. Il mio Paese è composto da molte e diverse nazionalità, da molti e diversi linguaggi: ciò che ci unisce è proprio la grande tradizione espressiva, l’Arte, sia essa parola, musica, danza... [...] Penso sinceramente che l’arte del direttore d’orchestra vada ridefinita. Proprio pensando ai tempi. Oggi parlo del mondo le orchestre sono moltissime, organizzano eventi, programmi, stagioni. Suonano. Ma quella che io chiamo la big emotion, la real emotion, si ha quando un’orchestra interagisce in modo forte con un buon direttore. Se biologicamente i grandi compositori sono morti, devono però poter ri/vivere quando viene suonata la loro musica. Il miracolo scaturisce appunto dal rapporto fra orchestra e direttore, non in altro modo. Toscanini o De Sabata, parlando di italiani, davano alle loro orchestre una tale sferzata di energia da suscitare musica viva. Bisogna che i nuovi direttori cerchino questa empatia, assolutamente [...]» (Rita Sala, ”Il Messaggero” 3/12/2004).