Varie, 1 marzo 2002
GHEZZI Dori
GHEZZI Dori Lentate sul Seveso (Milano) 30 marzo 1946. Cantante • «[…] Più si conosce e si ama De André e più si scopre che la mappa dell’isola del tesoro era amorosamente custodita nelle mani di Dori. Anche se il suo destino è sempre stato quello di scomparire. Come quella volta che vinse Canzonissima e la finale del più importante varietà televisivo non andò in onda per uno sciopero dei tecnici Rai. Da non crederci, da maledire il destino! Era il gennaio del ’75, ultima edizione del glorioso varietà. Quell’anno, a condurlo, erano stati chiamati Raffaella Carrà, Cochi e Renato, Topo Gigio. Dori Ghezzi faceva coppia con Wess (Wessley Johnson sul passaporto), un batterista di colore del North Carolina arrivato un Italia come bassista degli Airdales, approdato poi alla corte di Rocky Roberts. Insieme formavano la coppia “caffellatte” o “il duo bicolore”: lei bella, diafana e bionda. Lui nero come il carbone. Durante il festival di Sanremo del ’73, mentre cantavano Tu nella mia vita, Dori prese la mano di Wess e gliela strinse per superare la paura. Quell’inquadratura le valse il premio bontà e qualche pettegolezzo di troppo […] debutta giovanissima nel mondo della canzone. Un giornale dell’epoca scrive di lei: “È una ragazza sveglia e gradevole, minuscola e biondissima (di origine castana) con l’unico difetto (riferito però al passato) di voler assomigliare a tutti i costi a Patty Pravo”. Per descrivere Dori si fa ricorso ad alcuni modelli di riferimento: prima Patty Pravo (anche se Dori sale alla ribalta e si afferma prima della collega), poi Brigitte Bardot. C’è chi addirittura le propone di girare un film sulla vita di B. B. Intanto arriva lo strepitoso successo di Casatchock, una rielaborazione del canto popolare russo Katiuscia: non c’è discoteca che non proponga il ballo dei cosacchi. Qualcuno si ricorda che quella canzone, in una versione più lenta e intitolata Fischia il vento, urla la bufera, era stata una hit della guerra di Liberazione. A Dori, figlia d’operai, abituata fin da piccola a cavarsela con il lavoro, diplomata segretaria d’azienda, il capovolgimento di senso deve apparire irrispettoso, un altro segnale che di lì bisogna sottrarsi alla vista. Per annullarsi definitivamente, compie il gesto più coraggioso e impossibile: nel ’73, grazie ai buoni uffici di Cristiano Malgioglio e della casa discografica Durium, comincia a frequentare un cantautore considerato allora un esistenzialista, un maledetto, un anarchico, un figlio viziato dell’alta borghesia che gioca a mettere in scena i disperati. Anni di amore nascosto, anni di amore che strappa i capelli. Dori si trasferisce con De André in Sardegna, vicino a Tempio Pausania, dove Fabrizio ha rilevato una fattoria. […] Poi succede una cosa terribile. La sera di lunedì 27 agosto 1979 Dori e Fabrizio vengono rapiti da alcuni banditi sardi e rilasciati quattro mesi dopo, sui boschi tra Oschiri, Pattara e Buddusò, nel Supramonte. 117 giorni di annientamento totale, di tristezza nera, priva di fascino e di sogno, capace solo di rivelare la separatezza dalle cose vive e alimentare l’angoscia che colora l’esistenza di un carattere tragico, costringe le vittime a sopravvivere, sospese sopra un abisso. […] Nei giorni di prigionia, Fabrizio è vinto più volte dallo scoramento, scosso da pensieri cupi. Dori, invece, tiene testa ai banditi, non cede ai facili ricatti ideologici. Il padre di De André è costretto a pagare 600 milioni […] Dori ha ripreso più volte a cantare, incidendo Mamadodori, partecipando a Sanremo con Margherita non lo sa, E non si finisce mai, Il cuore delle donne, accettando di condurre Premiatissima dell’84 e ’85 […]» (Aldo Grasso, “Sette” n. 13/2000).