Varie, 1 marzo 2002
GHINI
GHINI Massimo Roma 12 ottobre 1954. Attore. Presidente del Sindacato attori italiani • «Romano, ma il cognome viene dall’Emilia [...] da qualche anno è diventato uno dei protagonisti della fiction televisiva: ”Devo rifarmi: ho lavorato a lungo all’estero, adesso che son tornato in Italia mi voglio prendere un pezzo di popolarità” [...]» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 23/9/2004) • « stato battezzato di nascosto perchè suo padre militava nella Sinistra quando la Sinistra era davvero Sinistra e chi la pensava come Guareschi dava dei mangiapreti ai comunisti. Si è sposato, ha divorziato, si è risposato, ha quattro figli... […] Papa sul set del film tv sulla vita di Giovanni XXIII, diretta da Giorgio Capitani e prodotta dalla Lux Vide per Raifiction. […] Un figlio, o perlomeno un parente stretto, del ”68. E appartenente a quella generazione di attori, diciamolo, un po’ sfigata, che debuttava in quegli anni bui in cui il cinema italiano era considerato morto per pubblico e critica. ”Non si vedeva l’ombra di un produttore che avesse voglia di rischiare. Gli autori sembravano scomparsi. E noi, parlo di Bentivoglio e Tognazzi e di registi come D’Alatri, dovemmo ricominciare tutto da capo”, racconta. Non pretende per questo la medaglia, ”ma mi piacerebbe - anche se oramai è pura illusione - che l’intellighentia del cinema, ogni tanto si degnasse di darci una pacca d’incoraggiamento sulla spalla. Invece, i riconoscimenti, li ho avuti solo all’estero: Canada, Turchia, Marocco, Francia, Lussemburgo. Lusinghiero, per carità: ma io sono un attore italiano...O sbaglio?”. andato avanti lo stesso. Buttandosi dietro le spalle bocciature e delusioni. Come quando lo stroncarono all’esame di ammissione all’Accademia di Arte drammatica. O come tutte quelle volte che i registi lo squadravano e scuotevano la testa: non va, non va, peccato, lei ha fatto troppo sport. ”E non andavo no”, ride Ghini: ”Vent’anni fa andavano di moda i tipi sofferti, dannati. E io, con questo fisico da bagnino, con i maledetti c’entravo davvero poco”. Nonostante i muscoli ex palla a nuoto di teatro e di cinema ne ha fatto parecchio. E di personaggi difficili da dimenticare, ne ha interpretati tanti. Dal contadino della ”bassa” ferrarese della Neve nel bicchiere, al cialtronesco presentatore della Bella vita passando per il viscido politico di Compagni di scuola, il conducente con il cuore di marzapane di Senza pelle, il reduce della Tregua, il canagliesco gerarca di Un tè con Mussolini. In tutto quarantuno ritratti per la galleria ”di un attore che, il mestiere, ce l’ha nel sangue”, ha detto Florestano Vancini» (Micaela Urbano, ”Il Messaggero” 15/1/2002) • «Suo padre Celso è stato uno dei principali organizzatori del Pci. Lui, invece, scegliendo di far politica nel campo dello spettacolo si è fatto eleggere consigliere comunale a Roma dal Pds. Come attore è uscito dall’anonimato nel ruolo di marito di Nancy Brilly prima che costei si orientasse per i cantautori, preferendogli Ivano Fossati, o lo recuperasse tardivamente, nella parte di testimone, per celebrare le nozze con Luca Manfredi. […] Mitica la sua rissa con i vigili urbani di Roma al grido: ”Lei non sa chi sono io!”. Il vigile, infatti, non lo sapeva. Lo seppe» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 17/10/1998) • «[...] è un attore versatile poco compreso. Lungi da lui la voglia di lamentarsi. Però: ”Sono il meno premiato del cinema italiano. Una Grolla d’oro per Natale a Miami. Stop. Mai un David, un Nastro d’argento. Nemmeno una nomination. E sì che ho fatto 54 film dal 1984. Questa cosa mi brucia dentro. Se un attore americano è versatile, è pieno di talento. Se fa le stesse cose un italiano, è presuntuoso. Non ho mai avuto specializzazioni, la mia è una generazione che si trova a dover combattere un provincialismo mai dichiarato e un po’ ipocrita. Non seguo la filosofia di Nanni Moretti: Mi si nota di più se sono in disparte o.... Io mi innamoro dei progetti. [...] Ho lavorato con tutti, non mi posso lamentare. Ma ho sofferto una certa emarginazione, nel momento peggiore ho girato all’estero”. Non le perdonano il film con i Vanzina? ”Guardi, ci lavorò anche Volontè. Devo molto ai Vanzina, che tra l’altro hanno un’educazione e una civiltà rara. Sono cosciente di non essere un intellettuale, sono un comunicatore di emozioni, un giocoliere. Perché devo andare contro la mia natura, far finta di essere qualcun altro. C’è l’idea che dobbiamo sempre fare il film d’autore...Ma magari! [...] Da giovane recitavo Re Lear diretto da Strehler, poi Zeffirelli, Gassman. Ma col teatro un giovane non campa. E d’estate ero capo animazione alla Valtur. A Brucoli ho incontrato Fiorello. Era il barman. Lo portai con me. Provai a entrare all’Accademia. Corrado Augias ci seguì, venne a girare per la tv il programma Essere attore. Fui bocciato. Poco dopo mi prese Strehler”. Cosa capì quel giorno? ”Che la mia vita sarebbe stata difficile”» (Valerio Cappelli, ”Corriere della Sera” 31/7/2007) • Tifa Roma, da ragazzino andava al mare con Agostino Di Bartolomei (8 aprile 1955-30 maggio 1994), capitano della squadra giallorossa campione d’Italia nell’83: «Un giorno mi presentò un certo Bruno Giordano. Ci mettemmo a giocare, lui non me la passava mai e io dissi ad Ago ”quello non vale niente”. Quanti gol ci ha fatto...». Il ricordo più bello: «Di un derby non visto, nel 1999. Ero in Sudafrica per girare un film, stavo a pranzo con la produzione. Mi tenevo aggiornato col cellulare, cominciai a saltare quando mi dissero che avevamo fatto quattro gol in mezz’ora» (Alessandro Catapano, ”La Gazzetta dello Sport” 9/12/2006).