Varie, 1 marzo 2002
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Giggs Ryan
• Cardiff (Gran Bretagna) 29 novembre 1973. Calciatore. Da sempre al Manchester United, squadra con la quale ha vinto tra l’altro le Champions League 1998/1999 e 2007/2008 (finalista nel 2009 e 2011). Nazionale gallese. Nono nella classifica del Pallone d’Oro 1993, 14° nel 2009, 21° nel 1999, 28° nel 1997, 30° nel 2007, nomination anche nel 2000, 2001, 2002 • «The welsh wizard, il mago, è la miglior ala sinistra che ci sia in circolazione, l’uomo che ha vinto tutto e niente. Con la maglia dei Red Devils ha portato a casa trofei a manciate, due o tre all’anno. Nel 1999 ha infilato lo storico “treble”, il trionfo al cubo con titolo in Premiership, Champions League e Coppa intercontinentale, al secondo anno con lo United (92-93) ha archiviato in un colpo solo campionato e Fa cup. Una caterva di successi [...] Nessuna tacca con il Galles, solo fierezza per quel rosso che è il suo colore. Girava con una casacca rossa anche sopra la divisa ufficiale del Manchester City con cui giocava da ragazzino: “Volevo che fosse chiaro da che parte stavo” e non ha avuto mai la tentazione di giocare in bianco con l’Inghilterra. [...] Nel Manchester dove ha debuttato a 17 anni, sono arrivati a fischiarlo. [...] È un uomo immagine molto diverso da Beckham però, schiva il glamour e colleziona musi, sciupafemmine introverso ora si è sistemato ed è diventato papà» (Giulia Zonca, “La Stampa” 6/9/2003) • «“Avevo fatto una ventina di partite nel Manchester United, tra campionato e Coppa. Non male per un ragazzino che stava per compiere diciotto anni. Bryan Robson e Steve Bruce, i due capi assoluti dello spogliatoio, mi presero da parte. ’Ormai sei uno da prima squadra — mi dissero — perché non vai dal boss e gli chiedi l’auto aziendale che spetta ai titolari? Dopo 25 gare, e tu ci sei quasi, te ne danno una’. Il boss, naturalmente, era sir Alex Ferguson. Presi coraggio, entrai nel suo ufficio e gli chiesi se potevo anche scegliere il colore. Mentre parlavo la sua faccia passò dal rosso al porpora. Si mise a urlare: ’Al massimo puoi andare in bicicletta’. Uscii dall’ufficio e trovai mezza squadra che sghignazzava. Quel giorno ho imparato tanto” . […] È qualcosa di più del miglior calciatore che il Galles abbia mai prodotto. È una specie di libro di avventure trasferito al pallone. La sua vita è come il suo gioco: spumeggiante, brillante, imprevedibile. Prima stranezza: Giggs è il cognome della madre, Lynne. Il padre si chiama Danny Wilson ed è stato un ottimo giocatore di rugby. Seconda stranezza: non è un traditore, ma è stato il capitano della nazionale scolastica inglese (“Perché i miei si erano trasferiti a Manchester quando avevo sette anni e studiavo lì. Però non ho mai pensato di prendere la cittadinanza inglese. Sono nato e morirò gallese. Anche se con la nazionale inglese avrei potuto giocare i Mondiali e con il Galles non è stato possibile”). Terza stranezza: è una bandiera del Manchester United ( ha esordito con i Red Devils il 2 marzo 1991, contro l’Everton, con il primo contratto professionistico guadagnava 30 sterline la settimana cioè circa 50 euro, mentre l’attuale contratto fino al 2006 gli garantisce quasi 4 milioni di euro l’anno) ma ha rischiato di finire al Manchester City. Il primo ad accorgersi di lui, infatti, fu Denis Schofield, un cacciatore di talenti per i “Citizens”. Ryan fu invitato a provare con i giovani del City, ma si presentò al campo con la maglia dello United, di cui era tifosissimo fin da bambino. Logico che venisse scartato, meritato che poco dopo si accorgesse di lui proprio sir Alex Ferguson. Ryan segnò tre dei quattro gol con cui la sua squadra, i Salford Boys, batterono una giovanile dello United. Non ci fu bisogno di altro. Come ha confidato in un’ampia e bella intervista al mensile inglese “Four- four- two”, il giocatore internazionale che più ha ammirato in campo è Paolo Maldini. La sua passione? Le auto. Il film preferito? Il Padrino. I rischio più grosso in carriera? Non su un campo di calcio, ma sui tavoli di un locale notturno dove il Manchester United festeggiò l’incredibile rimonta nella finale della Champions League 1999 contro il Bayern Monaco: sotto di un gol al 90’, campione d’Europa segnando due reti nel recupero. “Saranno state le sei del mattino. Ognuno di noi, a turno, doveva salire a cavalcioni tra due tavoli e fare un’imitazione per far ridere i compagni. Io mi misi a cantare un pezzo di Elvis Presley e finii a faccia in giù sul pavimento”. Il rimpianto? “Non avrei mai dovuto esultare come ho fatto nella semifinale della FA Cup contro l’Arsenal. Mi sono tolto la maglia e il giorno dopo ho trovato la foto su tutti i giornali. Sapete, io sono piuttosto peloso e non sono esattamente un modello di eleganza a torso nudo. Mi sono vergognato tantissimo”» (Luca Valdiserri, “Corriere della Sera” 14/10/2002).