Varie, 1 marzo 2002
GIORELLO
GIORELLO Giulio Milano 14 maggio 1945. Filosofo. Della Scienza. Appassionato di canzonette • «Adora i canti partigiani, quelli degli esuli politici, le canzoni di Caterina Caselli. Tanto per fare dei nomi. ”Sono le compagne delle nostre piccole odissee”, dice. ”Io per esempio le ascolto soprattutto alla radio, le canticchio sotto la doccia, in macchina. Sono la sublime banalità della nostra esistenza. Lo scopo di una canzonetta è restituirci uno stato d’animo, comunicarci in modo semplice che cosa siamo. Esse fanno della nostra vita un tessuto particolarmente coerente. Consentono alle nostre esperienze completamente dissociate di stare bene insieme. Ci danno a volte la traccia di un ricordo, colorano la nostra nostalgia, sollecitano desideri di conciliazione con il mondo. ”Non c’è praticamente civiltà in cui il senso immediato della musica non sia prima o poi venuto alla luce. Viviamo anche attraverso la musica. A volte per la musica. Apparentemente una canzonetta non ci rivela verità profonde e ci accompagna dolcemente sulle superfici della psiche. Talvolta la nota di una canzone fa scoccare risonanze profonde: o è un passato che torna o è un futuro che si avvicina, oppure un presente che immaginiamo diverso da quello che viviamo. La canzonetta vive di ripetizione. Non è solo il ritornello che si ripete. I nostri atti si ripetono, sono spesso scontati. Non richiedono una puntuale coscienza del loro svolgersi. Una canzone li può rendere meno ovvi, meno pesanti, meno noiosi. E poi c’è il riascolto. Quante volte riascoltiamo un motivo? E quante volte lo cantiamo? La ripetizione ci dà la sicurezza del già noto, ci fa assaporare la dolcezza della parola che conosciamo. come sentirsi a casa. Non è irrilevante che le canzonette parlino soprattutto d’amore. Amori che finiscono o che nascono; amori contrastati o furtivi, amori sovrastati dalla passione, o dalla gelosia. Il repertorio è ampio, direi quasi infinito, ma gli strati di pelle che lo compongono sono quattro o cinque in tutto: la lontananza, la fuga, l’altra o l’altro minaccioso che irrompe nel rapporto di coppia e crea spaccature insanabili, la sostituzione, ossia immaginarsi che ne è della nostra vita senza più lei o lui. Tutto è governato dalla nostalgia. qualche volta dall’ironia. Meglio se beffarda. La canzonetta è un’esperienza sociale. La si possiede singolarmente o in gruppo. La cantiamo in casa o all’osteria. Restituirla con il ritmo giusto, con le parole giuste, con la giusta atmosfera - in una parola con intonazione corretta - suscita ammirazione in chi ascolta. Non so se esistono canzoni intelligenti e sceme. probabile di sì. Ma non è su questo piano che passa la differenza fondamentale. Parole che recitate fanno rabbrividire, messe su un sottofondo musicale cambiano il respiro e la qualità. un piccolo miracolo estetico, di una estetica di massa, dal quale mi è difficile staccarmi. Fra tutte le canzoni, personalmente amo quelle che cantavano gli esuli politici, i perseguitati. Hanno il giusto tasso di retorica e in passato hanno aiutato a creare coesione. La musica in generale è coesione e identità di un popolo. Prima della canzonetta, questo ruolo è stato svolto dal melodramma» (Antonio Gnoli, ”la Repubblica” 28/2/2004).