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 2002  marzo 01 Venerdì calendario

GIORGINO Francesco

GIORGINO Francesco. Nato ad Andria (Bari) l’8 agosto 1967. Giornalista del Tg1, conduttore dell’edizione delle 13.30 dal giugno 2000 (quando Sposini tornò al Tg5 e Sassoli), laureato in giurisprudenza. Ha condotto con Simona Ventura l’edizione del dopoFestival di Sanremo 2002. Sospeso dalla conduzione nel maggio 2005. «Colpevole di aver criticato il direttore Clemente Mimun [...] ”Libero” cerca Giorgino perché lo considera l’ultimo campione di uno sport tra i più praticati in Rai: il salto della quaglia. Cambia il vento politico, nel nostro caso il Polo arretra mentre l’Unione avanza, e i giornalisti cambiano bandiera. Da sempre, Giorgino era considerato un pupillo di Berlusconi. Un giorno il capo di Forza Italia, presente l’allora direttore del Tg1 Giulio Borrelli, aveva messo una mano sulla spalla del cronista augurandosi ”che potesse lavorare di più”. [...] a distanza di pochi anni, le cose sembrano cambiate, al punto che ”Libero” chiede conto a Giorgino di una cena nientemento che con Prodi. L’ormai ex conduttore del Tg1 nega. Ricorda di aver lavorato al tg, da precario, per 5 lunghi anni, sudandosi ogni avanzamento (fino alla carica di vicecaporedattore). E smentisce di aver flirtato ieri con il Cavaliere, oggi con il Professore. Quando però arriva a Mimun, Giorgino non nega più. Anzi: dice chiaro e tondo a ”Libero” che i rapporti sono al minimo storico, e indirizza al direttore del Tg1 critiche precise, ”per come ha gestito certe notizie”, ”per i fischi tagliati e gli applausi finti”. Poi aggiunge: ”Per me il giornalismo è un’altra cosa”. In sostanza Giorgino ripete a Libero, sia pure con una qualche approssimazione, gli stessi concetti che ha scritto nel libro Dietro le notizie. In quel libro, per la verità, Giorgino divide le sue accuse, equamente, tra Polo e centrosinistra. Ricorda che, nel 1996, il Tg1 ha ”eliminato i fischi fatti all’allora premier D’Alema durante la sua visita a Brindisi”. A proposito di Mimun, Giorgino rievoca invece l’intervento di Berlusconi a New York, alle Nazioni Unite. ”La sala non è molto piena, eppure in alcuni servizi”, anche del Tg1, ”essa appare gremita da persone che applaudono il nostro premier”. [...] Mimun legge l’intervista a Libero e la prende molto male. Chi lo incontra nei corridoi nota subito che il suo umore è addirittura peggiore di certe domeniche, quando la Lazio perde il derby con la Roma. Anche Giorgino legge il resoconto che ”Libero” fa delle sue parole e si affretta a scrivere una lettera, una ”precisazione”. Titolo: ”Nessuna critica al Tg1”. La parziale smentita non sortisce alcun effetto. Mimun sospende comunque Giorgino dalla conduzione, giudicando rotto il rapporto fiduciario. Il direttore del Tg1 basa la sua decisione su una circolare dell’azienda che disciplina - quasi vietandole - qualsiasi forma di intervista. Figuriamoci quelle critiche. Impietosamente, nel pomeriggio, il sito Dagospia iscrive il nome di Giorgino nella lapide dei martiri del centrosinistra, dopo Luttazzi, dopo Biagi e Santoro. La tesi è ancora quella: il mezzobusto ha fiutato l’aria e si è riposizionato. Un lavoro iniziato più di un anno fa, con le critiche a Mimun nel libro, con una serie di voti (nelle incandescenti assemblee dei giornalisti) al fianco di colleghi da sempre progressisti. [...]» (Aldo Fontanarosa, ”la Repubblica” 12/5/2005). «Sappiamo tutti che il giornalista del Tg1 Francesco Giorgino è stato un berlusconiano devoto, e davvero lo avremmo finalmente stimato e persino difeso se avesse accusato il suo direttore Mimun di non essere abbastanza berlusconiano, proprio ora che Berlusconi dall’altare è caduto nella polvere. Invece Giorgino ha fatto il contrario, ed è ricorso alla più banale, alla più ingenua delle patacche: ha provocato e subìto la tirata d’orecchie del suo capoclan per ottenere la solidarietà che spetta ai maltrattati, per guadagnare la patente di uomo libero e prenotare le gratificazioni che saranno assegnate ai perseguitati politici il giorno della ”liberazione”. Insomma per diventare, persino lui, una vittima del presunto ”regime” berlusconiano, sia pure a partita politica finita, negli spogliatoi: Giorgino come Enzo Biagi, Giorgino come Santoro. E invece, comunque la si pensi, si stia a destra o a sinistra, purtroppo non si può solidarizzare con Giorgino, neppure adesso che Mimun lo ha sospeso dall’incarico. Proprio non riusciamo a vederlo come il subalterno colpito dal potere arrogante, lui sempre così goffo nel cercare di far carriera e di volare senza ali. difficile immaginarlo tirato per le orecchie da Mimun, lui che è nato con le orecchie lunghe. Ed è volgare questa lite tra due berlusconiani sulle spoglie di Berlusconi, sui suoi resti fumanti. Il giornalista del Tg1, intervistato dal quotidiano ”Libero”, ha dato del berlusconiano fazioso al suo direttore, proprio lui che da Berlusconi era stato promosso a conduttore istituzionale. Infatti, come raccontò lo stesso Giorgino, compiacendosi per l’onore, fu Berlusconi a imporlo come mezzobusto nazionale delle ore 20 perché, diceva, ”questo è il giornalista che farà impazzire le massaie”, ed è la prova che anche sulla televisione Berlusconi non è l’ipse dixit, che anche lui si sbaglia, visto che Giorgino è un diminutivo. rimasto un vezzeggiativo, pure come giornalista. Di Giorgino ricordiamo poi una inutile comparsata a Sanremo, nel ruolo del valletto, anch’essa guadagnata sul campo dell’appartenenza politica. E rammentiamo infine che si vantava d’essere l’allievo di Bruno Vespa, che è una evidente doppia insensatezza, intanto perché Vespa più che un maestro è un monumento elevato all’arte raffinata e difficile della ”maggiordomeria”, e poi perché tra i giornalisti ci sono certamente molti maestri ma non ci sono allievi: non si insegna il gusto della parola, né quanto la parola deve seguire l´occhio, né come si fa a tenere la schiena dritta. Nel giornalismo dichiararsi allievo di qualcuno significa solo indossare una livrea di protezione. Come dire: ”State attenti perché sono protetto da Vespa”, e in Rai anche questa è un’altra bella devozione politica. Non ci pare azzeccata neppure l’idea che Giorgino sia il paradigma del cambio di casacca, l’esempio del trasformismo applicato al probabile passaggio di consegne tra Berlusconi e Prodi. Il trasformismo italiano non è solo furbizia. Prima di diventare un vizio, fu un valore fondante della nazione, la via italiana per addolcire i conflitti di classe, la risposta ottocentesca all’oltranza ideologica. Insomma, anche il cambio di casacca è un concetto troppo impegnativo per Giorgino, anche perché le casacche non sono inesauribili e Giorgino è ancora giovane. Più modestamente dunque la lite tra Mimun e Giorgino segnala un umore nero tra sconfitti, schizzetti di bile, piccoli problemi da psicanalisi. vero infatti che Giorgino ha violato la sola appartenenza che non doveva violare, quella all’azienda per la quale lavora, la lealtà e la solidarietà con il suo direttore e con le scelte politiche delle quali in questi anni è stato corresponsabile e coprotagonista. Ma è anche vero che solo Mimun poteva prendere sul serio uno che non era mai riuscito a farsi prendere sul serio. Le lunghe, rovinosamente trascinate, cadute dei leader non ci piacciono anche per questo: la scena è tenuta dai fantasmi, dai residui del trasloco, dagli aloni sporchi che lasciano i quadri staccati dai muri» (Francesco Merlo, ”la Repubblica” 12/5/2005). «Sono al Tg1 da 10 anni, ho una lunga gavetta alle spalle. Ci sono entrato nel ’91, allora c’era Vespa direttore. Ho fatto un po’ di tutto. Sono stato a Unomattina come redattore. Sono stato assunto da Sorgi e Borrelli mi ha promosso vicecaporedattore. Come cronista ho seguito gli avvenimenti più importanti, dal terremoto in Umbria, al G8 di Genova. E ora appaio in video» (’Corriere della Sera” 6/2/2002). «Cronista, conduttore del Dopofestival di Sanremo, docente universitario, icona sexy del sito www.gay.it, ora anche attore, rappresenta forse l’ultimo stadio evolutivo della professione giornalistica. l’anchorman che invece di diffondere notizie vende se stesso. L’uomo che si fece Marchio. Fresco di successi sanremesi accettò anche di fare da testimonial per una nota azienda di abbigliamento maschile: nulla di male, solo che anche in quel caso sfoggiava gessati e cravattone sponsorizzate leggendo notizie per il Tg1. Non per niente, racconta, il suo maestro è Bruno Vespa: ”Mi ha anche fatto fare due corsi di dizione”. Come il maestro, anche il discepolo dietro l’apparenza gentile nasconde gli artigli. Ne sa qualcosa il direttore del Tg5 Enrico Mentana, reo di averlo offeso, che si è beccato una telefonata di insulti a Quelli che il calcio. [...] Perfezionista e maniacale, Giorgino. Dicono che dopo ogni apparizione trascorra ore a rivedersi in cassetta. Forse a audio spento, però, dato che lo studio non gli evita gli strafalcioni: per esempio, quella volta che chiamò Gàrin il filosofo Eugenio Garin. Per le sue esigenze, si è fatto allestire una semi-stanzetta tutta per lui nella redazione cronaca del Tg1. Un set fotografico già pronto per l’uso. Sulla parete, articoli e foto che lo riguardano. E si fa assistere da un addetto all’immagine che tiene i contatti e l’agenda degli appuntamenti, da vero divo. Giornate piene. Interviste, premi da ritirare e premi da assegnare, più la cura del collegio d’elezione: le uscite in terra di Puglia, la sua regione. Con Lino Banfi al Palasport di Andria. [...] Figlio di un avvocato, notabile di Forza Italia, dirottato a Roma dopo la laurea in giurisprudenza al ”Tempo”, dc area Forlani, portaborse nel primo governo Berlusconi come addetto stampa del ministro Giorgio Bernini, assunto al Tg1 da Marcello Sorgi e subito promosso da Giulio Borrelli. Un’ascesa fulminea con lo zampino del Cavaliere. Fu Berlusconi, infatti, a suggerirlo a Borrelli prima di infilarsi in una puntata di Porta a porta: ”Direttore, ma questo ragazzo vogliamo farlo lavorare?”. Anche per la fiction, però, Giorgino ha un debole: nel ’97 taroccò un servizio sugli sbarchi degli albanesi in Puglia e finì ripreso da Striscia la notizia. E qualche anno fa un sondaggio rivelò che per i giovani sarebbe il Kevin Costner italiano, perfetto per i film d’azione. Giorgino, per ora, non ci pensa. Ma chissà» (Marco Damilano, ”L’espresso” 15/1/2004).