Varie, 1 marzo 2002
GIOVANARDI
GIOVANARDI Carlo Modena 15 gennaio 1950. Avvocato. Politico. Eletto alla Camera nel 1992 (Dc), 1994 (Ccd), 1996 (Polo delle Libertà), 2001 (Biancofiore), 2006 (Udc), al Senato nel 2008 (Pdl). Ministro per i Rapporti con il Parlamento nel Berlusconi II e III (2001-2006), sottosegretario alla presidenza del Consiglio (Famiglia, droga, servizio civile) nel Berlusconi IV (2008-) • «[...] democristiano, da una vita in Parlamento, sempre incluso nel gruppo dei gregari illustri, Giovanardi ha raggiunto la soglia governativa solo con Silvio Berlusconi. [...] Gran lavoratore, è come quei mediani di spinta di una volta: un giocatore di quantità, alla Benetti, carico di agonismo e anche disponibile alle entrate rudi. Di carattere giovale, con i giornalisti intrattiene ottimi rapporti. Si deve allo spirito solidaristico di Giovanardi se le pagine estive di politica, vuote di accadimenti, riescono a trovare regolarmente la via della tipografia. C´è un buco in pagina? Si chiama Giovanardi. E Carlo, democristiano conservatore, riesce a intrattenere i lettori su qualunque argomento: droga, ecstasy, discoteche, comunismo, fascismo, tangentopoli, prostituzione. Se serve, lui c’è. Quando, erano i primi tempi della guerra in Iraq, Berlusconi si negava a Bruno Vespa, fu Giovanardi ad illustrare in televisione con fierezza memorabile la giusta decisione di inviare le truppe italiane laggiù. ”In una settimana, sono apparso nove volte”. Ha un sogno: ”andare agli Interni, o agli Esteri o alla Difesa” [...]» (a. cap., ”la Repubblica” 15/4/2005). «Uomo di parola, infatti parla spesso e parla molto [...] Nasce carabiniere. Della Benemerita conferma il senso della disciplina, l´amore e la dedizione al lavoro, l´impagabile e ineguagliabile spirito di sacrificio, la tempra del combattente. Giovanardi è infatti conosciuto anche per la caparbietà delle sue campagne, la tenacia e la consistenza dei temi che afferra e mai più lascia. [...] Il 20 maggio del 1992, scrisse di suo pugno una sferzante lettera ad Antonio Di Pietro, allora Pubblico ministero. ”Caro Di Pietro, sento il dovere di ringraziarla per la professionalità e il senso della misura con i quali conduce la difficile inchiesta a Lei affidata. Voglio esprimerLe la piena solidarietà per la coraggiosa azione Sua... sappia che all´interno del cosiddetto palazzo (notasi la p minuscola ndr) c´è chi fa il tifo per Lei”. Giovanardi non volle tenere riservata questa missiva [...] decise di farne un comunicato pubblico, e lui solo, affrontare il mare tempestoso delle polemiche.Di carattere gioviale, sempre disposto alla battuta e alla fatica quotidiana, ha servito e serve la politica di Pier Ferdinando Casini. Dallo stile rigoroso e pratico, non ha mai protestato nemmeno quando grandi ingiustizie si sono abbattute sulla sua persona. A differenza del ministro Pisanu, quando quest´ultimo guidava il complicato dicastero dell´Attuazione del programma, ha accettato senza brontolare lo stanzino-soppalco che il premier gli ha ritagliato tra i grandi spazi di palazzo Chigi. Confidando nel lavoro, unico segno della autentica dedizione, ha fatto in modo che i fascicoli lievitassero di numero al punto di allagare i corridoi. Silenzioso, aspetta che le carte - dal volume oramai spropositato - spingano Berlusconi a un gesto di riparazione. Giovanardi ha il fiato lungo del passista. [...] Ritroso a ogni forma di ambizione, ha sempre indicato il suo faro: Casini, appunto. Se tutto dovesse andare per il verso giusto, se il suo Pier, un giorno a palazzo Chigi, dovesse chiedergli: tu Carlo, quale ministero preferisci? Giovanardi ha chiarito che risponderebbe con una rosa di tre nomi: ”Interni, Esteri o Difesa”. [...] Ha poca dimestichezza con i leghisti e molta diffidenza per le zanzare: ”Ho avuto sempre ammirazione per la caotica vivacità delle città del sud. Io mi trovo a mio agio in campagna elettorale a girare per le strade affollate, parlare in piazza, stringere mani. Sono tutti lì, tutti in strada. Non come noi, al nord, che nelle belle sere d´estate ci mettiamo sul balcone in canotta a guardare la luna e farci straziare dalle zanzare”» (Antonello Caporale, ”la Repubblica” 30/1/2004). «[...] un fratello gemello che si chiama Daniele, fa il medico, guida le Confraternite Misericordie ed è stato spesso nel mirino di no global e violenti vari (qualcuno arrivò a mandargli un pacco-bomba), Giovanardi è uno di quei dicì che, nella più rossa della rossa Emilia, è nato e cresciuto all’opposizione. Al punto che dopo esser diventato ministro, ruolo che avrebbe svolto rispondendo nella legislatura [...] a 563 quesiti urgenti (supplendo all’insofferenza non solo del Cavaliere ma anche di molti altri colleghi ministri per le regole e i riti delle Camere) raccontò: ”Mi sconvolge che ora qualcuno mi dia ragione. All’opposizione, avevo sempre torto. Checché ne dicano i comunisti, nelle regioni rosse lo spazio per gli avversari è zero”. Ora si vendica, gli chiese Giancarlo Perna. E lui: ”Guai cadere nello stesso errore. Proprio perché l’ho fatta, rispetto molto l’opposizione. Mai pensato che chi ha il 51% abbia tutte le ragioni e chi il 49 tutti i torti”. Eletto la prima volta nel ”92, vigilia del crollo della Dc, salutò l’irruzione dei giudici levando cori di giubilo. La lettera che mandò il 20 maggio ”92 al ”mitico Tonino”, circondato allora da un’areola di santità, è un documento prezioso, anche nel dettaglio dell’uso di maiuscole e minuscole: ”Caro Di Pietro, sento il dovere di ringraziarla per la professionalità e il senso della misura con i quali conduce la difficile inchiesta a Lei affidata. Voglio esprimerLe la piena solidarietà per la coraggiosa azione Sua. [...] Sappia che all’interno del cosiddetto palazzo c’è chi fa il tifo per Lei”. Anni dopo, in un’intervista a Radio Maria, arrivò a paragonare i martiri cristiani dei primi secoli ai democristiani colpiti dalle inchieste di ”Mani pulite”: ”I primi sono saliti alla gloria degli altari, i secondi sono guardati ancora con ostilità e disprezzo anche da una parte dello stesso mondo cattolico”. Per non dire di come si sfogò con Sette: ”Non perdonerò mai chi ha fatto carriera appoggiandosi sulla pila di cadaveri dei miei vecchi amici di partito.Ho conservato tutti gli articoli sugli arresti deimiei colleghi”. Così è fatto: raffinatissimo nella scelta dei francobolli, se è vero che ha una gran collezione ed è in grado di discettare sui saggi scritti iper-specialistici scritti intorno all’uso politico del francobollo, ha su tutto il resto la finezza dei boscaioli alle prese con un tronco. Impugnata l’ascia, va. Dove piglia piglia. Basti ricordare il modo in cui a ”Porta a porta”, arrivò a correggere Giuliano Ferrara perché gli pareva troppo moscio. E avendo quello detto che l’’Unità” era ”un foglio tendenzialmente omicida”, l’aveva rimbeccato: ”Tendenzialmente?”. Al che l’altro aveva rincarato: ”Omicida, proprio omicida, è un foglio che predica odio e annientamento dell’avversario”. E lui, finalmente soddisfatto: ”Esatto”. Appassionato sostenitore delle ragioni degli italiani rimasti in Istria e in Dalmazia, nemico focosissimo degli spinelli, delle luci psichedeliche (’Tu stai lì e il mondo ti gira intorno e i medici spiegano che dopo una notte trascorsa così, con la tecno che ti martella i timpani, e magari l’alcol e altre cosette, il tuo fisico non regge”), dei comunisti in ogni variante (’Mi impressiona che un partito si chiami Rifondazione comunista: mi farebbe la stessa impressione Rifondazione nazista”) è benedetto da tutti i giornali per la foga dichiaratoria. Che sia Natale o Ferragosto, che si parli di rane o biomasse, lui c’è: ”La fa un’intervista?”. ”Pronto!”. Ogni tanto, sbrocca. Come la volta che disse che le donne in Italia non fanno politica perché non ”gliene frega niente”. Anche quelle del suo schieramento volevano sbranarlo. Lui ci fece su una risatina e, da buon mediano, ripartì a testa bassa» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 18/3/2006).