varie, 1 marzo 2002
GIRAUDO Antonio
GIRAUDO Antonio Torino 2 settembre 1946. Manager. Ex amministratore delegato della Juventus (1994-2006), nel 2006 subì una squalifica di 5 anni in seguito allo scandalo “calciopoli/moggiopoli”, il 15 giugno 2011 arrivò la radiazione (primo grado). Optato per il rito abbreviato, il 14 dicembre 2009 fu condannato a 3 anni di reclusione nel processo di Napoli per frode sportiva • «Comincia a dieci anni la carriera di amministratore delegato di se stesso, e lo fa suonando il campanello dei vicini di casa: famiglia Colombo, via Filadelfia, Torino. È il 1956. La famiglia Colombo è proprietaria di un magnifico balcone con vista sullo stadio del Toro, e il piccolo Giraudo è ospite a domeniche alterne di quel prototipo di tribuna vipsss, dove mangia la torta insieme all’amico Claudio e guarda tra i gerani e le petunie, “a gratis”, le partite della sua squadra del cuore: granata. Siccome il Giraudino non ama scroccare, e ha già capito che il succo della vita non è il sentimento ma il mercato, cede all’amico Claudio e alla di lui famiglia i diritti televisivi del suo apparecchio Phonola ventuno pollici bianco e nero. In cambio del palco d’onore con ringhiera, offre il periodico utilizzo di un bene che a quell’epoca possiedono in pochi, appunto la tivù. Trascorsi quarant’anni abbondanti, è diventato il vero padrone del calcio italiano. Più di Galliani, che ne è amico e lo copia. Più dei mecenati Sensi e Moratti, nati stramiliardari (invece Giraudo lo è diventato). Più di Cragnotti, che per far sopravvivere la Lazio deve vendere. Il primo segreto di Antonio Giraudo, torinese aspro, non falso e non cortese, antipatico, decisionista, arrogante, permaloso, serio, pragmatico, gran tagliatore di teste e di conti, si chiama Umberto Agnelli. Ne è stato segretario, poi amministratore dei beni personali, quindi testa di ponte nel settore immobiliare, pilota nel progetto Sestriere (neve artificiale sparata dai cannoni, meeting d’atletica, tappe di Giro d’Italia e Tour), infine uomo Juventus da quando l’Avvocato ha passato il giocattolo al fratello, nel 1994. Alla guida dei bianconeri ha vinto molto, perduto un po’, rivinto. L’ex bambino del balcone ha risanato il bilancio (sei gestioni consecutive in attivo). Ha imposto i “contratti a prestazione”: si guadagna tanto solo se si vince. Ha ottenuto la gestione dello stadio Delle Alpi dopo otto anni di lotte col Comune, minacce, ricatti, fughe della Juve in altre città. Ha preteso 200 milioni perché i bianconeri partecipassero a un torneo a Salerno in memoria di un loro giocatore morto di leucemia, Andrea Fortunato. Si è accorto di quell’errore e ha fatto beneficenza a favore dell’ospedale infantile “Gaslini” di Genova. Ha imposto alla Juve Luciano Moggi, reduce da un’inchiesta sullo sfruttamento della prostituzione (la storia delle interpreti per gli arbitri del Torino). Ha ammesso gli ultras al tavolo delle trattative per il contratto di Roberto Baggio che poi ha venduto, come Zidane. Ha usato la curva in maniera disinvolta (eufemismo). Ha dettato e fatto appendere uno striscione contro il suo storico nemico Cesare Romiti, colui che lo emarginò dalla Fiat per motivi mai chiariti del tutto. Ha portato la Juventus in Borsa, ricevendo in cambio 1,6 milioni di azioni come “stock options” al prezzo di 0,2131 euro l’una, le ha poi ricollocate sul mercato a 3,7 euro e si è messo in tasca oltre undici miliardi delle vecchie lire. È il terzo azionista bianconero dopo l’Ifi, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli, e i libici della Lafico, cioè Gheddafi. Ancora: ha guidato la svolta del calcio televisivo e commerciale, ha inventato interi settori di marketing, ha ottenuto che le società di calcio diventassero Spa con fini di lucro. Non è un personaggio facile e non fa nulla per nascondere i denti da pescecane. Un merito: è proprio come appare, e preferisce lo scontro diretto. Un difetto: è come è. Sa essere spietato ma anche sarcastico, soprattutto quando lancia messaggi trasversali. Del giudice Guariniello dice: “So che lavora pure d’estate e di notte. Mi auguro che qualcuno tuteli la sua salute”. Il riferimento è al processo per doping attualmente in corso: nella farmacia bianconera c’erano più antidepressivi che in una clinica psichiatrica, dirà il tribunale a cosa servissero. Tutti i sospetti, i sussurri, le allusioni di questi anni sul rapporto Juve-Moggi-arbitri, sulla società a gestione famigliare che sempre Moggi ha avviato col figlio procuratore, tutte le accuse arrivate da Sensi e Moratti, l’ex bambino del balcone le ha respinte a colpi di querele, “squalifiche” dei giornalisti cattivi e ironia, che non gli manca. Così, pranza con Moggi e Bettega bevendo un’ottima barbera che si chiama “Bric dei banditi”. Ama dire, con un ghigno inquietante: “È perfetta per noi, no?”. Quand’era tifoso del Toro, insultò Boniperti con il gesto dell’ombrello dopo un derby vinto in extremis dai granata: sangue e arena, un odio reciproco che sarebbe durato e invecchiato nel tempo meglio della barbera. Quando arrivò alla Juve, si accanì col machete proprio sulle teste dei bonipertiani. Sposato, ha una moglie timida e discreta con l’hobby delle coperte in patchwork, un bambino che si chiama Michele e la gran passione del golf. Austero e rigorosissimo: prima di laurearsi ovviamente in economia ha studiato dai gesuiti, e l’unica debolezza della carne se la concede a tavola, dove va pazzo per i tartufi. La sua divisa è una grisaglia quattro stagioni con cravatta blu, e mette il saio anche sulle abitudini pratiche: mai avuto l’autista. Le trasferte se le fa tutte sul pullman della squadra, seduto davanti come un capo scout. Giocò pure a pallone nel Pertusa Millefonti, centrocampista alla Furino: una volta si prese sei giornate di squalifica perché era cattivo, e nel tempo ha affinato questa sua attitudine. Probabilmente non esiste nel mondo del calcio un amministratore più bravo di lui. Il suo contratto scadrà nel giugno 2003, da tempo si parla di Ferrari anche se la successione dinastica tra l’Avvocato e il fratello Umberto dovrebbe spalancare nuove porte allo squalo gourmet anche dentro la Fiat, sebbene ora comandino di più gli americani. “Il mio futuro è nel calcio in trasformazione” assicura lui, promettendo altri tagli ai costi, all´organico juventino e agli antichi valori. Il filo della sua scimitarra è sempre perfetto, ma non vi lasciate ingannare. Il terribile Giraudo, l’uomo che inventò la neve finta, quando vuole è anche romantico. Tra i suoi migliori amici c’è Mogol, che raggiunge non appena può nella favolosa tenuta umbra del poeta. Quando Mogol chiede ad Antonio “che ne sai tu di un campo di grano?”, quell´altro risponde: “Me lo vendo e ci faccio uno stadio con dentro un supermercato”» (Maurizio Crosetti, “la Repubblica” 7/9/2002).