varie, 1 marzo 2002
GIUFFRÉ
GIUFFRÉ Carlo Napoli 3 dicembre 1928. Attore • «Formatosi all’Accademia nazionale d’arte drammatica, debutta nel 1949 con Eduardo De Filippo, restando con lui per due stagioni. Da allora la sua carriera sembra svolgersi su due binari divergenti: da un lato i ruoli di attore giovane dal fisico avvenente e dai fascini convenzionali, dall’altro una felice tendenza al comico e al grottesco. Dopo varie esperienze (fra le principali Chi è di scena? di Galdieri con Anna Magnani, Romagnola di Squarzina con Virna Lisi e La fantesca di Della Porta con Marcello Moretti), arriva nel 1963 la svolta decisiva: entra a far parte della mitica Compagnia dei Giovani (De Lullo-Falk-Valli-Albani), con la quale rimane per ben otto stagioni riuscendo, finalmente, a risolvere l’antinomia fra le sue due personalità d’attore, l’amoroso e il comico. Fu, fra l’altro, il Primo Attore nei Sei personaggi in cerca d’autore, Albino nella Bugiarda di Fabbri, Solionij in Tre sorelle, Guido Venanzi nel Giuoco delle parti, Michele in Metti una sera a cena di Patroni Griffi e, nel 1970, il duca d’Orange nell’Egmont di Goethe diretto da Luchino Visconti, l’ultimo grande spettacolo prodotto dai Giovani. Poi i successi in serie colti con la propria compagnia, accanto al fratello Aldo, e da solo con Il piacere dell’onestà, Pane altrui, Miseria e nobiltà e Il medico dei pazzi. E infine l’approdo al grande repertorio eduardiano, spesso anche come regista: Le voci di dentro , Napoli milionaria!, Non ti pago e Natale in casa Cupiello» (Dizionario dello Spettacolo del ”900, a cura di Felice Cappa e Piero Gelli, Baldini&Castoldi 2002) • «[...] Eduardo nel dicembre del ”48 cercava uno che sapesse parlare bene italiano per fare, dietro le quinte, lo speaker radiofonico nel suo La paura numero uno. Io ero ventenne, ero in Accademia, mi scritturò, e la mia prima battuta era da giornale-radio, ”A proposito di una possibile invasione dell’Europa occidentale, il ministro ha detto, eccetera eccetera”. Facevo anche la comparsa condominiale. Subito dopo, per sostituire un interprete ammalato, fui promosso a Portiere ne Le voci di dentro [...] In prova esclamò: ”Levate quelle palette ”e miezzo” per farmi contenere le mani, per non farmi sbracciare. E un’altra volta mi redarguì: ”State recitando, che state facendo?” perché voleva che vivessi e non fingessi la parte. Insegnamenti pacati, essenziali [...] la Abba era affascinantissima, e ne La nuova colonia di Pirandello con regia di Vittorio Viviani, aveva carisma, ma parlava poco. La Magnani era meravigliosa, e mentre facevamo la rivista Chi è di scena era capace di ridere per mezzora e piangere per un’ora, ma si sfogava anche animando cene piene di gente vitale. Con Valli, la Falk e i Giovani ho trascorso otto memorabili stagioni di spettacoli, un tirocinio classico, etico ed estetico, e De Lullo mi insegnò un mistero del teatro, il parlare sottovoce e farsi sentire dall’ultima fila della platea. Poi un giorno impallidì quando gli chiesi di arrivare in ritardo alle prove per girare un Carosello, che non feci più. Visconti mi diresse nel ”70 nell’Egmont di Goethe, e con la sua ironia bella e robusta quando mi vide fare una passeggiata lungo tutto il proscenio mi rimproverò: ”Carlo, non siamo a via dei Mille a Napoli!” [...] Non mi sono fatto mancare Cechov, Ibsen e Shakespeare, ho avuto la fortuna di prendere parte a Metti una sera a cena di Patroni Griffi, e nella maturità ho cominciato a ridire battute di Eduardo da quando un anno prima che morisse, nell’83, mi concesse La fortuna con la effe maiuscola scritta assieme a Curcio. Col tempo, adottando i Petito e gli Scarpetta, ho scoperto che il pubblico s’appassiona per testi dove figurano le Concette e gli Sciosciammocca. E sono grato agli sceneggiati d’un tempo, quando nel ”55 andavamo in onda dal vivo, mentre adesso la tv rema contro [...] quando ero giovanotto [...] speravo di soffrire, di avere un corpo più complicato. Ma forse tutto parte da una reazione alla miseria di quando ero bambino... [...] Io ho vissuto in un collegio per orfani dagli 8 ai 14 anni. Entrai in collegio nel ”36, quando morì mio padre che era contrabbassista al San Carlo di Napoli, e di colpo noi ci ritrovammo a essere quattro figli poveri. Non avevo neanche le scarpe, e me la cavavo con gli zoccoli, andavo a mangiare dagli zii. Ma ebbi un forte spirito di sopravvivenza. E lì accettai qualsiasi cosa: suonavo la tromba, feci teatro con un atto unico di Marchesi e Metz, coi personaggi di Timiducci (ero io) e Franconi [...]”» (Rodolfo Di Giammarco, ”la Repubblica” 9/1/2008) • «[...] grande attore (ma non meno sapiente regista) alla soglia dei suoi 80 anni ha compiuto una trasformazione meravigliosa: egli ha superato il maestro. Non ho timore di dire che Carlo ormai è un attore più grande di Eduardo. Eduardo aveva una mimica magnetica, di conturbante rilievo. Carlo recita da fermo, o con piccoli gesti, sottili, quasi impercettibili. Eduardo era un attore drammatico, a volte perfino dionisiaco. Carlo è un attore apollineo, pacato, il cui pathos appare riassorbito nella sapienza della vita, negli anni che gli è toccato vivere. Insomma, usa meno mezzi e ottiene gli stessi risultati. [...]» (Franco Cordelli, ”Corriere della Sera” 6/1/2008) • «Quando ero giovane ho fatto qualche film, poi mi sono concentrato solo sul palcoscenico. Mario Monicelli non mi ha mai perdonato di aver rifiutato di interpretare con lui Speriamo che sia femmina: mi disse che avevo commesso un grave errore, così come quando rifiutai una parte importante nell’altro suo film Amici miei, perché ritenevo che fosse un personaggio volgare, poco adatto alle mie corde» (Emilia Costantini, ”Corriere della Sera” 6/10/2001).