Varie, 1 marzo 2002
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Glass Philip
• Baltimora (Stati Uniti) 31 gennaio 1937. Musicista • «[...] vulcanico compositore [...] il musicista contemporaneo più amato e suonato al mondo, che passa disinvolto dalla musica per i giochi olimpici di Atene ad un’opera ispirata allo scrittore sudafricano J. M. Coetzee, Nobel 2003. [...] si prodiga in imprese fantastiche, coinvolgendo orchestre sinfoniche, cantanti, registi di cinema o teatro che arricchiscono la sua musica e lo emancipano dall’etichetta minimalista degli esordi. [...] con il passare del tempo, si è addolcito. [...] La passione per la musica la deve a suo padre? ” così. Aveva un negozio di radio-riparazioni e portava a casa i dischi di musica classica per ascoltarli in pace. Li ascoltavo anch’io di nascosto. Quando lo scoprì, mi incoraggiò, anche se non credeva che sarei diventato un musicista professionista. A sei anni ho cominciato a prendere le prime lezioni…”. Ha approfondito i classici, da Bach a Beethoven, passando poi a Webern e ai contemporanei. Ma l’incontro rivelatore è stato con Ravi Shankar e la musica indiana. giusto? ”Nadia Boulanger e Shankar sono stati i due artisti più importanti per me. Avevo 26 anni, ma erano già 18 che studiavo musica. Li ho incontrati entrambi a Parigi. Studiavo con la Boulanger e Shankar era in città per un concerto. Aveva bisogno di un assistente che parlasse il francese e scelse me. Credo fosse il 1964. Dopo i Beatles andarono in India e George Harrison frequentò Ravi da vicino. La musica indiana si diffuse in Inghilterra e negli Stati Uniti. Anche John Coltrane amava i raga di Shankar, andavo a sentirlo spesso al Village Vanguard. Una strana coincidenza, non era mai successo che musicisti così diversi fossero attratti dalle stesse cose che venivano dall’Oriente”. Però insieme alla musica, furono importate dall’India anche filosofie e religioni mistiche. ”Il poeta Allen Ginsberg ne fu molto influenzato. Aveva dieci anni più di me, ma diventammo amici ed abbiamo lavorato insieme. Sono stato fortunato, ero giovane e molto ispirato, ma era un periodo estremamente vitale per tutti” [...]» (Giacomo Pellicciotti, ”la Repubblica” 9/4/2005). «Non è un compositore come gli altri, è un vulcano, un flusso di parole e musica che sgorgano inesauribili, scroscianti come le cascate del Niagara. Ogni volta che torna in Italia, uno dei suoi paesi più amati, i concerti sempre diversi sono accompagnati da chiacchierate a ruota libera che confermano una prodigiosa fertilità d’idee, con la maniacale illustrazione dei più variegati progetti presenti e futuri, dal cinema al balletto all’opera lirica. […] ”Il primo pezzo l’ho scritto a 15 anni, era un trio per archi nello stile di Schoenberg, perché nel 1952 suonava molto moderno, come volevo essere io. Da allora non mi sono fermato più […] Il segreto della vitalità dell’Ensemble sta nello speciale rapporto che intratteniamo con gli ascoltatori. Da più di trent’anni cerchiamo di non ripeterci e il pubblico ci segue sempre con interesse, specie quello italiano. Non sono uno di quei compositori che vive nell’isolamento. A ispirarmi è la dialettica tra la mia immaginazione e la risposta della gente. La comunicazione con il pubblico è per me essenziale”» (Giacomo Pellicciotti, ”la Repubblica” 3/7/2002).