Varie, 1 marzo 2002
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Grandes Almudena
• Madrid (Spagna) 7 maggio 1960. Scrittrice. Nell’Università Complutense della capitale spagnola, ha studiato geografia e storia. Il suo primo libro, Le età di Lulù (Guanda, 1990) ottenne in Spagna nel 1989 il premio per la narrativa erotica «La Sonrisa Vertical» (Il sorriso verticale) ed è stato un successo editoriale in tutto il mondo: quasi due milioni le copie vendute. Altri titoli dell’autrice: Ti chiamerò Venerdì (Guanda, 1991), Malena: un nome da tango (Tea, 1998) e i brevi racconti di Modelli di donna (Guanda, 1998). «Una delle maggiori e più amate scrittrici spagnole [...] Si descrive così: “Ho la faccia di un’antica pubblicità di olio di oliva, la voce profonda, le spalle larghe, i capelli e gli occhi neri e con i tacchi arrivo a un metro e ottanta. Ho l’aspetto di una spagnola imponente e dispotica, ma, in verità, cedo in fretta. È vero che sono una persona di carattere, mi piacciono le persone così, non mi interessano i passerotti, né maschi né femmine, sono decisa, ostinata, con forza di volontà, però ho un lato vulnerabile. Ho sempre desiderato essere magra e, benché mangiare mi piaccia da pazzi, sono 25 anni che non mangio e resto grassa perché sono una grassa congenita. Da piccola mi sarebbe anche piaciuto essere bionda, perché nelle storie che leggevo le bionde erano sempre buone e le more cattive; poi per fortuna uscì Biancaneve di Walt Disney e riabilitò noi more [...] Sono rivoluzionaria, di più ogni anno che passa. Sono sempre stata politicizzata, ma con il tempo divento via via più radicale. Morirò radicalissima, temo. E il mio Paese di cui un tempo andavo fiera, ora mi piace sempre meno. [...] Sogno che venga il giorno nel quale non si parlerà più di scrittura maschile e femminile bensì soltanto di letteratura. Ma poiché siamo in Spagna, dove il ’68 è arrivato negli anni Ottanta, dove le donne hanno cominciato a lavorare per ultime, dove tutto è arrivato in ritardo, prevedo che, ahimè, dovrò rispondere ancora a lungo a domande sulla scrittura femminile. [...] Le tedesche, le inglesi, le scandinave si possono permettere di essere madri con più leggerezza di noi, anche di tre o quattro figli. Io le guardo in spiaggia con invidia: lasciano che i bambini corrano, si sporchino, si buttino in acqua. Le spagnole invece, e anche le italiane, sono condannate a un continuo stai attento, non ti bagnare, non ti sporcare, copriti, non andare, non fare, attento, torna qui subito...”» (Isabella Bossi Fedrigotti, “Corriere della Sera” 23/9/2003). «Trasformata in poco più di dieci anni da giovane esordiente di scandalo e di successo con Le età di Lulù in scrittrice affermata e confermata dalla critica e dalle vendite (170 mila copie soltanto in Spagna) con Atlante di geografia umana, Almudena Grandes è rimasta però fedelissima a se stessa: piena di forza e di foga, piena di passione per la vita, la scrittura, le donne e, ovviamente, gli uomini. Parlare con lei in spanitaliano (o itagnolo) è facile, perché quasi non c’è bisogno di domande e il discorso corre e straripa ben oltre i confini dell’intervista, diventa conversazione e discussione di letteratura, di politica, di storia, di sentimenti, di psicologia, eventualmente di antropologia. Tutto quello che sa - lei dice - lo sa grazie alla scrittura. “Per un verso perché mi sono sempre aggirata per la vita con ’occhi narratori’ che trasformano ogni persona in un personaggio e dunque guardo, osservo, indovino; e per l’altro perché la letteratura mi dà gli strumenti per interpretare la realtà, per salvare la memoria, per chiarire pensieri e intuizioni: del resto si sa che chi scrive non ha bisogno di psicoanalista. [...] Lo scrittore inventa. Certo prendendo spunti dalla realtà, mescolando le carte e i ricordi, ma sostanzialmente inventa [...] mi è toccata la grazia di essere adolescente in un Paese adolescente, in una città adolescente. Ho avuto il meglio. [...] Ho la fortuna di avere il carattere uguale a quello della città nella quale vivo. A qualcuno capita, indipendentemente da dove è nato. Di Madrid mi piace in particolare che non abbia alcuna vocazione per le società: non ci sono i locali dove vanno solo gli scrittori o solo i toreri o gli agenti di cambio. Tutti vanno dappertutto. Allo stesso modo non ci sono circoli, ambienti, gruppi ben delimitati: è tutto un intersecarsi disordinato, una grande piazza dove ci si ferma a chiacchierare un po’ con l’uno, un po’ con l’altro. O, almeno, questa è la mia sensazione. Poi di Madrid mi piace la capacità di sopravvivere a tutto, senza veramente cambiare. Nel giro di due settimane è stata prima capitale dell’antifascismo e poi centro del fascismo militante e consolidato. E ora, dopo anni di socialismo, è diventata capitale della destra, continuando a rimanere uguale a se stessa”» (Isabella Bossi Fedrigotti, “Corriere della Sera” 13/6/2001).