Varie, 1 marzo 2002
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Grant Hugh
• Londra (Gran Bretagna) 9 settembre 1960. Attore. Il più popolare attore contemporaneo britannico (Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, Mickey occhi blu, Bridget Jones, About a boy ecc.). «L’anno fortunato è stato il 1994, l’anno di Quattro matrimoni e un funerale. Era l’inglese colto, irresponsabile, dalla battuta svelta e acida, sempre pronto a buttarsi giu usando l’arma dell’auto-ironia. E da allora, film dopo film, ha continuato con sempre maggiore successo a riproporre un po’ lo stesso personaggio, un uomo superficiale, incapace di accettare il mondo turbolento e in continua trasformazione che lo circonda ma così pieno di charme che tutto gli viene perdonato. Un cliché cinematografico, penserà qualcuno. Ma dopo aver trascorso un’ora con lui, è facile pensare che il Hugh Grant conosciuto sui grandi schermi sia il riflesso del vero Hugh Grant, studente di letteratura a Oxford diventato attore per caso. [...] ”Non so che cosa dire, non cerco necessariamente le cose leggere, ma temo che se facessi dei drammi sarei noioso e ordinario. [...] La verità non mi interessa, voglio essere circondato solo da gente che mi ripete in continuazione quanto sono bello e quanto sono bravo. [...] Ho una grande passione per la letteratura, seguo alcuni aspetti della politica. E ho dei valori che giudico sacri, come la decenza. E la lealtà. Quanto al lavoro che faccio ho un atteggiamento un po’ schizofrenico. Ho iniziato col teatro quando ero al college solo perchè c’era una ragazza che mi interessava. Adesso sono qua e spesso penso che ci debba essere altro da fare nella vita. [...] Vorrei scrivere, ma non voglio sfruttare la mia fama. Sarebbe troppo facile, mi pubblicherebbero qualunque cosa. Vorrei scrivere un libro anonimo”» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 9/12/2002). «Per anni ho recitato la parte dell’inglese complesso, colto e difficile. [...] Ho davanti a me metà della mia vita e penso di avere delle buone probabilità di trovare qualcuno, magari una donna dell’Europa orientale. Perché? Nella casa accanto a quella dove sono cresciuto c’era una coppia di polacchi. Lui la prendeva a botte tutti i giorni, ma la moglie non lo ha mai lasciato. E questo mi ha insegnato molto sul concetto di lealtà. [...] Scrivo ogni tanto delle note sui vini che bevo, ma sono incomprensibili perché le scrivo quasi sempre mentre sono ubriaco! [...] Per i miei quarant’anni pensavo che avrei organizzato una grande festa, ma sono finito in un pub con un paio di amici. Non ci sono state grandi svolte, l’unica cosa è che mi sono messo a giocare a golf. E ho scoperto, con mia grande preoccupazione, che mi piace moltissimo» (’La Stampa” 20/3/2001). «All´inizio della carriera la ragione che mi spingeva a accettare una parte era che mi veniva offerta solo quella. Poi c´è stato un momento in cui me ne venivano offerte due e allora la scelta era là dove ci fossero belle donne. Ora i tempi sono cambiati ma devo dire che i miei criteri di selezione sono rimasti gli stessi». [...] Ken Loach è il mio regista preferito, ma non saprei mai fare i suoi film. [...] Da venti anni dico che sono stufo di fare l´attore ma anno dopo anno sono sempre qui e probabilmente non smetterò mai di recitare. Parti drammatiche? Mi piacerebbe interpretarle ma evidentemente non mi considerano bravo a dire cose profonde e scelgono sempre Ralph Fiennes. Sul set sono una persona simpatica e carina. Cerco di dare il meglio perché ho paura dell´umiliazione. [...] Recentemente ho rinforzato le natiche che stavano per cedere, non so con quali risultati. Non uso profumi, l´uomo vero non li mette. Mio padre diceva che l´uomo vero non si fa nemmeno lo shampoo» (Roberto Rombi, ”la Repubblica” 29/10/2003).