Varie, 1 marzo 2002
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Gretzky Wayne
• Brantford (Canada) 26 gennaio 1961. Ex giocatore di hockey su ghiaccio • «[...] Wayne Gretzky è “Mister Hockey”, perché se questo sport ha potuto inserirsi fra i 4 più grandi d’America per popolarità, lo deve soprattutto a lui. Wayne Gretzky è ‘The Great One”, perché non c’è stato giocatore nella storia dell’hockey che abbia tagliato in carriera gli stessi suoi traguardi. Wayne Gretzky è “Tne Nice One”, perché in uno sport spesso violento è riuscito, grazie alla sua classe infinita, a mantenersi al di fuori degli scontri fisici. Wayne Gretzky è tutto questo e non lo fa pesare, L’hockey ce l’ha nel sangue. Il virus glielo ha trasmesso suo padre Walter. A due anni gli aveva già messo una mazza in mano e i pattini ai piedi. Un po’ il destino di chi nasce al Nord. Brantford nell’Ontario, Canada, dove gli inverni sembrano interminabili. A 7 anni il piccolo Wayne segnava già gol a valanga contro squadre di ragazzi più grandi: a 11 incontrava per la prima volta il suo grande eroe, Gordie Howe, l’uomo a cui successivamente avrebbe tolto tutti i record [...] avrebbe voluto indossare la maglia con il suo numero, il 9, ma quando iniziò a giocare non era disponibile e così decise di duplicarlo e diventare il 99. A 17 anni giocava la sua prima partita di All-Star proprio al fianco di Howe. A 23 vinceva la prima delle sue [...] Stanley Cup con gli Edmonton Oilers, mentre stagione dopo stagione stabiliva un primato dopo l’altro. [...] “Avevo gli stessi sogni di tutti gli altri bambini con cui sono cresciuto. Certo, avevo l’aspirazione di poter giocare nell’Nhl. Avevamo le figurine dei nostri eroi del ghiaccio. Sognavamo. Ma non ho mai pensato davvero di riuscire e non credevo certo di poter diventare un campione. Anzi, cercavo di studiare, di andare bene a scuola, perché non volevo dedicare tutte le energie solo all’hockey. Così, nel caso non fossi diventato un professionista, avrei potuto intraprendere un’altra carriera. [...] L’hockey è la mia vita. Sono stato anche un po’ egoista, perché tutta la mia vita è stata dedicata all’hockey. Non ho mai pensato a nient’altro. Mi sono divertito. [...] il momento più bello in assoluto è stato quando ho conquistato il primo campionato, l’attimo in cui ho sollevato la Stanley Cup. La sensazione che ho provato quando ho avuto in mano quella coppa è indescrivibile. Avevo sognato quel momento fin da quando ero bambino. [...] Ho segnato tantissimi gol, ma non posso considerarmi un goleador. Non credo di aver mai avuto il tiro potente. Segno grazie all’istinto e al duro lavoro. A me piace passare, smarcare, fare gli assist al compagno. Mi viene naturale. È proprio la mia capacità di passare il disco sul ghiaccio che mi ha fatto diventare grande. [...]”» (Massimo Lopes Pegna, “La Gazzetta dello Sport-Magazine” n. 18/1997).