Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 01 Venerdì calendario

Griffith Melanie

• New York (Stati Uniti) 9 agosto 1957. Attrice. Sposata con Antonio Banderas • «A sei anni Hitchcock le regalò una piccola bara con dentro una versione in miniatura di sua madre Tippi Hedren. A tredici possedeva un cucciolo di leone di nome Casey. Un anno dopo sarebbe scappata di casa per andare a vivere con un attore un po’ trash e molto più vecchio di lei che si chiamava Don Johnson. Non era ancora maggiorenne quando lasciò di sasso Paul Newman emergendo seminuda da una piscina (il film è Detective Harper: acqua alla gola). La soprannominarono ”la Lolita dei Settanta" e vent’anni dopo, con un gesto di notevole humour, avrebbe interpretato la madre della ninfetta di Nabokov. Ha studiato recitazione con la mitica Stella Adler, ma la sua carriera è decollata dopo aver soffiato un ruolo alla pornostar Annette Havens (in Omicidio a luci rosse). Come Elizabeth Taylor, ha sposato lo stesso uomo due volte, Don Johnson, e due volte ne ha divorziato. Come la Taylor, adora i diamanti e ha soggiornato in cliniche specializzate in disintossicazione. Al cinema è stata una spogliarellista, una donna in carriera, una spia, una Mad Max femmina, un’assassina, una studiosa di cultura ebraica, una sorta di Bonnie Parker tossica e l’irresistibile ingenua nel remake di Nata ieri. [...] Indistruttibile eppure vulnerabilissima, smagliante ma, da sempre, con una traccia di impalpabile malinconia, impunita eppure scottata da numerosi passi falsi, Melanie Griffith è sangue blu made in Hollywood, la Hollywood vecchio stampo. In un panorama di star un po’ anemiche la cui immagine è sempre più definita da agenti e uffici stampa e le cui scelte sono sempre più guidate dai calcoli di percentuale e botteghino, la Griffith rifiuta di restringersi, di confromarsi, ama essere ”bigger than life”. Il riferimento alla splendida Taylor non è casuale: con quell’intrecciarsi di vita e carriera che procedono su e giù come un ottovolante e che vengono puntualmente e allegramente registrate dai tabloid di tutto il mondo, Melanie possiede l’allure e gli eccessi di un mito popolare vecchia maniera. Capace, come i veri miti, di eclissarsi per risorgere più volte. Persino la sua chirurgia plastica è un po’ fuori standard, con le labbra enormi di collagene da cui esce una morbidissima voce da bambina e il seno rifatto proprio nel mezzo della lavorazione di Il falò delle vanità (un’apparizione al silicone che mandò in tilt il regista Brian De Palma e la segretaria di edizione: non c’erano più raccordi possibili al montaggio...). [...] il botteghino non sembra mai essere stato una delle principali preoccupazioni di Melanie Griffith. E, d’altra parte, sono stati sempre i personaggi ”pericolosi’ a fare la sua fortuna. Dopo le provocantissime ninfette degli anni Settanta (oltre a Detective Harper: acqua alla gola, anche il capolavoro di Arthur Penn, Bersaglio di notte), ci furono gli incontri con De Palma (era la spogliarellista in Delitto a luci rosse) e Abel Ferrara (Paura su Manhattan). Fu Qualcosa di travolgente (in inglese Somethnig Wild, ovvero Qualcosa di selvaggio, un titolo che sembra definire l’eccitante inafferrabilità di quest’attrice), di Jonathan Demme a renderla veramente famosa. Quel film e Una donna in carriera dove, nei panni della segretaria Tess McGill (con ”una mente per gli affari e un corpo per il peccato”), Griffith scippò la ribalta alla più famosa Sigourney Weaver, vincendo un Golden Globe e sfiorando l’Oscar. L’era di Ronald Reagan, per Melanie, si chiuse con un disastro: Il falò delle vanità, l’adattamento del romanzo di Tom Wolfe che quasi seppellì anche la carriera di Brian De Palma. Per un po’, quelle sue curve così dolci e allungate, quella sua aria e quella sua biografia troppo ”opulente”, il serafico non prendersi sul serio, l’atteggiamento da ”finta oca” devono essere sembrati fuori luogo, un po’ volgari, negli austeri, salutisti, anni Novanta. Intanto, la folgorante storia d’amore con lo straniero Banderas (che per lei ha lasciato la prima moglie) non era proprio uno scandalo alla Rossellini/Bergman ma dava da fare ai cronisti di ”rosa” [...] Attrice di disarmante generosità e istinto, sa ridere di sé e sa rischiare interpretando, per esempio, la diva che fa un pompino al giornalista Kenneth Branagh sostenendo però di non tradire suo marito, in Celebrity di Woody Allen [...] James Woods [...] l’ha ricordata agli inizi della carriera, sul set di Bersaglio di notte: ”Si è presentata, il primo giorno, con dei calzoni strettissimi che le fasciavano i fianchi e un top minuscolo. [...] Già allora era ineffabile e divertentissima. Esclamò: ’Devo usare una controfigura perché sono minorenne. Ma dove lo trovi un altro corpo come il mio?’, Pensai subito che, un giorno, quella ragazzina sarebbe diventata una star”» (Giulia D’Agnolo Vallan, ”Ciak” settembre 1999).