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 2002  marzo 01 Venerdì calendario

Hallyday Johnny

• Parigi (Francia) 15 giugno 1943. Cantante e attore • «Il ragazzino vestito di cuoio che si agitava con la chitarra elettrica sul palcoscenico dell’Olimpia [...] Un po’ come il nostro Celentano, ha attraversato il cinema, lo spettacolo, la televisione, i generi musicali e appunto le generazioni, finendo per piacere a tutti. diventato un "bene rifugio" dei francesi, ha scritto un sociologo. [...] Qualcuno si è spinto a paragonare il cantante a Chirac, per spiegare il successo di entrambi, costruito, in ambiti diversi, sulla vitalità fisica e sulla straordinaria capacità di comunicazione. Di certo, i due hanno in comune la passione per la birra messicana e un’eccezionale resistenza sull’onda del successo. Quando c’erano la guerra fredda e la Russia di Breznev, Hallyday era già famoso e Chirac era già un leader nazionale, da sempre in corsa per l’Eliseo. A ben vedere, nel successo intramontabile di Hallyday c’è anche l’attaccamento a cliché e modelli nazionali, di cui i francesi sanno andare orgogliosi, fingendo di crederci e conservandoli con cura. Hallyday è come il restyling di una vecchia Citroën, è l’eccezione culturale cui appendere linguaggio, griffe e storia, è la piccola ipocrisia di considerare francese tutto ciò che parla francese, a dispetto delle origini. E, nel caso di Hallyday, a dispetto di una straordinaria e sempre esternata passione per l’America» (Massimo Nava, "Corriere della Sera" 9/6/2003). «L’Elvis dei francesi, voce roca di Que je t’aime, ex marito di Sylvie Vartan, idolo di (almeno) tre generazioni, oltre cento milioni di dischi venduti, cento tournée, 28 film, mille copertine» (Francesca Pierantozzi, ”Corriere della Sera” 10/1/2002). «Per non sfigurare prende in giro le rughe con i ricci biondi, giacca di pelle nera, braccialetto di conchiglie e tatuaggi di segni zodiacali sulle braccia (’Leone e Scorpione, quelli dei miei due figli”). ”Il cinema è sempre stata la mia passione”, confessa. ”Sono attore per vocazione, cantante per caso […] ”Al cinema - ricorda - debuttai a 12 anni con I diabolici di Clouzot. A 15 anni, per pagarmi le lezioni alla scuola d’arte drammatica, misi insieme una piccola band. Si andava per balere il sabato e domenica. Tra il pubblico una sera c’era il boss di una casa discografica: mi propose di incidere un disco. Andò bene, la mia strada cambiò”. Non del tutto però. ”Sì, ma i film che mi proponevano erano tutti legati ai miei successi musicali, tipo Viva Las Vegas. A darmi la vera chance fu, nell’84, Godard con Détective. Quanto a Leconte, sono stato io a offrirmi. Mi piacerebbe essere filmato da te, gli dissi una sera. Frase un po’ strana ma a lui piacque. Ho scoperto poi che è un mio grandissimo fan, ha quasi tutti i miei dischi"» (Giuseppina Manin, ”Corriere della Sera” 4/9/2002). «Da bambino gli idoli che avrei voluto imitare erano Elvis Presley e James Dean. Andando avanti nell’età ho scoperto che la cosa migliore è cercare di essere se stessi. Senza smettere di imparare» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 4/9/2002).