Varie, 1 marzo 2002
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Harding Daniel
• Oxford (Gran Bretagna) 31 agosto 1975. Direttore d’orchestra. «[...] Per l’apparenza fragile, minuta e quasi adolescente lo chiamano ”il maestro ragazzino”. Ma sul podio diventa un ciclone di autorevolezza, un concentrato di energia galvanizzante, una scheggia rovente, un movimento carismatico che nasce dalla musica. [...] ”creatura” di Simon Rattle e di Claudio Abbado, oggi guida musicale della Mahler Chamber Orchestra, è il direttore più in vista della sua generazione. In più è simpatico e culturalmente curioso. Ascoltarlo dirigere è una bella esperienza. Ma è probabile che lo sia anche vedere con lui una partita di calcio, o assistere a un concerto rock. [...]» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica’ 7/2/2005). «Personalità singolare e allarmante, è un ragazzino dall’incarnato pallido e dal fisico minuto, come fragile da spezzarsi. Ma sul podio si trasfigura in un bambino feroce e potente nel suo rapporto "naturale" con la musica. L’autorevolezza stupisce, l’energia toglie il respiro, l’estro è furioso. Quando nel ”98, al Festival di Aix, Abbado gli affidò la prima del Don Giovanni, provato da entrambi con Peter Brook e un doppio cast di cantanti, la rivelazione fu clamorosa. Si scoprì che aveva già diretto i Berliner, che Abbado lo definiva un genio e che il suo repertorio spaziava da Rameau al Novecento. [...] Coltiva rapporti stabili con orchestre come la Deutsche Kammerphilharmonie di Brema e la Mahler Chamber Orchestra, guida da ospite le massime formazioni americane (Filadelfia, Los Angeles) e dirige un centinaio di concerti all’anno. [...] ”I miei lavoravano all’Università, e a casa, da dilettanti, facevano musica. A 13 anni studiavo in una scuola di Manchester, la mia città: iniziai con la tromba. Si studiava anche direzione e composizione, e una volta l’anno si poteva dirigere un concerto con un’orchestra di studenti. Mi piacque così tanto che convinsi un gruppo a lavorare nel tempo libero. Avevo 15 anni quando decidemmo di fare Pierrot Lunaire, e il pezzo era così difficile che prendemmo l’iniziativa di chiedere consigli a Simon Rattle (il direttore appena eletto successore di Abbado alla direzione dei Berliner, ndr). Gli arrivò una nostra lettera. Per lui era una tale incredibile follia che dei teenager si riunissero il sabato per suonare Schönberg che ci invitò a Birmingham, la città in cui lavorava. Gli portammo la cassetta registrata del nostro Pierrot Lunaire: avevamo lavorato duro, scavato ogni dettaglio. Rattle mi disse: tecnicamente siete quasi meglio dei Berliner, ma del pezzo non avete capito nulla. Poi mi chiese di venire alle sue prove, di ascoltare. E in prova, ogni tanto, cominciò a farmi dirigere al suo posto [...] Può dire un figlio cos’ha imparato dal padre? Tutto. stato Simon a crearmi come direttore [...] Abbado invece non mi ha mai detto: fai questo o quello. Niente di specifico. Ma lavorare vicino a un genio è utilissimo. Ho imparato guardandolo, ascoltandolo, parlando di musica con lui. [...] Mi piace Bjork, musicista fantastica. E Frank Sinatra, e Paul Simon... Ma detesto il crossover. Se si hanno ottime ragioni per mettere insieme due musicisti di mondi diversi va benissimo: io sarei fiero di una collaborazione con Sting. Però ci dev’essere un progetto musicale comune. Nello spettacolo di Pavarotti che canta con Bono non vedo alcun motivo al di là dell’idea che di fare un disco: puro mercato [...] Chissà perché si sono fissati in tanti sulla mia velocità esecutiva. Il pregiudizio arriva dal Don Giovanni. Sembrava veloce solo perché in molti lo fanno troppo lento. la solita storia: si pensa che un grande pezzo di musica vada eseguito con solennità. Non è vero! Il Don Giovanni è comico e tragico, ma mai pesante. Per violenza e realismo esige un passo spedito o anche frenetico: che altro ritmo chiede un personaggio condannato a correre all’inferno? [...] La gente confonde la grande musica con una specie di religione. Quando un vecchio dirige Mozart come un giovane, si dice: che bravo. Quando un giovane dirige Mozart come un giovane, si dice: troppo giovane. Invece la prospettiva di un giovane è importante. E ai giovani piace ascoltare il modo giovane di eseguire Bach e Mozart. Forse ai vecchi piace il modo vecchio. Forse per questo i critici del modo giovane sono tutti vecchi. [...] Beethoven è così difficile! Il che non significa che quando si è vecchi non lo è più. difficile a 20 anni, difficilissimo a 26... Poi, via via, diventa più facile. Insomma, l’importante è cominciare. stupido pensare che se aspetti hai delle risposte. Il solo modo di avere delle risposte è fare”» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 27/9/2001).