varie, 1 marzo 2002
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HERTZ Noreena Londra (Gran Bretagna) 24 settembre 1967 • «Dopo Naomi Klein, arriva un’altra musa dei no global
HERTZ Noreena Londra (Gran Bretagna) 24 settembre 1967 • «Dopo Naomi Klein, arriva un’altra musa dei no global. Giovane e brillante economista di Cambridge [...] La bionda saggista, a differenza dell’autrice di No logo, teorizza poco, storicizza molto e sfodera le cifre come armi puntute. [...] ”La storia della politica del prestito alle nazioni più povere ha tratti di assurdità. Riguarda fondi immensi elargiti a partire dall’inizio della Guerra fredda, a volte anche a sanguinarie dittature e a regimi corrotti, senza chieder mai garanzie sull’uso. Basta un esempio: con i 150 milioni di dollari avuti in prestito, Houphouet- Boigny - che governò la Costa d’Avorio per sette mandati consecutivi, mentre fame, povertà, Aids ed epidemie devastavano il paese - fece costruire la più grande chiesa del mondo a Yomoussoukro, sua città natale. Aveva una cupola alta il doppio di quella di Notre Dame di Parigi, aria condizionata, settemila posti a sedere e un sagrato capace di ospitare 350 mila persone in una città di 100 mila abitanti. Oppure, è un altro esempio, nelle Filippine venne eretto, grazie a un prestito statunitense, l’impianto nucleare di Bataan. Da cui non è mai stata prodotta elettricità e che non ha mai funzionato”. I benefici dei prestiti non andarono mai alle popolazioni? ”Non sempre. Ed è quindi normale che il prestito venga interpretato dai paesi che ne usufruiscono come strumento di potere e di controllo politico. Per esempio, lo Yemen votò contro la risoluzione 678 dell’Onu che autorizzava la prima guerra del Golfo. Un lungimirante diplomatico americano osservò: sarà il no più costoso che abbiano mai pronunciato. Non sbagliava. Venne cancellato un progetto di aiuti americani consistente in 70 milioni di dollari, nonostante il paese fosse uno dei più indebitati al mondo”. E alla fine della Guerra fredda? ”Il volume degli aiuti allo sviluppo è crollato del 40%. Il drastico colpo di forbice è stato originato dalla convinzione che ci si trovasse di fronte all’avvio di un’era di pace. Invece ci si trovava all’alba di un nuovo terrorismo. Così, per tornare allo Yemen, dopo il taglio ai finanziamenti l’antiamericanismo si è fatto sentire e l’ambasciata Usa è stata attaccata a colpi di arma da fuoco. Non è un caso che oggi uno dei modi con cui Al Qaeda raccoglie proseliti è attraverso la denuncia delle istituzioni finanziarie americane” [...]» (Mirella Serri, ”La Stampa” 27/9/2005). «Nonostante sia molto giovane, l’hanno già chiamata in molti modi: la ”no-global della terza via”, la ”Naomi Klein inglese” e anche la ”Naomi Klein carina” [...] Mentre No Logo si occupava soprattutto degli effetti culturali della globalizzazione delle grandi matche, [...] Hertz si preoccupa più degli aspetti politici: la sua tesi è che le grandi corporation multinazionali soppiantano il potere di stati e governi e pertanto svuotano il processo democratico. [...] Ragazza allegra che insegna a Cambridge ed è nata da una coppia di ”designer molto trendy” (espressione sua) negli anni di fuoco di Carnaby Street, non estremizza questa impostazione. La sua è una richiesta di regole e di governo, senza una reiezione radicale né del capitalismo né della globalizzazione in sé [...] ”Non sono anticapitalista, io accetto l’idea che il capitalismo sia il mezzo più efficace per creare ricchezza. Solo critico la forma americana di capitalismo. D’altra parte non mi piace l’economia di Stato. Mi ricordo che in Russia, nel 1992, l’unico divertimento nel posto dove stavo era un biliardo, ma le palle erano troppo larghe per le buche: ordinate da due fabbriche diverse [...] Ero andata a spacciare capitalismo american-style per contro del Fondo Monetario Internazionale. Ero consulente presso il governo russo. E lì ebbi la mia epifania. Le ricette del Fondo creavano disastri: fabbriche e intere comunità destinate a sparire senza che nessuno si preoccupasse delle conseguenze. Io credo nelle istituzioni sovrannazionali. Abbiamo bisogno di una ”governance’ globale. Servirebbero istituzioni sovranazionali per tutelare molti più campi di ora, ambiente, diritti umani… Noi siamo cittadini globali, ormai [...] Non sono per la distruzione, io sono una riformista. Il mio obiettivo è riformare l’agenda politica per rendere più giusta e più democratica la società”» (Paolo Passarini, ”La Stampa” 23/12/2001).