Varie, 1 marzo 2002
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Hill George
• Roy Minneapolis( Stati Uniti) 20 dicembre 1922, New York (Stati Uniti) 27 dicembre 2002. Regista • «Il suo ultimo film l’aveva diretto nel 1988, quella Allegra fattoria, un musical non particolarmente memorabile, che aveva concluso una brillante carriera, prima di attore, poi di regista: la cui fama gli era giunta, quasi inaspettata, con due film che riscossero un gran successo, sia di pubblico sia di critica, Butch Cassidy del 1969, che vinse 4 Oscar, e La stangata del 1973, che ne vinse 7, fra i quali quelli per il miglior film e per la migliore regia. Sono stati certamente, insieme al drammatico e onirico Mattatoio 5 del 1972, tratto dal romanzo di Kurt Vonnegut, che gli valse il premio della giuria al festival di Cannes, i suoi film migliori, quelli in cui il suo stile disinvolto e scorrevole, il suo gusto per la commedia drammatica o il dramma comico, hanno trovato i giusti toni dello spettacolo al tempo stesso popolare e raffinato. Non solo, ma la sua grande abilità nel dirigere gli attori (la coppia Paul Newman e Robert Redford nei primi due, l’eccellente Michael Sacks nel terzo) fecero di quei film dei veri e propri palcoscenici per l’esibizione di personaggi sfaccettati, in bilico tra comicità e avventura, ovvero calati, come Sacks, nel buio dei ricordi angoscianti e degli incubi. [...] Aveva studiato musica a Yale, si era formato al Trinity College di Dublino e aveva esordito come attore di teatro nella compagnia dublinese di Cyril Cusack. Quando tornò negli Stati Uniti recitò a Broadway e successivamente fu regista per la televisione. Solo a quarant’anni esordì nel cinema con Rodaggio matrimoniale (1962), cui seguirono alcuni film di buon livello come La porta dei sogni (1963), dalla commedia di Lillian Hellman, La vita privata di Henry Orient (1964), con un eccellente Peter Sellers, Hawaii (1966), dal romanzo di James Michener, Millie (1967), una divertente commedia musicale. A questi bisogna aggiungere, per la buona riuscita spettacolare, l’aviatorio Il temerario (1975) con Redford e lo sportivo Colpo secco (1977) con Newman. Esempi diversi di una carriera registica che possiamo definire tradizionale, sulla base delle buone regole di Hollywood, seguendo le quali il mestiere può diventare arte popolare» (Gianni Rondolino, ”La Stampa” 28/12/2002). «Nato a Minneapolis, vissuto a Dublino, debutta come attore, quindi combatte in Corea. Inizia a scrivere testi per la tv, arrivando alla regia cinematografica nel 1962 con Rodaggio matrimoniale, un dramma di Tennessee Williams. La sua ispirazione è stata spesso teatrale o letteraria: La porta dei sogni del 1963 è una pièce di Lillian Hellman, Mattatoio 5 del 1972, sulle turbe di un reduce dalla guerra, nasce dall’omonimo romanzo di Kurt Vonnegut, Il mondo secondo Garp del 1982, che lancia Robin Williams, è tratto da un libro di John Irving. Hill si è misurato con l’avventura, in Hawaii del 1966 con Julie Andrews, Max Von Sydow e Gene Hackman; con la commedia musicale Millie, del 1967 sempre con Julie Andrews; con la commedia La vita privata di Henry Orient, del 1964, sostenuta da Peter Sellers; con il film sportivo, alla Colpo secco, del 1977, con Paul Newman. A Newman si legano i più grandi successi di Hill: con Robert Redford, è infatti sia in Butch Cassidy (1969), spassosa parodia western, che nella Stangata del 1973, storia di una truffa ben giocata tra western e gangster story sulle musiche ragtime di Scott Joplin, che vale sette Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura, colonna sonora, scenografia, costumi e montaggio)» (’la Repubblica”, 28/12/2002) • «Nel primo tempo della sua carriera fa il giornalista e l’attore in e off Broadway, finché non viene arruolato nella guerra mondiale e poi in quella di Corea, come pilota nell’aviazione di marina. Tornata la pace, scrive e dirige per la tv un film sul Titanic e uno sul Processo di Norimberga, anticipando due kolossal futuri, e mette in scena a New York Veglia la tua casa, angelo di Thomas Wolfe e altre opere, compresa quella con cui debutterà al cinema, Rodaggio matrimoniale, di Tennessee Williams, con Tony Franciosa e Jane Fonda. Gli inizi come regista di cinema risentono della sua esperienza teatrale, come dimostra La porta dei sogni di Lillian Hellman con Dean Martin e Geraldine Page, un ricamo sul passato con predilezione per le psicologie contorte. Ma è uno che sa trattare bene gli attori: in La vita privata di Henry Orient Peter Sellers fa faville, in Hawaii Max Von Sidow è un grande predicatore, in Millie, nel ’67, firma una deliziosa e colta commedia musicale che rievoca e virgoletta col gusto della parodia il cinema anni ’ 20, con una strepitosa Julie Andrews. Il terreno della parodia, leggera ma con citazioni colte, gli è congeniale e Hill conosce finalmente il grande successo con Butch Cassidy, ’69, in cui ambienta nel Sudamerica travestito da West la storia d’una celebre e baldanzosa coppia di fuorilegge, formata dagli affezionatissimi Newman e Redford, al tocco del refrain leggendario di Burt Bacharach. E sono gli stessi attori, ormai sintonizzati sul gusto scherzoso della satira dei generi, che bissano il successo con La stangata, musicato al ragtime, storia d’una maxi serie di truffe impaginata con divertimento e gusto della narrazione. Ma Roy Hill continua anche ad ambire a un altro tipo di cinema, che entri nelle coscienze: in questo senso Mattatoio 5, del ’72, è il suo titolo più ostico, sincero, allucinato e difficile, raccontando gli incubi dei bombardamenti di Dresda d’un reduce della guerra secondo un romanzo di Kurt Vonnegut. Ma il consenso del pubblico è legato ai suoi due divi preferiti: ancora con Redford che fa l’aviatore all’hollywoodiana in Il temerario e Newman che in Colpo secco fa il campione di hockey sul ghiaccio. Il resto della carriera di questo regista altalenante tra il grande spettacolo e la ricerca interiore è fatto di film curiosi come Una piccola storia d’amore con un sentimentale Laurence Olivier e la piccola Diane Lane, come Il mondo secondo Garp, dal libro di John Irving, storia femminista in cui lancia volti allora alle prime armi come Glenn Close e Robin Williams, mentre in La tamburina affronta il genere spionistico nel Medio Oriente ispirandosi a Le Carré con una forte complicità di Diane Keaton. Il suo ultimo e dimenticato titolo è La vecchia fattoria, ma la sua fama resta legata a quei due film che, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, furono anche episodi di costume e di moda, sano divertimento con il copyright di Hollywood e di due dei suoi più seducenti divi» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 28/12/2002)