Varie, 1 marzo 2002
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HOUSTON Whitney Orange (Stati Uniti) 9 agosto 1963. Cantante • «Una delle voci dominanti della pop music, saldamente al suo posto come la più riconoscibile entertainer di colore [
HOUSTON Whitney Orange (Stati Uniti) 9 agosto 1963. Cantante • «Una delle voci dominanti della pop music, saldamente al suo posto come la più riconoscibile entertainer di colore [...] Sin da quando è stata scoperta, nel 1985, dal leggendario boss della Arista, Clive Davis e, ancora diciannovenne, è esplosa sulla scena del pop con 13 milioni di copie vendute con il suo primo album, la Houston ha spesso esibito atteggiamenti irritanti. Non per il tono mieloso delle sue canzoni, quella è una questione di gusto. che si è sempre comportata come una diva-diva, una di quelle che non si farebbero mai fotografare in jeans e t-shirt e che ritengono ci debba essere una relazione direttamente proporzionale tra il livello del proprio successo e il ritardo con il quale ci si presenta agli appuntamenti. sempre stata anche piuttosto imprevedibile nelle sue performances, la Houston. A volte è calda, spiritosa, sexy. Altre è altezzosa, legnosa, robotica. Cose che capitano a tutti, ma molti iniziano a pensare che ci sia qualcosa di più. [...] Grazie a The Bodyguard, il film con Kevin Costner che ha incassato nel mondo oltre 400 milioni di dollari, la cantante era riuscita a imporsi anche come attrice. Quel film ha generato una canzone, I will always love you, che è rimasta in testa alle classifiche per 14 settimane. Poi c’è. stato il matrimonio con Brown, dal quale la Houston ha avuto una figlia [...] E invece che nelle pagine dello spettacolo si è ritrovata sempre più. spesso in quelle di cronaca. Bobby arrestato perché guidava inebriato. Bobby coinvolto in una rissa a DisneyWorld. Bobby ricoverato per tossicodipendenza. Bobby indiziato perché l’ha presa a botte in un parcheggio di Honolulu. Poi le voci si sono estese anche a lei, la ex-ragazza del coro della chiesa. ”Non sono una tossicodipendente”, si è difesa Whitney. [...] è cresciuta in una famiglia dello show business. Ama dire che è una semplice ragazza di Newark, anche se poi mamma Cissy è una nota e ammirata cantante di musica gospel, e il papà è un manager musicale. Dionne Warwick è sua cugina e Aretha Frankin è affettuosamente zia Ree. Insomma, Whitney Houston non è una di quelle ragazze venute dal niente e che non hanno saputo reggere al peso e alle pressioni della fama e del successo. E allora? [...]» (Lorenzo Soria, ”L’Espresso” 18/5/2000). «[...] L´inizio del declino è stata la mancata apparizione alla serata degli Oscar, nel 2000. Si disse che Whitney aveva partecipato alle prove, ma era stata giudicata impresentabile dagli autori e cancellata dal programma. Da quel momento in poi la star è diventata una spina nel fianco dello show business. Nell´aprile dello stesso anno è stata trovata marijuana nel suo bagaglio e in quello di suo marito Bobby Brown, alle Hawaii, ma i due sono riusciti a fare decollare l´aereo prima dell´arrivo della polizia. Nonostante tutte le controversie, nell´agosto 2001 la Arista/Bmg le ha rinnovato il contratto per cento milioni di dollari, ma il nuovo disco tarda ad arrivare. Quando Clive Davis, il suo mecenate, l´unico in grado d´ammortizzare le intemperanze tra la diva e l´industria, ha lasciato la Arista, Whitney è diventata un´artista ingestibile, un´acrobata senza rete. Con la decisione di partecipare al reality show "Being Bobby Brown", trasmesso [...] da Bravo Television, ha dato un colpo di scure alla sua immagine. La carriera di Whitney è in ribasso, quella di suo marito ridotta ai minimi termini, i gossip sulla loro tormentata vita coniugale (sono sposati dal ´92), sulla presunta omosessualità di lei, sulle scappatelle e violenze varie perpetrate da lui, su alcol, coca, spinelli (e ora crack) consumati da entrambi in quantità, si sprecano. Il reality show, inscenato per recuperare credibilità, è stato una disfatta. Lei appariva fragile, appesantita, disorientata, isterica, gli occhi perennemente nascosti da occhiali scuri; lui, già in varie occasioni ospite della clinica Betty Ford per intossicazione da cocaina, gonfio, volgare, sopra le righe. [...]» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 30/3/2006). «Whitney Houston non esiste più. Al posto della ragazza nera con la voce di velluto, il corpo di una statua e il volto di un dipinto, c’è una tossicodipendente sfigurata che secondo i suoi parenti è ad un passo dall’overdose fatale. [...] La Houston aveva fatto una fortuna, vendendo oltre 100 milioni di dischi e ricevando sei Grammy, più ventuno American Music Awards. Era una predestinata, figlia della cantante Cissy, cugina di Dionne Warwick e battezzata da Aretha Franklin, ma ormai avrebbe sperperato quasi tutti i suoi soldi in stupefacenti. [...]» (Paolo Mastrolilli, ”La Stampa” 30/3/2006). «Quella di Whitney Houston è una favola al rovescio, con un lieto inizio e una (per ora) tutt’altro che happy end. [...] C’era una volta una perla di ragazza con una voce d’angelo, e deliziava coloro che correvano ad ascoltarla nel coro gospel della chiesa battista del New Jersey. Figlia di una cantante, Cissy, e cugina di Dionne Warwick, Whitney finì inevitabilmente sotto contratto con la Arista di Clive Davis [...] Era il 1984 quando uscì il primo disco, Whitney Houston: supportato da canzoni che fecero subito il giro del mondo, come Saving All My Love for You, che le valse un Grammy. Lei aveva 21 anni ed era pure molto bella: tanto che i nel 1992, sull’onda degli infiniti successi discografici, fu protagonista di Body Guard, lo zuccheroso film con Kevin Costner di straordinario impatto popolare. Ma allora, 1984 e dintorni, Whitney era ancora una ragazzina davvero, modello oratorio. [...] Si capiva che era nata una stella, e gli otto anni che seguirono furono veramente anni d’oro: il secondo disco Whitney nell’87 conteneva un altro enorme successo, I Want to Dance with Somebody; l’anno dopo toccava ad I’m Yours, baby, Tonight. Lei si stava intanto trasformando in una diva patinata, viziata dalla discografia, docile nel marketing. Mandava segnali politici confusi: partecipava, nell’88, al concerto di Londra in onore di Nelson Mandela, e nel ’91 incideva l’inno nazionale americano, dedicato alle truppe in Iraq. Aveva quasi 30 anni, ed era ancora single. Le leggende metropolitane raccontano di una stretta amicizia con una segretaria, e dell’ansia della famiglia per togliere l’onta della diversità da quell’aura di perfezione che le era cresciuta intorno. Il ’92 è l’anno della svolta verso il cinema con Body Guard che fa un botto terribile pure sul mercato musicale, dove I Will Always Love You farà vendere al disco del film sui 40 milioni di copie; ma è anche l’anno dell’incontro con Bobby Brown, a sua volta cantante (di scarso successo) di sei anni più giovane di lei. Da qui in poi, cambia lo sfondo della favola bella. La segretaria viene licenziata e ampliamente liquidata (dice sempre la solita leggenda) e Brown ormai con l’anello al dito comincia a mostrarsi recalcitrante al ruolo di signor Houston. Si parla di pestaggi della moglie, lui viene spesso arrestato, per stupefacenti o guida pericolosa. Tutto si pensa, fin qui: meno che sia Whitney a seguirlo sulla strada della trasgressione, invece che l’opposto. Nel ’94 nasce la bambina Bobby Christina [...] La Houston torna al cinema nel ’95, con Waiting to Exhale, lavora alla colonna sonora di The Preacher’s Wife e nel ’98 rifà centro con My Love Is Your Love. E’ ormai la capostipite di un filone tutto virtuosismo che comprende Celine Dion, Mariah Carey e altre; a quel punto ha ormai venduto quasi 100 milioni di dischi, ma la carriera impercettibilmente rallenta, fino a fermarsi [...]» (Marinella Venegoni, ”La Stampa” 30/3/2006).