Varie, 1 marzo 2002
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Iglesias Julio
• Madrid (Spagna) 23 settembre 1943. Cantante. Ha venduto in tutto il mondo 200 milioni di dischi. In Italia, valorizzato dai tesi del paroliere Gianni Belfiore, ha ottenuto grandi successi negli anni Settanta con Se mi lasci non vale e Pensami. «Sono l’artista latino più celebre della storia, posso cantare tutti i giorni dalla Finlandia alla Cina. Essere modesto alla mia età sarebbe da imbecille» (’La Stampa” 24/6/2001; ”Corriere della Sera” 24/6/2001) • «[...] il più famoso cantante latino di tutti i tempi - sebbene la definizione gli vada stretta, essendo entrato nel Guinness dei primati come il cantante che ha venduto il maggior numero di dischi nel maggior numero di lingue [...] fama di infaticabile seduttore, con due mogli (la seconda e attuale ha trent’anni meno di lui), sette figli (gli ultimi quattro sono ancora dei bambini), e un’infinità di avventure dietro le spalle [...] zoppica [...] l’eredità dell’incidente automobilistico che a diciannove anni lo lasciò paralizzato per tre anni, troncando una promettente carriera di calciatore (era portiere del Real Madrid) e lanciandone una d’altro tipo, grazie alla solitudine, alla malinconia e alla chitarra regalatagli da un infermiere. Una carriera che gli ha fatto vendere, finora, 250 milioni di dischi [...] ”Vuole la verità? La verità è che non ho una bella voce. Non l’ho mai avuta. Non serve, per avere successo in questo mestiere”. E allora cosa serve? Qual è il segreto? Alza le spalle. ”Determinazione? Volontà di ferro? Fortuna? E tutte quelle altre banalità che si dicono in questi casi? Sì, certo, un po’ ci vogliono. Ma il segreto, perlomeno il mio, se un segreto esiste, è un altro. L’onestà. L’umiltà. La disponibilità a studiare, a imparare, a fare sempre le cose come si deve. Dal primo giorno, quando ero nessuno, ad oggi che sono qualcuno”. Venne a Londra per la prima volta nel 1969, figlio di un ginecologo, fresco di laurea in legge, per perfezionare l’inglese. Cominciò a suonare in qualche pub, tornò in patria, vide il festival di Sanremo in tivù, partecipò al più importante concorso canoro di Spagna, a sorpresa lo vinse, e il resto è storia nota. Com’era Londra? ”Era la swinging London. Minigonne, capelloni, figli dei fiori, il rock”. Ecco, appunto, il rock: erano gli anni dei Beatles e dei Rolling Stones, lui era un cantante melodico, non si sentiva sorpassato, fuori moda? ”Dicono che ad Elvis Presley, quando arrivarono i Beatles, venne la depressione. Ma Elvis è sopravvissuto, è diventato un classico, immortale”. A proposito di immortali, Iglesias cantò con Frank Sinatra, ne divenne discepolo e amico. ”Il Sinatra che ho conosciuto io, il Sinatra della fase finale, era un uomo buono, fragile, vulnerabile. Aveva comunque l’intonazione di voce più bella che abbia mai sentito. I più grandi, per me, restano lui, Nat King Cole ed Elvis”. Fece un duetto con Bono, il grande Frank. ”Sì, ma quando glielo proposero, non sapeva neanche chi fossero, Bono e gli U2. Ma è normale, Frank veniva da un altro mondo, un’altra epoca”. E a lui, Bono piace? ”Sì, è un bravo cantante, ha grande personalità”. E Madonna? ”La sua musica non m’interessa, ma ha talento da vendere, è capace di sopravvivere a tutto, è una dura, l’ammiro”. E del cantante Enrique Iglesias, di suo figlio, cosa dice? ”Mio figlio ha l’istinto del campione. Sa correre rischi e vincere. Non ha bisogno di me”. Anche el señor Julio ha corso rischi e ha vinto. ”Ho avuto il mio periodo di declino. Poi sono risalito. Io amo la musica melodica, credo che, quella buona, non passerà mai. La gente si stanca forse di ascoltare Mina? Non mi pare proprio. Non è questione di essere moderni o all’antica, è questione di essere bravi cantanti o non bravi cantanti”. Parlando di passato e presente, viene in mente la Spagna del generalissimo Francisco Franco, la dittatura franchista in cui lui è cresciuto, così diversa dalla Spagna odierna di Zapatero, di Almodóvar, della movida. Julio Iglesias, domando, è di destra o di sinistra? ”Ho votato a destra, a sinistra, sono stato agnostico. Forse, più di tutto, sono un liberal (lo dice in inglese, che non significa ”liberale”, casomai ”progressista”) ma in generale apprezzo la buona amministrazione. Aznar aveva amministrato bene la Spagna. Zapatero ha bisogno di tempo, ma anche lui ha buone intenzioni [...] Le donne… Io amo le donne, rispetto le donne, ho imparato molto dalle donne [...] Ci sono uomini che hanno il flirt nel sangue. Basta guardarli negli occhi. Si vede dagli occhi, se un uomo ama le donne. qualcosa che si riconosce all’istante, appena uno entra da una porta. Una cosa naturale, vitale, salutare [...] Ho avuto una vita sfrenata, scatenata, selvaggia. Era bello. Stupendo. Ma la vita non si è fermata, è andata avanti, è bella anche adesso, sia pure in modo differente” [...]la canzone italiana che preferisce cantare? ” Caruso. L’ho cantata anche con Lucio Dalla. Mi commuovo ogni volta. Ma c’è un altro italiano con cui mi piacerebbe cantare. Zucchero. Ci siamo incrociati di recente, in Svizzera. Chissà. Prima o poi...” [...]» (Enrico Franceschini, ”la Repubblica” 28/1/2007).