Varie, 1 marzo 2002
ILLY
ILLY Riccardo Trieste 24 settembre 1955. Politico. Ex governatore del Friuli-Venezia-Giulia (2003-2008). Laureato in Scienze politiche, imprenditore nell’industria di caffè di famiglia (fondata nel 1933 dal nonno ungherese), nel 1993 è stato eletto sindaco del capoluogo giuliano. stato primo cittadino di Trieste fino allo scadere del secondo mandato, nel 2001. «[...] è un uomo senza partito, ”indipendente di centrosinistra” [...]» (Francesco Verderami, ”Corriere della Sera” 4/3/2006). «Nel 2003 [...] fu eletto presidente del Friuli-Venezia Giulia, Nord-Est, con il 63,8%. La coalizione di centrosinistra che lo sosteneva si fermò al 56,4. [...]» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 13/4/2006). «[...] almeno una volta alla settimana questo esile signore che produce il caffè più buono (e più caro) d’Italia, che è stato due volte sindaco della città e che [...] è governatore della Regione, si inerpica in solitudine sul monte Nanos in Slovenia e decolla con il suo parapendio. Si lascia trascinare dalle correnti, dice, svolazza con i falchi e le aquile che lo guardano indifferenti, si compiace di sfidare le leggi di gravità che tengono gli altri uomini inchiodati a terra. Questo del volo a uccello è il particolare un po’ matto che incrina la proverbiale flemma dell’uomo e fa sospettare un fuoco segreto. Del resto da qualche parte molto privata Illy deve pur custodire quel carattere che ne ha fatto un tipo a sé all’interno del centro-sinistra. Un imprenditore che ha vinto tutte le elezioni puntando sul prestigio personale, un politico convinto delle proprie idee, che però sono spesso diverse da quelle del suo mondo di riferimento. A cominciare dal giudizio su Berlusconi. [...] ”Io non sono mai stato benevolo, semmai realistico. Ho sempre detto che Berlusconi è stato spinto, quasi costretto, a trasformarsi in politico [...] la verità [...] sulla testa dell’imprenditore Berlusconi pendeva la spada di Damocle della chiusura delle sue aziende. Le concessioni televisive erano precarie e sicuramente non gli sarebbero state rinnovate. Che poteva fare? Licenziare qualche migliaio di persone e perdere tutto quello che aveva costruito?” [...] ragazzo miliardario che si mise a fare il facchino [...] ”Intanto non eravamo miliardari, perché il fatturato della Illy era all’epoca inferiore ai 5 milioni di euro. Poi si trattò di una scelta di libertà. Per essere mantenuto agli studi avrei dovuto rispettare implicite regole familiari che allora mi andavano strette. Decisi di fare lo studente lavoratore”. Con qualche profitto? ”Non combinai granché all’università [...] Ma per otto mesi lavorai a giornata, scaricando casse di 30 chili o guidando un camion. Più tardi feci l’impiegato e il maestro di sci. Ma intanto mi ero sposato”. Un matrimonio precocissimo. Come lo spiega con gli occhi del tempo? ”Con l’amore e con qualche motivazione più banale come quella, poi rivelatasi sbagliata, di farsi esonerare dal servizio militare [...] Quelli che ci facevano le prediche, oggi sono quasi tutti separati. Credo che per far riuscire un matrimonio occorra, come in politica, rispetto per l’altro e capacità di accettare la diversità”. La sua stagione scapigliata somiglia però a quella di molti figli di papà. Il finale è per tutti il ritorno a casa. ”Io non sono tornato a casa, ma in azienda. Quando si liberò un posto nel settore delle vendite, cominciai dal basso come un impiegato qualsiasi". Ma restava il figlio del padrone... "Se uno riesce a farsi rispettare nonostante questo handicap, matura una capacità di comunicazione che gli serve per molte altre cose [...] Mio nonno, un ungherese geniale che si era trasferito e sposato a Trieste, aveva fondato l’azienda nel 1933 e inventato la pressurizzazione. Mio padre, che è uno scienziato, l’aveva ingrandita. Io, dopo alcuni corsi alla Bocconi, introdussi il marketing. E convinsi a pagare più caro il nostro caffè semplicemente perché era più buono”. Un sistema utile anche in politica. Come avvenne la sua personale discesa in campo? ”Con la richiesta inaspettata, nel 1993, di alcuni cittadini. Capii che non potevo e non volevo sottrarmi. Prima ci fu però un consiglio di famiglia dove arrivammo persino alle votazioni. Mia sorella e mia moglie votarono contro, ma poi tutti insieme decidemmo che, per spirito di servizio e riconoscenza nei confronti della città, avrei accettato la sfida di diventare sindaco”. In questa sua etica dell’impegno ha qualche influenza la religione valdese? ”Mica sono tanto valdese [...] Diciamo che sono di formazione valdese, anche se sono stato battezzato cattolico. Mia madre, che si era convertita, mi ha indirizzato a questa religione. Oggi non sono praticante [...] La religione dice che si nasce e poi, dopo la fine, l’anima rimane immortale. Ma in geometria ci sono le rette infinite o i segmenti finiti. Di conseguenza se l’uomo è eterno dopo la morte, dovrebbe esserlo anche prima. Ma questo a noi non risulta” [...]» (Stefania Rossini, ”L’espresso” 12/2/2006).